di Mark Bernardini
Il ministro degli esteri estone ha proposto all’UE di intraprendere delle sanzioni contro la Russia e di posticipare il vertice Russia-UE previsto per metà maggio, poiché, afferma, “attaccando l’Estonia, la Russia attacca l’Unione Europea”. Aggiunge, qui viene la dimostrazione che il senso della misura non è di casa da quelle parti, che “gli attacchi della Russia sono sia virtuali e psicologici, sia reali: abbiamo le prove che gli attacchi degli hackers vengono da computers russi, le cui tracce portano persino all’amministrazione del Cremlino”.
Via sproloquiando, la questione del soldato di bronzo e del vandalismo a Tallinn sarebbe una “questione interna dell’Estonia”, e gli appelli dei deputati russi a mandare a casa il governo estone sarebbero una “ingerenza in tali questioni interne”.
Sempre la Russia avrebbe organizzato i disordini di massa a Tallinn dopo la demolizione milite liberatore in piazza Tonismagi. In riferimento alla veglia permanente sotto all’ambasciata estone a Mosca, egli afferma che “sono pagati dal Cremlino da 550 a 1000 rubli a turno”. Ed ha infine minacciato di non far più rilasciare visti ai russi. Dicevamo, appunto, il senso della misura.
Il senso della misura, ovvero rilanciare al livello proporzionato. L’Unione Europea, con l’ingresso dei nuovi membri, si è assunta grosse gatte da pelare, che ne stanno compromettendo la credibilità come interlocutore super partes. Ecco dunque che la Russia ora solleva una questione generale, quella della diffusione a macchia d’olio del fenomeno dell’abbattimento dei monumenti ai militi sovietici morti combattendo contro il nazismo. E la solleva in una sede importante, per ora: l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Una questione di memoria storica. In particolare, “la Russia ha pagato un tributo di sangue incalcolabile per sconfiggere il nazifascismo, per questo non può e non rimarrà indifferente alla campagna inaugurata in vari Paesi di abbattere i monumenti ai soldati sovietici che hanno sacrificato la loro vita per la libertà non solo del loro popolo, ma di tutto il mondo, per liberarlo dal nazifascismo”. Il riferimento alla Polonia è piuttosto evidente.
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