di Roj Medvedev
Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo qui l’introduzione del libro di Roj Medvedev “Gensek s Lubjanki” [Un Segretario Generale venuto dalla Lubjanka], edito nel 1993 a Mosca.
Roj Medvedev, uomo di grande rigore e onestà intellettuale, già comunista dissidente, espulso dal PCUS ai tempi di Brežnev e poi riammesso da Gorbačëv, autore di fondamentali saggi sullo stalinismo, tutti pubblicati in Italia, all'inizio degli anni '90 è stato il leader del “Partito socialista dei lavoratori” e rimane un punto di riferimento in Russia per molti democratici di ispirazione socialista (n.d.r.).
Gli storici ed i sovietologi occidentali hanno ormai quasi dimenticato Ju. V. Andropov, proclamato “uomo dell’anno” nell’ultimo numero della diffusissima rivista americana “Time” del 1983. Non pochi eminenti uomini politici del mondo ne sarebbero stati fieri. Brežnev non ebbe un simile onore dai mezzi occidentali di informazione di massa in tutti i diciotto anni che fu al potere.
Di fatto, fino al 1982 nessuno sapeva nulla di Andropov né come uomo, né come politico. Ciò era dovuto alla chiusura generale della società sovietica, ed in particolare alla riservatezza sulla vita dei suoi vertici, ma anche al fatto che per oltre quindici anni Andropov era stato il capo della polizia segreta sovietica e aveva preferito rimanere nell’ombra. Nella maggior parte dei casi i suoi viaggi, sia nel Paese che all’estero, avvenivano segretamente. Tuttavia, non era un mistero per nessuno che il ruolo e l’influenza del KGB sulla vita dell’Unione Sovietica e sulla sua politica interna ed estera erano cresciuti incessantemente nel corso di quel quindicennio durante il quale tale comitato fu diretto da Andropov. Proprio queste circostanze divennero la causa principale dell’enorme interesse per questo personaggio quando la televisione e la radio informarono il mondo che Ju. V. Andropov era stato eletto nuovo leader del PCUS.
La stampa internazionale commentò in tutti i modi questo avvenimento e captò ogni piccola notizia riguardante il nuovo dirigente sovietico. Se le prime biografie di L. I. Brežnev furono pubblicate nella RFT e negli USA solo nel 1973 e 1974, ovvero quasi dieci anni dopo il suo arrivo al potere, già nel 1983 in Occidente comparvero oltre dieci biografie di Ju. V. Andropov, e nel 1984 vennero pubblicati vari altri libri nei Paesi occidentali. E’ difficile definire vere biografie politiche tutte queste opere, poiché in esse un’esposizione più o meno particolareggiata dei fatti della realtà e della storia sovietica si combinava con informazioni casuali, spesso addirittura imprecise circa il nuovo leader sovietico. Qua e là i fatti venivano sostituiti con gialli deliberatamente inventati. Probabilmente il miglior libro su Andropov è l’opera dei giornalisti inglesi J. Steele ed Eric Abraham (Steele J., Abraham E.: Andropov in Power. Oxford, 1983) “Andropov al potere”. Anche mio fratello Žores è stato autore di una sua biografia, ed anche questo libro risaltava sullo sfondo generale degli “andropovologi” (Medvedev Ž.: Andropov. Oxford, 1983).
