domenica 21 febbraio 2010

Gli zar dei ghiacci e di Sanremo

Come molti sanno, sono da sempre tiepido nei confronti dello sport ed acerrimo nemico del tifo, che per me resta una malattia (come il calcio è quello delle ossa). Ciò premesso, stavolta mi sento di parlarne, con riferimento non tanto ai risultati del pattinaggio di Vancouver (più divertente è stato il campionato europeo), quanto ai pelosi commenti compiaciuti dei media italiani.

Repubblica: Lysacek re del ghiaccio, Plushenko manca il bis. La Stampa: Vancouver, Plushenko perde il trono: “Questa è danza, non più pattinaggio”. Si distinguono, però, il Corriere della Sera: Lysacek spodesta lo Zar dei ghiacci e l’immancabile Unità, sempre preoccupata di dimostrare di non essere comunista: Vancouver, Lysacek spodesta lo zar russo dei ghiacci.

Come dovrebbe essere noto (ma, dopo la riforma Gelmini, anche questo cadrà nel dimenticatoio), “zar” vuol dire “re”, e viene da “Cæsar”, da cui anche il tedesco “Kaiser”, cioè proprio dal romano Giulio Cesare.

Pur avendo premesso di non occuparmi di sport, mi sento di condividere il commento di Pljuščenko: in qualunque sport, ogni record mondiale viene raggiunto con l’obiettivo di superarlo in futuro. Vale per le corse podistiche, per i salti in alto, ed anche, appunto, per il pattinaggio.

Lo statunitense Lysacek ha dichiarato di non sapere fare il salto quadruplo e di fregarsene, perché tanto non conta. Le opinioni sono come le corna, ciascuno ha le sue, ma le opinioni sono opinabili per definizione. Fatto sta che, con le nuove regole inaugurate a Vancouver, per dirla con Pljuščenko, il pattinaggio d’ora in avanti è danza. Non sapendo a cosa attaccarsi, l’Unità ribatte che “Lysacek al talento preferisce il cuore”.

La ragione che mi ha spronato ad imbracciare la tastiera anche stavolta non è quella di parteggiare per Tizio o per Caio, ma proprio quel mefitico “zar”. Tutti i monarchi d’Europa, con le mani monde di sangue secolare, sono imparentati tra loro, dal Portogallo alla Russia, passando per la Spagna, la Scandinavia, l’Olanda, la Gran Bretagna, la Francia e, naturalmente, l’Italia, ecco perché, sposandosi solo tra di loro, hanno partorito fior di dementi. Tra i Paesi moderni repubblicani del vecchio continente, solo in Italia era possibile invitare a cantare a Sanremo non semplicemente tale Emanuele Savoia, ma un erede al trono che appena un anno fa si è presentato alle elezioni europee col Partito monarchico. E solo in Italia poteva arrivare secondo, come Pljuščenko. Quello che voglio dire è che gli italiani sono gli ultimi a poter fare della facile ironia, dovrebbero vergognarsi.

Nessun commento:

Posta un commento