di Mark Bernardini
Immaginiamo che io viva in un Paese immaginario. Questo Paese si chiama Puppa. Ci vivono 100 persone. O meglio: ci sono 100 elettori. Donne, vecchi, bambini, ex terroristi, non importa, tanto è chiaro dove io vada a parare.
Ci sono tre Partiti, perché vige il proporzionale, altrimenti col maggioritario ci sarebbero tre coalizioni di dieci Partiti ciascuna, ma questo sarebbe argomento di qualche altro mio scritto futuro. Siccome in Italia si adorano le metafore sessuali (a parte quelle calcistiche, ma anche questo sarebbe argomento di qualche altro mio scritto futuro), diciamo che i tre Partiti sono Puppe a Pera, Puppe a Pesca e Puppe a Mandolino. Gli amici delle Pere prendono il 25% dei voti, i fratelli delle Pesche il 35% e gli ex compagni dei Mandolini il 40%. Cambiate pure le definizioni e le percentuali, il risultato, purtroppo soprattutto etico, non cambia.
Ci sono a questo punto tre governi possibili, e non sto a spiegarvi quali, immagino che sarebbe un insulto alla vostra intelligenza, soprattutto aritmetica (per quanto...).
Lo Stato, qualsiasi Stato, fa pagare le tasse, altrimenti non si capisce chi paga i servizi in perdita per definizione, tipo sanità, istruzione, trasporti, informazione, ma indispensabili sempre per definizione, anche per i figli dei derelitti, mica solo per quelli di Berlusconi, sulla testa dei quali quest’ultimo ci ha invitati a giurare a proposito ed a sproposito, come ha fatto e fa tuttora lui stesso. Supponiamo che queste siano pari al 10% (magari!) del reddito procapite, e che il totale ammonti a cento milioni. Supponiamo, infine, che l’1%, un milione, vada a finanziare i Partiti, che, come diceva un villeggiante (parole di Berlusconi) delle patrie galere mussoliniane, tale Gramsci Antonio, la cui villeggiatura probabilmente non è stata esattamente gradevole, vista la morte prematura a 46 anni, sono “la democrazia che si organizza”.
Verrebbe da dire: cui prodest? Perché finanziarli? Perché altrimenti le Pesche prenderebbero il 100%, avendo il loro capo la proprietà delle case, dell’informazione, delle assicurazioni, dei divertimenti, dell’istruzione, delle case di tolleranza, dei trasporti, del cibo, degli alcolici, dell’acqua, dell’aria, dei bagni pubblici, della carta igienica e di quant’altro possa venirvi in mente.
Come distribuire il milione? No, il signor Bonaventura non potrà aiutarvi. La logica vorrebbe che 250.000 finiscano alle Pere, 350.000 alle Pesche e 400.000 ai Mandolini.
Però c’è un problema: in realtà, hanno votato solo 50 persone. Le altre 50 si sono astenute, hanno votato scheda bianca o hanno annullato il voto. Le proporzioni non cambiano, ma le Pesche reclamano: i Mandolini hanno rubato 200.000 e le Pere 125.000. Che poi, per la stessa logica, le Pesche abbiano intascato 150.000 di troppo, poco importa, l’informazione è in mano alle Pesche. Il punto non è questo.
Il punto è etico: chi decide? I Partiti. Altrimenti? Altrimenti i Partiti non sono coloro che i 100 elettori hanno delegato a gestire il patrimonio comune. Chi decide, in tal caso? Le Pesche. Perché? Perché hanno l’informazione.
Nel frattempo, dieci bambini, figli delle Pere, delle Pesche e dei Mandolini, restino asini (no, quelli delle Pesche vanno in Svizzera) e muoiano in ospedale (no, quelli delle Pesche vanno in Svizzera).
I Partiti rubano, dicono le Pesche. Ma sono un Partito anche loro.
Supponiamo che sia vero, nel senso che il fenomeno sia non solo generalizzato, ma che sia e basta. I 100 a questo punto hanno almeno un paio di alternative: o votano un altro Partito, oppure ne fondano un altro. Che so io, quello delle Puppe a Melone. Salvo poi scoprire che anche quest’ultimo è peggio delle Pesche. Oppure fondare quello della Tromba, che è proprio diverso e non ruba.
Insomma, frutti, verdure o clarinetti che siano, le colpe ed i meriti sono esclusivamente dei 100: ciascuno ha il governo che merita. Ma non accusiamo il sistema dei Partiti: se li chiamiamo Movimenti, Associazioni, Bocciofile o Sette, sempre Partiti restano. Fatti di uomini, che sono samaritani o delinquenti a seconda se siano tali i 100. Non sono marziani penetrati segretamente sul Terzo pianeta della stella Sole.
Le rivoluzioni, più o meno cruente, dall’omicidio di Giulio Cesare a quello di Cromwell, dalla Bastiglia all’Ottobre, da Tangentopoli alla Marcia su Roma, hanno sempre prodotto una reinvenzione della bicicletta e della ruota. Non solo non è molto intelligente, ma non è molto furbo nemmeno non rendersene conto.
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