domenica 22 febbraio 2015

Finché la barcaccia va

Si parla molto, in questi giorni, della Barcaccia di piazza di Spagna, del Bernini, salvo poi non parlarne mai più fin alla prossima profanazione, con le stesse bottigliate, vomitate e pisciate, praticamente quotidiane. Ho iniziato a “fare politica” (si diceva così, all’epoca, adesso direi “occuparmi” di politica) nel 1973, andando alla manifestazione del PCI a piazza San Giovanni, sotto casa mia, all’indomani del golpe in Cile. Ora direbbero che sia stata un’ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano straniero: altrimenti, non si capisce perché non sia lecito affermare che nel 2014 in Ucraina ci sia stato un colpo di Stato fascista. Ma non è di questo che volevo parlare.

A fine 1975, in Spagna, dopo lunga agonia, morì il macellaio fascista Francisco Franco. All’inizio del 1977, Santiago Carrillo, segretario del Partito Comunista Spagnolo, rientrò dall’esilio in Spagna e venne arrestato in aeroporto. Naturalmente, in quei giorni era chiaro a tutti nel mondo intero che la Spagna sarebbe cambiata in pochissimi giorni, che Carrillo sarebbe stato liberato, ma ad ogni buon conto la FGCI di Roma, a cui mi iscrissi il 14 dicembre 1976, appena quattordicenne (sono nato nel 1962) organizzò una veglia notturna davanti all’ambasciata spagnola, che, guarda un po’ il caso, si trovava e si trova tuttora in piazza di Spagna.

Non eravamo diversi dai nostri compagni extraparlamentari, che noi snobbavamo perché “compagni che sbagliano”: barbe lunghe (che a me ancora non cresceva), eskimo (andatevelo a cercare in Wikipedia, se non lo sapete), jeans “sdruciti”. Era una manifestazione spontanea, non organizzata, in quattro e quattr’otto, eppure eravamo diverse migliaia. Per questo, visto che ormai c’era, ad un certo punto si presentò un ragazzotto, con i Ray-Ban da vista (già motivo di scherno, in quanto li portavano i fascisti del FdG, come i “Lozza”), jeans nuovi di pacca, giacchetta di raso color viola scuro e “megafonino” in mano (nel senso che un megafono così piccolo ancora non l’avevo mai visto, all’epoca). “Condanniamo”, “esecriamo”, e altre amenità sui generis. Diretto e spontaneo com’ero a quei tempi (ma pure adesso), chiesi ai miei compagni più anziani (probabilmente diciannovenni, ma per me erano vecchi): chi è quello stronzetto? Il segretario della FGCI Romana, Valter Veltroni, mi risposero. Sì, proprio quello che, in questi ultimi anni, ebbe ad affermare di non essere mai stato comunista. Come dire, il mio segretario di allora mi aveva preso per il culo per tutti quegli anni. Ovviamente, Carrillo fu rilasciato, non certo per merito nostro.

Non è di questo che volevo parlare. Eravamo a piazza di Spagna. La scalinata, la dolce vita, gli innumerevoli film del neorealismo. E la Barcaccia. E’ un problema di civiltà. Non ci sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello di fare quel che è stato fatto quasi quarant’anni dopo, e non perché non fummo caricati dalla polizia (cosa che, peraltro, non è successa nemmeno nel frangente odierno). E non è questione di nazionalità dei vandali: potevano essere olandesi, tedeschi, milanesi o romani, romanisti o laziali. Sarebbe finita nello stesso modo. La civiltà occidentale rischia di essere condannata. Badate bene: ho detto “rischia”, probabilmente perché ancora confido. Ma temo che il mio confidare sia inutile.