mercoledì 25 gennaio 2017

C'è muro e muro

Ergere muri al confine tra due Paesi non è mai cosa buona. Tuttavia, come suggerisce il titolo, non tutti i muri sono uguali, qualche muro è più uguale degli altri. Per esempio, il muro di Berlino fu costruito per impedire di uscire, non di entrare. Da allora, ogni muro ha dichiarato di essere diverso e perciò più giustificato moralmente. Pensiamo, per esempio, a quello israeliano in Cisgiordania nel 2002. Ce n’è poi un’altra ventina, in giro per il mondo (Pakistan, Corea, Arabia Saudita, Kuwait, Emirati, Uzbekistan, Tailandia, Turchia, India, Egitto, Spagna, Botswana, Grecia, Irlanda del Nord, Bulgaria…), compreso quello iniziato nel 2014 e non terminato per mancanza di finanziamenti europei in Ucraina.

In queste settimane, il muro è tornato d’attualità: come preannunciato, il neopresidente statunitense Trump ha firmato il decreto di costruzione al confine col Messico. Suona piuttosto ingenuo pretendere da quest’ultimo il finanziamento, ma non lo è: in caso contrario, impedirà ai migranti di mandare soldi a casa. Pochi però ricordano – perché i media mainstream occidentali evitano accuratamente di menzionarlo – che in realtà tale muro già esiste fin dalla prima metà degli anni ’90, lungo tutta la California, l’Arizona e il Texas, con Bill Clinton presidente (democratico, giova ricordarlo).

Anche il muro lituano al confine con l’enclave russa di Kaliningrad (a spese dei contribuenti dell’Unione Europea, tre milioni e mezzo di euro) è diverso. E’ diverso intanto perché non ci sono migranti russi desiderosi di emigrare illegalmente in Lituania. E’ anche diverso perché il governatore di Kaliningrad, pur non condividendo l’isteria lituana, per tutta risposta ha offerto i mattoni della locale fabbrica russa di laterizi. Finalmente, è diverso perché i principali media europei e i vari radical chic salottieri sparsi per il vecchio continente preferiscono parlare del muro di Trump e tacere dei due muri (Ucraina, come già detto, e Lituania) in casa propria. Come dire: il mio muro è più bello e democratico del tuo.

venerdì 20 gennaio 2017

Grandi elettori

Fin dal millennio scorso affermo che il sistema statunitense dei grandi elettori è affine alla democrazia quanto una monarchia a una repubblica. Generalmente, per questo vengo definito “estremista”: il sistema americano è il più perfetto e il più bello che ci sia. A nulla vale la mia argomentazione che il meccanismo dei grandi elettori fu ideato nel Medioevo e perfezionato all’epoca di Federico Barbarossa per i vari duchi, conti ed arcivescovi e riproposto negli USA più di duecento anni fa, quando persino recarsi a votare a cavallo era un lusso.

Non è questo il punto. Se questo sistema ora e solo ora è così vilipeso dai tifosi della Clinton – a casa sua e in Europa, segnatamente in Italia – vorrei capire come mai non si sono minimamente preoccupati di modificarlo nel corso degli otto anni di presidenza di Obama. Sembra una roba di possesso di pallone tra ragazzini nel cortile di casa: finché vinco io bene, se perdo le regole del gioco vanno cambiate.

Da studente, ho fatto fior di cortei contro quel che in Italia faceva la Democrazia Cristiana. A memoria, non ricordo nessuna protesta di piazza per il fatto che la DC avesse vinto le elezioni. Ebbene, a ciurlare nel manico ora sono proprio buona parte dei miei compagni di allora.

sabato 14 gennaio 2017

FIAT lux?

Io non sono un economista, però sono uno abbastanza colto e attento.

E non riesco a spiegarmi due fatti:

1)Il giorno prima Marchionne accoglie l'invito di Trump ad investire negli USA e decide di costruire una nuova fabbrica creando 2.000 posti di lavoro (a scapito dell'occupazione in Italia, ma questo è un altro discorso);

2)Il giorno dopo Marchionne viene accusato di ciurlare nel manico con le emissioni nocive.

Infine, non capisco (capisco benissimo) come mai in Italia subito hanno smesso di parlare del punto 1).