domenica 7 marzo 2021

C'è regime e regime

Da decenni, praticamente da un secolo e mezzo, assistiamo a dei rigurgiti periodici di violenza verbale (e non solo), per la quale chi non è d’accordo con noi, è automaticamente comunista. Dimenticando che il comunismo, come il capitalismo, di per se, sono dei sistemi economici, non politici. Capitalisti erano Paesi come l’Italia fascista, la Germania nazista, la Spagna franchista e capitaliste sono l’Italia, la Germania e la Spagna odierne, eppure nessuno afferma che siano la stessa cosa.

Il capitalismo è una

struttura economica fondata e caratterizzata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e dalla produzione di merci scambiate sul mercato, dall’accumulazione di capitale, dal lavoro salariato. L’accumulazione di capitale e i mezzi di produzione sono controllati dalle classi dominanti, mentre quelle subalterne vendono per un salario la propria forza lavoro, che assume la forma di merce. Il prodotto del lavoro che eccede il salario rappresenta il plusvalore, che alimenta i profitti e l’accumulazione di capitale. Sulla base di questi rapporti di produzione, il lavoro si presenta come alienato, ovverosia separato da ciò che produce, e sfruttato, poiché non ottiene quanto corrisponde al suo prodotto. In questo sistema, i beni prendono la forma di merci scambiate sul mercato; in esse il valore di scambio è distinto da quello d’uso e si lega a qualità e aspetti simbolici – il feticismo delle merci – che nascondono la loro natura di prodotto del lavoro (Treccani).

E il comunismo? Un sistema che

propugna un sistema sociale nel quale sia i mezzi di produzione sia i mezzi di consumo sono sottratti alla proprietà privata e trasformati in proprietà comune, e la gestione e distribuzione di essi viene esercitata collettivamente dall’intera società nell’interesse e con la piena partecipazione di tutti i suoi membri (ibidem).

Ogni ulteriore elucubrazione, si sarebbe detto nella mia generazione, è una sovrastruttura, asservita alle convenienze lessicali e congiunturali di colui che la adopera. Dunque, con riferimento a Cuba, Cina, Corea del Nord, Vietnam, Laos, se si adopera la definizione “regime comunista”, si deve allora parlare di “regime capitalista” per tutti i Paesi dell’Unione Europea e soprattutto per gli Stati Uniti. Tra l’altro, è proprio il termine “regime” ad avere assunto negli anni un’accezione negativa, mentre in realtà altro non è che l’ordinamento politico, la forma o il sistema statuale o di governo: può essere un regime democratico, parlamentare, presidenziale. Invece, lo si utilizza per indicare un potere assoluto, autoritario, dittatoriale, militare. E’ sbagliato, non è corretto ed è malevolo. Giusto un esempio: in Occidente sono invisi sia Erdoğan che Assad, però se Erdoğan fa bombardare la Siria, sui giornali occidentali leggiamo che “la Turchia bombarda il regime di Assad”.

sabato 6 marzo 2021

Censura Wikipedia

In rete, è pieno di ragazzini brufolosi sfaccendati che provano piacere sessuale ad esercitare un potere censorio abnorme di cui sono stati investiti da adulti irresponsabili. Ho scritto più volte di quel che accade in Facebook. Questa volta, è il turno di Wikipedia.

Come è noto, questa sedicente enciclopedia viene stilata dagli utenti stessi ed appartiene ad una foundation non-profit statunitense, tanto per cambiare. Capita così che un ministro dei trasporti dell’Unione Sovietica negli anni Venti del secolo scorso venga definito in Wikipedia russa “terrorista sanguinario”. Ci sono anche dei casi più eclatanti: negli ultimi anni, per ragioni nazionalistiche ed estremamente provincialoidi (si chiama “complesso d’inferiorità”), ad opera delle nutrite comunità di fuoriusciti dalle ex repubbliche sovietiche e dal Comecon, subiamo una riscrittura di tutti i loro toponimi, complice Wikipedia italiana (che viene scritta da semplici utenti, da chiunque di noi, da chiunque di loro, giova ricordarlo) e persino, con mio grande rammarico, la Treccani. Scopro così che in italiano non si direbbe più Leopoli, bensì L’viv, non più Moldavia, ma Moldova, non Kišinëv, ma Chișinău. Non capisco (capisco benissimo) per quale ragione gli italiani accettino supinamente che gli venga insegnato l’italiano dagli europei orientali piuttosto che dagli statunitensi. Eppure, sarebbe sufficiente consultare la versione cartacea di un qualunque dizionario enciclopedico italiano serio.

Poi ci sono le versioni sideralmente opposte a seconda della lingua, per esempio per il Donbass tra Wikipedia russa e quella ucraina, o per la Palestina tra quella araba e quella ebraica. L’elenco sarebbe infinito (Kosovo, ecc.).

Nel mio caso, tuttavia, è successo qualcosa di diverso. In Russia e in Italia, scrivo su vari giornali e riviste, vengo intervistato, partecipo frequentemente a numerose trasmissioni televisive, come esperto di Russia in Italia e di Italia in Russia. Mi si chiede spesso come mai non si possa attingere a Wikipedia per avere informazioni su di me. Dopo tre lustri di presenza in Wikipedia, avevo deciso di soddisfare tali richieste. Sorpresa! Cancellata in pochi minuti, la mia sarebbe “autopromozione”. Sono semplicemente stato onesto, ho compilato la pagina a mio nome, anziché inviare il codice a qualcuno dei miei numerosi amici. E ci sono decine di pagine si giornalisti e blogger sconosciuti ai più.

Di più: la foto è stata giudicata in violazione dei diritti d’autore. Quest’ultima cosa ha del grottesco: il 18 ottobre 2017 ho fatto da interprete durante un incontro di una delegazione parlamentare italiana al Parlamento russo. Chiesi ad un mio conoscente di scattarmi una foto durante la traduzione col mio smartphone. Il 29 maggio 2020 sono stato intervistato da una rivista di Torino. Mi chiesero una foto ed io ho inviato proprio questa.

Qui le opinioni dei censori di Wikipedia si sono divise: c’è chi dice che i diritti d’autore appartengono a colui che ha scattato la foto (e, siccome nel frattempo è morto di Covid, ai suoi eredi, che non conosco), e chi invece alla rivista di Torino, nonostante che dalle proprietà della JPG risulti chiaramente che essa sia stata scattata tre anni prima dell’intervista. La redazione, da me consultata, mi ha rassicurato e confermato che, ovviamente, i diritti sono tutti miei.

Su una cosa però concordano tutti i censori, che si celano nell’anonimato di improbabili nickname: anziché limitarsi (immeritatamente) alla cancellazione della pagina e della foto, hanno sospeso il mio account. Poi ci sono quelli che, pur essendo io sospeso, mi hanno comminato ulteriori giorni di sospensione, per lo stesso “reato”.

La prossima volta che consultate Wikipedia, ricordatevi da chi viene sostenuta, in quanto ad affidabilità.