Nello spiegare i motivi del suo interesse per la personalità di Andropov, Žores ha scritto nella sua prefazione: “Un cambio della direzione in Unione Sovietica è una tale rarità che sotto un certo aspetto è simile ad una rivoluzione, Brežnev ha occupato il suo posto per 18 anni. In questo periodo ha avuto a che fare con cinque presidenti americani e sei primi ministri britannici. Questi tempi estremamente lunghi di governo fanno sì che l’incarico di capo dell’Unione Sovietica sia importantissimo nel mondo. E’ possibile che gli USA siano più forti come Paese e Stato sotto il profilo economico e militare, ma i presidenti americani possono realizzare determinati programmi solo in casi estremi. E’ inverosimile che rimangano al potere tanto tempo da seguire l’esecuzione di grandi programmi dall’inizio alla fine. In URSS al contrario i dirigenti non sono legati da limitazioni temporali nella loro permanenza in carica, essi non sono contrastati da alcun Congresso, per non parlare dell’opinione pubblica. Si tratta di una tale pienezza del potere in una sola persona che qualunque cambiamento nella direzione sovietica diventa un avvenimento di portata internazionale. L’ultimo cambiamento del genere ha avuto luogo il 12 novembre 1982, quando è morto Leonid Brežnev. La morte di Brežnev in quanto tale non è stata affatto improvvisa. Piuttosto, non ci si aspettava che il successore di Brežnev alla carica di Segretario generale del PCUS diventasse Jurij Vladimirovič Andropov, ex Presidente del KGB e palesemente persona di tempra non brežneviana. Il fatto che non fosse il favorito di Brežnev si era manifestato specialmente negli ultimi cinque anni. In questo libro cercherò di mostrare i motivi per i quali tali mutamenti hanno avuto luogo ugualmente, e di formulare alcune deduzioni relativamente a quel che deve attendersi il mondo dalla nuova direzione sovietica…
“E’ difficile per un ex dissidente e cittadino sovietico scrivere a proposito dell’ex capo del KGB. Ho cercato, per quanto mi era possibile, di mantenere il libro in uno spirito pratico e sfogare solo in minima parte i miei sentimenti personali” (Medvedev Ž.: Andropov. p. 3).
Devo dire che il mio interesse personale verso Andropov come politico e come persona è sorto già all’inizio degli anni ‘60, quando era segretario del CC del PCUS per le questioni internazionali. Alcuni miei buoni conoscenti ed amici degli anni di studio lavoravano nell’apparato delle due sezioni esteri del CC, e mi hanno aiutato molto nel raccogliere i materiali per il libro su Stalin e lo stalinismo. In particolare, ho potuto leggere alcuni libri occidentali su Stalin e la sua epoca, che erano stati tradotti in russo e pubblicati in tirature limitate esclusivamente per i “funzionari responsabili”, nonostante che in Occidente spesso si trattasse di best-sellers politici noti a qualunque sovietologo. I miei amici sovente parlavano con molto rispetto di Andropov, che, a detta loro, per erudizione, intelletto e stile di lavoro non somigliava affatto agli altri segretari del CC, quali ad esempio B. N. Ponomarëv o L. F. Il’ičëv, dei quali peraltro si parlava con manifesta sufficienza, non solo nell’apparato del CC, ma anche in ambienti a me noti dell’intelligencija letteraria.
Personalmente ho incontrato allora Andropov una volta sola, e fu un incontro troppo fugace perché potessi farmene un’opinione chiara, Tuttavia, per me era importante la ragione di tale incontro: Andropov chiese di mostrargli il manoscritto del mio libro “Al giudizio della storia”, allora ben lontano dall’essere terminato. Successivamente, dopo aver espresso soddisfazione attraverso il suo consulente G. Ch. Šachnazarov, Jurij Vladimirovič mi chiese il permesso di lasciare nel suo archivio il manoscritto che aveva letto. Medesima richiesta, ma tramite un intermediario a me sconosciuto della Casa editrice di letteratura politica, mi era stata fatta anche da L. F. Il’ičëv. Ma solo nell’autunno del 1965, quando Il’ičëv ormai lavorava al Ministero degli Esteri, un corriere speciale mi riportò il manoscritto con il bollo “CC del PCUS”, senza alcun giudizio.
Dai racconti dei funzionari della sezione esteri si poteva dedurre che Andropov fosse una persona pienamente assorta nella politica. La politica era la sua passione principale ed Aleksandr Bovin, suo amico di lunga data, lo chiamava per scherzo “homo politicus”. Da tutto quel che avevo sentito già allora su di lui, era evidente che pensava non solo ad una grande carriera politica, e che non era un semplice funzionario politico, bensì una persona di determinate opinioni, e per di più chiaramente insoddisfatta della situazione che si era creata nel Paese negli ultimi anni dell’“epoca Chruščëv” e nei primi anni dopo la destituzione di Chruščëv.
