domenica 26 marzo 2006

Russia Bianca

Vorrei azzardare qualche previsione "fantapolitica" sul post-elezioni del 9 aprile.
Immaginate per un momento uno scenario del genere al momento dello scrutinio e nei giorni seguenti.
Pur essendo presenti migliaia di osservatori ostili al governo in carica, non si può che constatare che le elezioni si sono svolte tranquillamente e che non sono stati segnalati episodi particolari che possano far pensare a un voto truccato.
Al termine dello scrutinio, lo schieramento governativo riceve il consenso della maggioranza degli elettori. Contemporaneamente i leader dell'opposizione convogliano 2.500 persone ( in parte stranieri provenienti da Russia e Cina) a Piazza Monte Citorio, chiedendo a gran voce l'annullamento di un voto che, ancora prima dell'apertura dei seggi elettorali, era stato considerato truccato da governi di grandi potenze come Russia e Cina, da organismi internazionali come l'Organizzazione di Shanghai e dal Movimento dei Non Allineati.
Per provare le violazioni, si indica la presunta non spontaneità dell'espressione della volontà popolare in alcune regioni, e in particolare in Sicilia che ha eletto solo rappresentanti della maggioranza di governo.
I manifestanti, ridotti dopo qualche ora a poche centinaia, decidono di rimanere nella piazza del Parlamento, innalzando non più di una dozzina di tende. Sono equipaggiati per resistere giorni, con vettovaglie, vestiti, cucine da campo (tutto gentilmente fornito da organizzazioni umanitarie russe e cinesi). Abbiamo già fatto notare che alcuni di loro sono stranieri. Ad esempio alcuni bielorussi (legati al regime di Lukashenko che appartengono ad un'organizzazione chiamata "Stella Rossa") vestono tute mimetiche e indossano guanti con rafforzamenti metallici adatti allo scontro di piazza. Sono decisi a non mollare, almeno fino a quando il governo illegittimo dell'Italia non cederà alla richiesta di annullare la consultazione.
Nel frattempo organismi internazionali non stanno con le mani in mano.
In particolare alcune istituzioni asiatiche e latinoamericane minacciano pesanti ritorsioni economiche, politiche (e, nel caso, militari) nei confronti del nostro paese.
Per alcune notti dai 100 ai 200 manifestanti bivaccano nella piazza, controllati dalla polizia e dai carabinieri che non intervengono, nonstante la manifestazione non abbia avuto naturalmente alcuna autorizzazione. Ogni sera, le manifestazioni vengono visitate, in segno di solidarietà, da diplomatici, parlamentari, giornalisti di alcuni "paesi canaglia". Il Cremlino, che aveva dichiarato lo stanziamento di decine di milioni di rubli per la campagna elettorale dell'opposizione, afferma perentoriamente che "la tirannia in Italia ha i giorni contati". Subito la dichiarazione russa è seguita da una cinese dello stesso tono. I cinesi approvano sanzioni economiche gravissime...
...Lo prevedete uno scenario simile a Roma o in qualsiasi altra capitale del mondo occidentale, quello "rispettabile", che detta le regole? Solo a immaginarlo si passa per folli.
Eppure tutto questo è successo davvero. A Minsk. Con le identiche modalità che ho descritto sopra. Cambiavano solo i protagonisti. E, quando alla fine, la polizia ha sgomberato la piazza, in un modo talmente blando che persino le agenzie occidentali hanno dovuto riconoscerlo... apriti cielo!
Tutto questo, tra l'altro, nel momento in cui la polizia di un paese che nessuno definirebbe "totalitario" (la Francia) spaccava la testa a più di un manifestante.
Nessuno però ha gridato alle sanzioni.
Mauro Gemma
Leggo dal corrispondente del Corsera, con un ovvio autocompiacimento campanilistico, che tra i manifestanti di Minsk molti parlavano italiano, in quanto ex bambini che hanno fatto le vacanza estive in Italia, in base al programma Černobyl. Assieme alla lingua, sempre secondo Andrea Nicastro, quella generazione "ci ha guadagnato anche modelli diversi da quelli che Lukašenko vorrebbe continuare a imporre". Eccolo, il solito vizio del voler imporre i propri schemi, e modelli agli altri.
C'è una regola del giornalismo moderno, purtroppo, per la quale se il tuo nemico va al cesso e tira la catena, come minimo è responsabile dell'uragano che ha distrutto New Orleans, mentre se invece ci va il tuo amico, risulta essere un cittadino ligio ed amante della pulizia. Ecco dunque che l'aver incontrato un ragazzo italoparlante diventa l'averne incontrati una moltitudine.
Atteniamoci alla sintesi. Le questioni sollevate sono due: le elezioni ed il post-elezioni.
Supponiamo pure che le elezioni siano state truccate. D'accordo, Lukašenko in realtà non ha preso l'80%, bensì il 70%. Cambia qualcosa? No, è ovvio. E allora perché mai Lukašenko avrebbe dovutio truccare l'esito, attirandosi gli improperi occidentali e statunitensi? Repetita juvant: per avere l'80% anziché il 70%? Non sta in piedi.
Leggo sempre sul Corsera che "In un comunicato l’Austria, che detiene la presidenza di turno dell’Ue, si è detta testualmente «inorridita dalla violenza usata contro i dimostranti delle autorità bielorusse». Nella nota l’Ue chiede l’immediato rilascio di Kozulin e di altri membri dell’opposizione, invocando la solidarietà della comunità internazionale. L’Austria «sollecita i partner internazionali dell’Ue ed in particolare altri Stati vicini della Bielorussia, a tenere la stessa posizione verso la Bielorussia»". Da nessuna parte invece leggo quanto comunicato dall'agenzia RIA Novosti: "Aleksandr Milinkevič, uno dei leader dell'opposizione, ha incolpato dei fatti di Minsk su Aleksandr Kozulin, un altro ex candidato presidenziale fautore dell'opposizione che ha incitato i manifestanti ad assaltare il commissariato di carcerazione preventiva e ad eliminare fisicamente il Presidente-usurpatore. «Gli avevo detto, quando eravamo assieme sul palco, di non farlo», — ha sottolineato Milinkevič parlando alla radio russa alternativa «Eco di Mosca». «Condanno i provocatori che hanno portato la gente verso il carcere, non c'è più bisogno di una „presa della Bastiglia“. Sono provocazioni inammissibili ed è un crimine perpetrato da persone che si dicono oppositori». Egli ha anche dichiarato che non ha più intenzione di proporre a Kozulin di entrare a far parte della sua coalizione, ipotesi che prima era stata presa in considerazione. «Quel che Kozulin ha fatto oggi non è un semplice e banale errore», — ha aggiunto.

