E’ passato poco più di un quarto di secolo, mio padre all’epoca aveva poco più dei miei attuali 54 anni. Lui e sua moglie, da Roma, decisero di concedersi il Capodanno 1990 a Nizza (che diede i natali a Garibaldi e dove morirono Paganini, Matisse e Isadora Duncan), e mi invitarono a raggiungerli da Milano.
Passammo la notte al Casinò, ma senza eccessi. Quasi all’alba, tornammo in albergo in una delle tante avenue perpendicolari alla promenade des anglais. Verso le dieci del mattino, io e mio padre facemmo una passeggiata (cosa impensabile, per chi conosce mio padre) sulla promenade assonnata, ovattata, semideserta. Qualche vecchio già prendeva il sole in spiaggia. Alle undici, decidemmo di fermarci per un caffè in uno degli innumerevoli bistrot con i tavolini all’aperto lungo la promenade. Nonostante la stagione, faceva abbastanza caldo, eravamo carezzati dal sole.
A mia memoria, fu una delle nostre chiacchierate più lunghe, del più e del meno, delle disgrazie della vita, del comunismo (c’era ancora l’Unione Sovietica e il Partito Comunista Italiano, sciolti entrambi un anno dopo), delle mie prospettive di vita che io, a 28 anni, mi ostinavo a non vedere, né me ne curavo più di tanto. Per lo sforzo intellettuale, ci venne fame, e decidemmo di “fregare i frati”, come si dice a Roma quando si pranza prima di mezzogiorno.
Nel leggere il menù del bistrot, arrivammo entrambi contemporaneamente alla stessa riga: “le plat des carnivores”. Sollevammo i nostri sguardi l’uno verso l’altro in silenzio, con un ghigno entusiasta e con un’estasi quasi religiosa.
– Pardon, monsieur, – chiedemmo al cameriere, – le plat des carnivores, c’est quoi?
Il cameriere, con sguardo stupito ma complice, ci spiegò che si trattava di un filetto al sangue, appena scottato, alto due dita.
– Et bien, monsieur, en effet, nous sommes deux véritables carnivores…
L’uomo ci sorrise, comprensivo, e tornò con due filetti che si scioglievano in bocca, ancora oggi entrambi li ricordiamo come una delle maggiori delizie in vita nostra.
Da pochi anni in Francia (ma in realtà anche in Italia) avevano scoperto Paolo Conte, era un idolo. Non ricordo se in quel momento lo sentimmo da dentro il locale o ci venne in mente per conto nostro, fatto sta che il nostro inno di quel giorno fu una canzone di cui riporto solo le frasi legate a quel contesto:
Jimmy, non credi che possiamo
offrici un pranzo da pascià,
a questo punto della nostra vita,
vento d'autunno, quindi entriamo qua,
Jimmy, non so se sei d’accordo,
abbiam mangiato una bontà,
e caso mai possiamo farci anche un bel giro
con quelle due, ma ci vedi tu fin là?
[…]
Jimmy, non pensare,
zitto, che il nemico ci ascolta,
Jimmy, non giurare
con te stesso: è l’ultima volta,
ne abbiam viste tante di regine
andare sull’altro marciapiedi
al sole e noi all’ombra,
ombra e sole,
è sempre così.
Jimmy, ridendo e scherzando,
non vorrei dire, però,
ci meritiamo, di più…
Nell’anniversario della presa della Bastiglia, il 14 luglio 2016, un terrorista franco-tunisino a bordo di un TIR ha massacrato quasi un centinaio di persone ignare ed innocenti sulla promenade des anglais. Non ci saranno più sogni al davanzale…
Scritto Bene! Semplicemente grande. Raccolga i Suoi articoli in un libro e li pubblichi, io ne acquisterò una copia!
RispondiEliminaMettiti in fila!
EliminaRompiballe, c'ero prima io! Sono io il suo primo fan, ricordatelo!
EliminaCerto che lo faro'! Almeno uno scrive le cose sensate e non si limita di lasciare i commenti pietosi in giro...Auguri....
EliminaComplimenti !
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