Riciclo e adatto alcuni miei scritti di quasi dieci anni fa.
Gli statunitensi la guerra l’hanno sempre fatta a casa d’altri, ora dalla parte della ragione (Prima e Seconda guerra mondiale), ora da quella del torto (Corea, Vietnam, l’America Latina in toto – quella centrale e quella del Sud – Medio Oriente, Algeria, Afghanistan, Iraq, Jugoslavia, Egitto, Libia, Siria, Turchia…).
Con buona pace dei sedicenti sinistrorsi salottieri radical chic italioti, non sta scritto da nessuna parte che i repubblicani americani siano il male ed i democratici americani siano il bene.
La guerra civile americana la iniziò il democratico Buchanan, e la terminò il repubblicano Lincoln. Sappiamo con che risultati e a quale prezzo, ma non importa.
La partecipazione americana alla prima guerra mondiale, alla Grande Guerra, la decise e la gestì il democratico Wilson. Sappiamo con che risultati e a quale prezzo, ma non importa.
La guerra in Corea la iniziò il democratico Truman (che fondò anche la NATO, nel 1949, mentre il Patto di Varsavia fu fondato solo nel 1955, come risposta alla NATO, contrariamente a quanto tuttora fa intendere in Occidente la propaganda yankee), e la terminò il repubblicano Eisenhower. Sappiamo con che risultati e a quale prezzo, ma non importa.
La guerra in Vietnam la iniziò il democratico Kennedy, e la terminò il repubblicano Nixon, tanto vituperato – giustamente, ma per altre cose – dalla mia sinistra italiana. Sappiamo con che risultati e a quale prezzo, ma non importa.
La guerra in Jugoslavia la iniziò il democratico Clinton, e la terminò il repubblicano Bush. Sappiamo con che risultati e a quale prezzo, ma non importa.
La guerra in Afghanistan la iniziò il democratico Clinton, ed è tuttora in corso. Sappiamo con che risultati e a quale prezzo, ma non importa.
La guerra in Iraq, iniziata sotto il repubblicano Bush, ha avuto le prime avvisaglie sotto il democratico Clinton. Sappiamo con che risultati e a quale prezzo, ma non importa.
Attendo – inutilmente – che gli USA mandino fuori le loro truppe da invasori dalla Jugoslavia, dall’Afghanistan, dall’Iraq, che non rompano i coglioni in Iran, che non mostrino i muscoli con la Russia, che vadano fuori dai coglioni dalla Germania, dal Giappone, dalla Corea, da Bruxelles, dalla Kirgizia, dalla Georgia, dall’Ucraina, dalla Repubblica Ceca, dalla Polonia, dai Paesi Baltici, e soprattutto dall’Italia: da Vicenza, dalla Sardegna, da Comiso, da Anzio.
Poi, dopo – e solo dopo – potremo riparlarne.
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