giovedì 23 marzo 2006

Tributo a Milošević

Il diritto all'integrità territoriale è riconosciuto dalle Nazioni Unite. Non per niente, adesso che quasi certamente renderanno il Kosovo autonomo, vedremo come se la cavano con I baschi e gli irlandesi. Poi sarà la volta dei bossiani, e poi gli atesini, e, perché no, i sardi, i siciliani, i catalani, e giù fino alle diatribe tra Bergem ahuta e Berghem ahota, via castelfranco di sotto e via castelfranco di sopra. Fantapolitica, esagerazioni? Ne riparleremo.

lunedì 20 marzo 2006

Ministero degli Esteri della Federazione Russa

e-mail: dip@mid.ru, web-address: www.mid.ru
Traduzione di Mark Bernardini - http://www.bernardini.com/ Comunicato ufficiale N°418 del 20 marzo 2006 del Dipartimento Stampa e Informazione in relazione al contenuto della "Strategia della sicurezza nazionale degli USA" in riferimento alla Russia
Il 16 marzo a Washington è stata pubblicata la versione rivista - rispetto a quella del 2002 - della "Strategia della sicurezza nazionale degli USA". Il suo tratto caratteristico è quello di un'ulteriore ideologizzazione della politica estera dell'America. D'ora in avanti il criterio principe dello sviluppo delle relazioni degli Stati Uniti con i Paesi stranieri sarà quello della corrispondenza comportamentale o meno di quel determinato Stato rispetto alla concezione statunitense di democrazia ed all'impellenza della lotta ai regimi invisi, per come la vede Washington. Naturalmente, ogni Paese ha diritto di stabilire la propria strategia politica estera sulla base degli interessi nazionali. Ma cosa significa la nuova strategia americana nei confronti della Russia, alla quale nel documento è dedicato un capitolo di due capoversi? Gli USA sono pronti a collaborare strettamente con la Russia per le questioni di reciproco interesse, ma il rafforzamento delle nostre relazioni da quanto sarà giusta, secondo il parere degli Stati Uniti, la politica interna ed estera della Russia. Contestualmente, si afferma che le ultime tendenze in Russia indicherebbero che la sua fedeltà alle libertà ed istituzioni democratiche sarebbe in diminuzione. Bisogna forse intenderlo come un'indicazione diretta, per cui, in una prospettiva a breve termine, i rapporti russo-americani sopporteranno uno dei loro periodi non proprio migliori? Nella nuova "Strategia" americana è formulata una dichiarazione di ruolo democratizzatore attivo degli USA nei Paesi vicini alla Russia.Cercheranno di convincerci che il progresso democratico forzato dall'esterno nei Paesi confinanti è utile per i popoli che vi abitano. E' una bella pretesa, quella dell'"avvertimento", che se la Russia dovesse "disturbare"lo sviluppo democratico, questo guasterà i suoi rapporti non solo con gli USA, ma anche con l'Europa. Non vi si dice invece nemmeno una parola sull'interazione dei nostri Paesi, alla costruzione della quale entrambi i nostri Paesi hanno dedicato tempo e sforzi conformemente alle decisioni dei Presidenti della Russia e degli USA, sul reciproco rispetto e sul tenero conto nella concretezza politica degli interessi gli uni degli altri, sulla parità di diritti, sulla prevedibilità comportamentale, sulla trasparenza delle reciproche azioni.Dal nostro punto di vista, questo riguarda anche la politica nello spazio postsovietico. Non è possibile non capire che senza