Ma Andropov era allo stesso tempo estremamente prudente, ed esprimeva la propria opinione solo in un ambito ristrettissimo, e probabilmente anche in quel caso non proprio schiettamente. Godeva della reputazione di persona onesta, che non temeva di dire la verità, nonostante che né ai tempi di Chruščëv, né a quelli di Brežnev fossero molte le sue proposte a cui venisse prestato ascolto attentamente.
Andropov non era uno stalinista, ma come politico e come persona non gli riuscì mai di liberarsi da molti suoi tratti e dogmi, caratteristici per gli statisti di quell’epoca severa e terribile. Egli esigeva ordine, ma non era capace di grandi riforme all’interno del Partito e nella società sovietica. Andropov era un sincero fautore del marxismo e del leninismo e non pose mai, né al Partito, né a se stesso, la questione di un profondo ripensamento degli insegnamenti sul socialismo o sul capitalismo.
Dopo che a metà degli anni ‘70 Brežnev subì la prima emorragia cerebrale ed il primo infarto, riuscendo ad uscire dallo stato di morte clinica, non senza danni per la sua salute e per il suo intelletto di per sé non troppo lucido, il tema della successione al potere in URSS era divenuto una costante negli organi di stampa occidentali e nelle previsioni dei sovietologi. In quegli anni tutti vedevano una crescente concentrazione del potere nelle mani della “squadra di Brežnev”, tutti vedevano le forme di culto sempre più mostruose ed importune, ma anche l’avvicinarsi della fine di quell’uomo. Non stupisce che nei colloqui e nelle interviste i diplomatici ed i corrispondenti occidentali mi chiedessero sempre più spesso: “Chi potrà mettersi alla testa del PCUS e dello Stato sovietico dopo la morte di Brežnev?”.
All’epoca, A. P. Kirilenko veniva considerato quasi successore ufficiale, ma erano in pochi a credere che potesse conservare il potere nelle sue mani, tenendo conto della lotta complessa e spesso spietata che nella nostra storia ha accompagnato di solito il cambio di leader del Partito e del Paese. Dalla fine degli anni ‘70 Brežnev iniziò a promuovere sempre più vicino ai vertici del potere K. U. Černenko, che divenne membro effettivo del Politbjuro e capo dell’enorme apparato di potere personale di Brežnev. Tuttavia, a me sembrava più probabile che successore di Brežnev potesse diventare proprio Ju. V. Andropov, che nascondeva scrupolosamente le proprie ambizioni politiche ed era estremamente leale nei confronti di Brežnev, ma ancor più scrupolosamente ed insistentemente si preparava alla lotta inevitabile per la direzione. Nelle mie previsioni mi basavo su alcuni semplici presupposti.
Sullo sfondo della direzione inetta, ignorante, debole politicamente e fisicamente, che abbiamo avuto a cavallo degli anni ‘70 ed ‘80, Andropov risaltava, o quantomeno appariva un politico eminente e capace. Mentre sotto gli occhi di tutto il Paese aveva luogo non solo un invecchiamento, ma una degenerazione morale dei vertici statali e di Partito, corrotti ed inerti, Andropov continuava ad essere a capo e a potenziare il Comitato per la Sicurezza di Stato [KGB], che diventò non solo uno strumento di potere sempre più forte, ma l’organizzazione meno contaminata dal virus della corruzione. Andropov non poteva non sapere del peggioramento della situazione nel Paese, per lui non erano un segreto neanche i difetti delle persone al potere. L’esercito era un’altra istituzione di potere la cui influenza continuò a crescere negli anni ‘70 e che era poco coinvolta nello sfacelo politico e morale. Il prestigio della direzione militare era molto alto, ma è proprio con Andropov che venne superato il conflitto esistente già ai tempi di Stalin, ovvero l’ostilità tra l’esercito ed il KGB. Sembrava poco probabile che l’esercito, nella persona del ministro della difesa D. F. Ustinov e della élite dei generali, nel caso di una crisi al potere potesse sostenere Černenko o Kirilenko. Alla fine degli anni ‘70 giunse alle medesime conclusioni anche mio fratello Žores, che dal 1973 viveva e lavorava a Londra ed analizzava attentamente gli avvenimenti che si succedevano in URSS. Egli illustrò ripetutamente nelle sue interviste le proprie supposizioni, ma pochi vi prestarono attenzione. La figura di Andropov come probabile leader dell’URSS non suscitava molto interesse presso i maggiori sovietologi occidentali, che ritenevano impossibile che in Unione Sovietica giungesse al potere il capo del KGB, al quale all’epoca essi riservavano appena il settimo o l’ottavo posto nella gerarchia sovietica del potere.
