Tra le tante nefandezze immeritate che molti provano un piacere quasi orgiastico a dire della Russia, ce n’è una in particolare che oggi sembrerebbe quasi avere conferma: il Paese delle esagerazioni e dei contrasti stridenti.
Per la prima volta da quando esistono le rilevazioni meteorologiche (per intenderci, quando qui veniva abolita la servitù della gleba e in Italia veniva unito il Paese), quest’anno abbiamo battuto tutti i record di temperatura: la più alta temperatura dell’estate, di luglio, di agosto, di ogni singola giornata e soprattutto assoluta. Più volte, nonostante la latitudine decisamente diversa da quella italiana, abbiamo superato i 40 gradi, surclassando senza sforzo alcuno qualunque temperatura italiana dell’estate 2010. Per una settimana (ma in Italia ancora ne parlano come se si trattasse di anni), a questo si è aggiunto un acre fumo di torba, che rendeva l’aria irrespirabile e la visione spettrale simile ad un panorama della bassa padana.
Ebbene, ancora mercoledì 18 agosto, in campagna, ero seminudo in veranda all’ombra, sorseggiando birra ghiacciata ed imprecando contro i cambiamenti climatici, grondando con 34 gradi all’ombra, ed oggi, venerdì 20 agosto, sono col maglione fatto da mia nonna buonanima più di un quarto di secolo fa, a 13 gradi, degustando vodka, nella vana speranza di smettere di tremare. Insomma, un’escursione di venti gradi in meno di 48 ore.
Dopodomani rientriamo urgentemente a Mosca, pur essendo ad appena 40 km ad oriente: i contrasti non fanno niente bene a mia moglie, che tra meno di un mese metterà al mondo il secondo pargolo bernardinifero. L’estate (qui) è finita: climaticamente e professionalmente si torna alla normalità. Almeno si spera.
Ogni anno, mi sorbisco decine di italiani che si lamentano del freddo in Russia. Quest’anno, da buon fetente quale mi vanto di essere, ricorderò loro quanto si siano lamentati del caldo estivo…
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