applicare questi principi le relazioni russo-americane possono diventare ostaggio di opinioni soggettive. Con tutta la nobiltà dell'impostazione ideologica dichiarata nella "Strategia" (stimolazione della democrazia ovunque), non si deve dimenticare che nessuno ha né può avere il monopolio sull'interpretazione della democrazia. Si può concorrere all'instaurazione della democrazia, ma ogni Paese deve percorrere il proprio cammino verso la democrazia, come hanno fatto e fanno gli Stati Uniti, tenendo conto delle condizioni storiche e politiche concrete. I tentativi di imporre artificialmente o peggio ancora violentemente la democrazia in altri Stati non solo non possono essere coronati da successo, ma rischiano di screditarne l'idea stessa. Per questo, non può non sorgere l'impressione che taluni slogan popolari vengano adoperati semplicemente per il proprio comodo. Tale tendenza si manifesta sempre più spesso nelle questioni pratiche della politica mondiale e delle relazioni interstatali, quando i metodi proposti di soluzione si basano non già sull'analisi obiettiva della situazione, non sui comuni principi del diritto internazionale, ma sulla "opportunità politica" rispetto alle proprie concezioni personali. La Russia ha un approccio diverso. Il punto fondamentale della nostra analisi della situazione internazionale è la constatazione del fatto che negli ultimi anni gli avvenimenti nel mondo confermano l'universalità di principi fondamentali della politica estera, quali il pragmatismo, la multivettorialità, lo stimolo puntuale degli interessi nazionali senza scadere nello scontro, la ricerca di soluzioni dei problemi più acuti dei tempi moderni nel quadro della diplomazia multilaterale e degli sforzi collettivi. Tali principi godono di una sempre più ampia diffusione nella pratica di politica estera in altri Stati. Purtroppo, nella nuova "Strategia" americana essi sono rimasti fuori.

mercoledì 8 marzo 2006

Mala tempora currunt

Personalmente, voterò per l'Unione senza esprimere alcuna preferenza, non essendoci alcun candidato che mi soddisfi: il mio, infatti, non sarà già un voto "per", bensì un voto "contro". Contro Berlusconi: meglio Mastella, meglio la Südtiroler Volkspartei, basta che ci leviamo di torno questa mandria di Unni. Tuttavia, voglio invitarvi ad una riflessione.

All'estero, nella circoscrizione Europa esprimiamo (abbiamo diritto di esprimere fino a) due preferenze. Supponiamo che io, da comunista e da comunista che vorrebbe l'unità dei comunisti, voglia lanciare un segnale. Voterei Corazzol e Sipione, ovvero PdCI e PRC. Oppure, supponiamo che io sia fautore del paventato Partito Democratico, e voglia anche qui lanciare un segnale di unità. Voterei un candidato dei DS ed uno della Margherita. E così via: che so io, Verdi e SDI, ed una moltitudine di altre combinazioni, con altrettante motivazioni.

Insomma, il nostro voto all'estero vale doppio: con un solo voto possiamo votare due Partiti. Personalmente, lo ritengo un meccanismo perverso e profondamente ingiusto, frutto del papocchio del tutto non professionale che ha visto negli ultimi quindici anni (dal referendum Segni-Occhetto in poi) cambiare la legge elettorale ed i confini geografici dei collegi elettorali intraitaliani più o meno ad ogni competizione elettorale, d'ogni livello. Mala tempora currunt...