domenica 24 marzo 2013

Marò

Ci sono un sacco di cose che non si capiscono.

Tra queste, se, secondo tutti quelli che in questi giorni postano la propria rabbia per la vicenda dei marò:
  1. Questi ultimi abbiano ammazzato o meno due pescatori indiani morti di fame;

  2. Se ciò sia accaduto a ridosso dell'India;

  3. Che diavolo ci facevano lì;

  4. Se quindi debbano essere giudicati dal Paese più vicino;

  5. Se viceversa debbano essere giudicati nel loro Paese, anziché nel Paese dei due pescatori (in pratica, dal Paese delle vittime o dal Paese dei carnefici);

  6. Se debbano essere giudicati sic et simpliciter: o deve finire come con la funivia nel nord Italia, quando le vittime erano gli italiani, i carnefici gli statunitensi e tutti questi italiani incazzati di oggi, ieri hanno taciuto con la coda tra le gambe?

  7. Il perché li avessero rispediti in Italia a votare, visto che, secondo il Decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223 (elettori temporaneamente all'estero per motivi di servizio o missioni internazionali appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia o dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome o professori e ricercatori universitari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382) essi votano per corrispondenza come tutti noi poveri mortali italiani residenti all'estero iscritti all'AIRE presso le rispettive sedi consolari.
Lenin, nel 1917, in piena Grande Guerra, vinse (anche) dichiarando: basta con la guerra, tutti a casa.

Ecco: sono un po' stufo di sentir parlare di Alpini in Afghanistan. Le Alpi Carsiche arrivano fino all'Hindukush?