Tuttavia, nessuno in Occidente, e persino noi stessi non supponevamo che la permanenza di Brežnev al potere e l’agonia del suo regime sarebbero durate così a lungo, accompagnate da un approfondimento della crisi politica ed economica del Paese. Come che sia, l’epilogo arrivò nel novembre del 1982, ed improvvisamente, per la maggioranza degli osservatori e dei politologi, venne eletto quale successore di Brežnev proprio Ju. V. Andropov. Poco più di un anno prima, negli USA era giunto al potere il nuovo presidente Ronald Reagan. Cosi, molti supposero che appunto Andropov e Reagan, in quanto leaders delle due superpotenze, avrebbero esercitato un’influenza decisiva sui processi politici mondiali degli anni ‘80. Naturalmente, tutti si erano subito preoccupati per la seguente questione: quali nuovi accenti porrà nella sua attività il nuovo leader sovietico? Sarebbe diventato un dirigente di tipo transitorio, o da lui sarebbe iniziata una nuova era di politica interna ed estera dell’URSS? Quali persone nuove avrebbe promosso ai vertici del potere? Quali caratteristiche avrebbero assunto le relazioni con il clan di Brežnev, ancora potente sotto tutti i punti di vista?
Ju. V. Andropov rimase al potere appena quindici mesi, e non abbiamo potuto avere riposta a molti quesiti, anche se le tendenze principali della sua politica si delinearono in maniera piuttosto chiara. Contrariamente alle previsioni, colui che fino a poco tempo prima era stato il capo del KGB, riuscì non solo a consolidare il proprio potere in poco tempo, ma a conquistarsi l’indubbio rispetto di una buona parte, se non della maggioranza, della popolazione del Paese. Né la stampa, né la propaganda cercarono di creare in quei quindici mesi il culto di Andropov. E ciò nonostante, la leggenda di Andropov, o leggenda su Andropov, si diffuse in tutti gli strati della popolazione, compresa l’intelligencija, crebbe molto rapidamente e continua ad esistere tuttora. Per questo la direzione di Andropov, a differenza per esempio dell’“anno di Černenko”, ha lasciato una solida traccia nella coscienza della maggioranza della gente sovietica.
E’ noto che la maggioranza dei cittadini dell’URSS accolse l’annuncio della morte di Brežnev con un’indifferenza che suscito sorpresa nei corrispondenti occidentali. Molti addirittura non tentarono nemmeno di nascondere un senso di sollievo. Non furono invece in molti a rallegrarsi della morte di Andropov, la maggioranza se ne dispiacque e provò persino inquietudine.
“Aveva appena iniziato a mettere un po’ d’ordine…”, “Voleva equità”. Simili parole le sentii nel febbraio 1984 in molti luoghi. Eppure, durante la permanenza di Andropov al potere di fatto sapevamo poco su di lui come uomo politico e come persona. Ancor meno se ne sapeva come presidente del KGB: i dirigenti della polizia segreta di qualsiasi Paese non tendono alla pubblicità e non possono contare su una particolare popolarità, tanto meno da noi. Ciò nonostante Andropov riuscì a conquistarsi in un periodo molto breve una certa popolarità ed a suscitare interesse nei confronti della sua persona; un interesse in crescita si registrò dal novembre 1982 al febbraio 1984. La fonte di tale popolarità fu indubbiamente quel netto contrasto tra la disgregazione e la dissoluzione degli ultimi anni dell’epoca brežneviana, la degradazione della persona stessa di Brežnev, e la personalità di Andropov, che riuscì in breve tempo ad iniziare a stabilire un ordine elementare nel Paese.
