martedì 29 marzo 2005

Kirgizia 2

L’altro giorno la televisione russa mostrava uno dei leader dell’opposizione kirgiza manifestare la propria amarezza perché la rivoluzione dei tulipani è già morta, speravano di cambiare il Paese ed invece ai vertici sono andati gli stessi uomini del potere riciclati. Tutto il servizio durava poche decine di secondi ed era palesemente preso dai circuiti televisivi internazionali. Non risulta che sia stato trasmesso dalla televisione italiana o da Euronews.

Il signore in questione si chiama Nikolaj Ivanovič Bajlo ed è il capo del Partito dei Comunisti del Kyrgyzstan, da non confondersi col Partito Comunista del Kyrgyzstan (anche in Kirgizia i comunisti sono piuttosto litigiosi). Stupisce che ciò non sia stato specificato.

Bajlo ha ragioni da vendere: Kurmanbek Salievič Bakiev, proclamato capo del governo e facente funzioni del Presidente della Repubblica, è stato capo del governo con Akaev dal 21 dicembre 2000 al 22 maggio 2002. Esattamente come Juščenko con Kučma e Saakašvili con Ševardnadze. Peccato che entrambi i Partiti Comunisti Kirgizi si siano accodati abbondantemente ai fomentatori dei disordini della scorsa settimana.

Chi semina vento, raccoglie tempesta. Bajlo in particolare era portavoce a tutti gli effetti, assieme agli altri Partiti di opposizione, alla assemblea che fu tenuta presso la sede di Biškek dell’OSCE/ODIHR con gli osservatori internazionali il 26 febbraio 2005, ovvero il giorno prima del primo turno delle elezioni parlamentari kirgize.

Traduciamo quindi dal politichese: la partecipazione dei comunisti locali ai disordini era motivata dal malcontento del non essere tenuti in debita considerazione da Akaev e dalla speranza di una maggiore considerazione in caso di vittoria – avvenuta – dell’opposizione (peraltro organizzata a tavolino nello spazio d’un mattino). E siccome Akaev ha perso e l’ex opposizione sta esautorando i comunisti dal novero degli oppositori, per paura di non essere gradita all’Occidente, ecco i comunisti kirgizi prendere in mano la bandiera di oppositori all’ex opposizione.

Quanta confusione sotto il cielo della via della seta. Eppure, esiste una definizione tanto elementare quanto antica per definire l’accaduto ed il presente: si chiama spartizione delle poltrone.

giovedì 24 marzo 2005

Kirgizia 1

Conosco la Kirgizia, per averci lavorato svariati mesi in epoca sovietica (1987). Poi due anni fa, col Parlamento Europeo, quando ho visitato anche altri tre Stati che conoscevo in epoca sovietica: il Kazachstan, l'Uzbekistan ed il Tadžikistan. Infine, sono stato in Kirgizia giusto tre settimane fa, sempre col Parlamento Europeo, come interprete con status di osservatore OSCE/ODIHR al primo turno delle elezioni parlamentari.

Tutto questo giusto per la cognizione di causa.

La Kirgizia faceva parte della via della seta di Marco Polo. Non posso garantire per le altre località del Paese, né per la precedente campagna elettorale nell'insieme del Paese, ma posso assicurare, avendo fatto incursioni random in una decina di seggi, che nella capitale Biškek e nella sua provincia pedemontana, checché ne abbia detto l'OSCE, le elezioni sono passate in modo del tutto democratico e senza brogli. Sicuramente, in modo ben più trasparente che in Iraq, in Afghanistan ed in Florida. Di parere diverso, evidentemente, è la Reuters, nota agenzia di burattini imperialisti, che, anziché informare, ritiene di essere dispensatrice di assiomi di democrazia: "Akayev, che sta affrontando violente proteste nel sud del paese per presunti brogli elettorali, ha provocatoriamente sostenuto oggi che il voto è stato legittimo". Provocatoriamente? Non è forse uno schierarsi, questo, da parte della Reuters?

Ha ragione Akaev a non aver rinnovato l'offerta di negoziazioni. Ha ragione da vendere: Oš e Džalal-Abad non sono in mano all'opposizione, come si va affermando in Occidente, ma a bande di criminalità organizzata, che l'opposizione stessa non sa come e non è in grado di fronteggiare. Provate a guardare le cartine di cui pocanzi vi ho riportato i link: il Paese ha la conformazione di un'orma di mulo, nella cui parte interna si va incuneando la parte orientale dell'Uzbekistan. L'insieme si chiama Valle di Ferganà, e dall'ultima cartina noterete che si tratta della più rigogliosa, forse l'unica, regione di questa parte del mondo, stretta da montagne ed aree desertiche. Oš e Džalal-Abad sono esattamente dentro tale cuneo, ed è significativo verificare come le diverse mappe non concordino nel tracciare i confini tra i due Stati. Vi invito anche a fare mente locale sui filmati riportati dalle troupes televisive occidentali: i più attenti avranno notato un copricapo piuttosto alto di colore bianco, molto diffuso. E' il tipico copricapo kirgizo. Quelli ancor più attenti avranno però notato, quando si trattava di Oš e Džalal-Abad, che prevaleva un copricapo basso con base quadrata e punta piramidale. E' la tjubetejka uzbeka. Chi sta innescando tutto questo forse ancora non si è reso conto che rischia di provocare uno scontro interetnico in una regione delicatissima, che dista dall'Afghanistan più o meno quanto Roma da Firenze. Non siamo né in Ucraina, né in Georgia, qui la rivoluzione non sarebbe né degli aranci, né delle rose, ma, al limite, delle pietre e delle piccozze.

Akaev è un intellettuale e continua ad essere il Presidente più democratico di tutti gli Stati asiatici postsovietici. Un presidente particolarmente pragmatico, che, facendo di necessità virtù, ha salvato il proprio Paese dalla variante Far West, quando, nel 1999, per porre fine alle incursioni di bande organizzate di rapinatori, ha invitato in casa russi ed americani. Letteralmente. L'aeroporto di Biškek è suddiviso in una parte militare ed una civile. Quella militare è piena di caccia statunitensi, a ridosso della base, che ho visitato sempre due anni fa: qualche decina di olandesi, altrettanti tedeschi e francesi, e circa trecento yankees. Veniva usata come scalo per i bombardamenti in Afghanistan. Ci sono, però, anche i russi, per la precisione nel lago di Issyk-Kul' (1.600 m sul livello del mare, una superficie di oltre 6.000 kmq - rispetto ai 370 kmq del più grande lago italiano, quello di Garda - ed un perimetro costiero di poco meno di 700 km, quasi un Napoli-Milano) con una base di armamenti sperimentali antisommergibile, e con una base area nella città di Kant, a venti chilometri dalla capitale Biškek.

Qualora il tentativo - manovrato da potenze straniere, ha ragione Akaev! - di giocare la carta ucraina e georgiana andasse in porto, provate un po' ad immaginare quale dei due eserciti rimarrebbe?