La gestione Andropov ha mostrato in maniera lampante che all’inizio degli anni ‘80 nella nostra società esistevano (ed ovviamente non sono scomparsi all’inizio degli anni ‘90) non solamente il desiderio e l’aspirazione alla democrazia, alla difesa dei diritti dell’uomo e della libertà, cosa che trovo riflesso nel movimento dei dissidenti, contro il quale sia Brežnev che Andropov condussero una lotta incessante.
Nella società, all’interno di una imponente parte della popolazione, esisteva una nostalgia altrettanto forte e sincera per la “mano forte”, un “leader forte”, un “padrone” che si fosse preoccupato del bene del popolo, e non del proprio benessere e dei privilegi del suo entourage, come invece faceva la direzione mafiosa brežneviana.
Proprio per questo una parte non indifferente dei cittadini salutò con sincerità ed interesse l’arrivo al potere di Andropov e le sue prime iniziative.
Oggi questa nostalgia di molte persone per l’ordine rigido e la “mano forte” è addirittura in parte cresciuta. Certo, gli anni impetuosi della perestrojka, la moltitudine di eventi contraddittori degli ultimi anni, le svolte ed i capovolgimenti che hanno decisamente cambiato il volto del nostro Paese e della nostra società, nonché la situazione in Europa ed in tutto il mondo, hanno attirato l’attenzione su altri leaders politici e su un’altra politica. Tuttavia, i successi non troppo evidenti della perestrojka ed i suoi insuccessi e fallimenti evidenti, il continuo peggioramento delle condizioni materiali della gente, la crescita della tensione e dell’instabilità nella società, l’insicurezza sia del proprio futuro che delle prospettive di sviluppo del Paese, i numerosi conflitti per motivi specifici ed etnici che spesso si trasformano in scontri armati, la crescita vertiginosa di tutte le forme ed i tipi di criminalità, tutto quel che la nostra gente ritiene non senza fondamento “disordine” in politica ed in economia, tutto ciò ha portato ad una crescita d’attenzione verso la persona e l’attività di Ju. V. Andropov.
Lo scopo del nostro libro consiste nel soddisfare almeno parzialmente questo interesse. Nel mio lavoro mi sono basato non solo su fonti letterarie, archivi, consigli e critiche di amici e colleghi. Sono riuscito ad utilizzare i consigli e le testimonianze di molte persone che conoscevano bene Andropov ed hanno lavorato per lunghi anni assieme a lui.
Ricorderò qui in tal senso gli ex collaboratori ed amici di Ju. V. Andropov: G. A. Arbatov, A. E. Bovin, G. Ch. Šachnazarov, F. M. Burlackij, A. I. Vol’skij, nonché gli ex membri del Politbjuro e della Segreteria del CC del PCUS: V. I. Vorotnikov, E. K. Ligačëv, V. M. Čebrikov, N. I. Ryžkov. Tra i militari citerò S. F. Achromeev. Un’opinione su Andropov mi è stata esposta dettagliatamente da persone così diverse come A. N. Jakovlev, il politico ungherese A. Hegedüs, l’ex Presidente del Soviet Supremo dell’URSS A. I. Luk’janov, il regista Ju. P. Ljubimov, l’ex presidente del KGB V. A. Krjučkov. Tuttavia mi rendo perfettamente conto che le mie opinioni non sono affatto inconfutabili, e le informazioni di cui dispongo non sono affatto sufficienti. Per questo sarò riconoscente per qualunque aggiunta ed osservazione.