Rintronato come Brežnev? Autoritario come Brežnev? Pensieri in libertà, appunti sui polsini, ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare eccetera.
Suona scontato che personalmente io non nutra simpatia alcuna per la Le Pen, eppure sono stato costretto a doverlo premettere, peraltro con scarsi risultati (le accuse sono piovute lo stesso): chi è contro il banchiere Macron, secondo taluni, è automaticamente e disdicevolmente fautore del Front National.
Ciò detto, abbiamo assistito ad una campagna mediatica feroce contro la leader di quest’ultimo, dalle banali dichiarazioni di principio all’uso smodato di fake news, tutti insieme appassionatamente, sedicenti sinistrorsi salottieri radical chic e banchieri, sedicenti progressisti e sedicenti conservatori, sedicenti rivoluzionari e sedicenti reazionari.
Notai tuttavia una contraddizione per nulla secondaria: c’era chi diceva che la Le Pen avrebbe perso in quanto fascista come il padre, e chi, invece, che avrebbe perso perché sconfessata dal padre, che la ritiene troppo di sinistra.
Delle due l’una, tertium non datur.
E questo – dicevo – avrebbe potuto innescare un fastidio di massa tra gli elettori, al punto di votare la Le Pen nel segreto dell’urna senza poi mai dichiararlo.
Vediamo cosa è successo al primo turno, il 23 aprile.
Candidati
Partiti
Voti
%
Indicazione
Emmanuel Macron
En Marche!
8.656.326
24,01%
–
Marine Le Pen
Fronte Nazionale
7.679.493
21,30%
–
François Fillon
I Repubblicani
7.213.797
20,01%
Macron
Jean-Luc Mélenchon
France Insoumise
7.060.885
19,58%
–
Benoît Hamon
Partito Socialista
2.291.565
6,36%
Macron
Nicolas Dupont-Aignan
Alzati Francia
1.695.186
4,70%
Le Pen
Jean Lassalle
Resistere!
435.365
1,21%
Philippe Poutou
Nuovo Partito Anticapitalista
394.582
1,09%
–
François Asselineau
Unione Popolare Repubblicana
332.558
0,92%
–
Nathalie Arthaud
Lotta Operaia
232.428
0,64%
–
Jacques Cheminade
Solidarietà e Progresso
65.598
0,18%
–
Validi
36.057.783
75,78%
Elettori
47.581.118
100,0%
Astenuti
10.577.572
22,23%
Votanti
37.003.546
77,77%
Bianche
659.302
1,78%
Nulle
285.431
0,77%
Avrei da dire due paroline gentili ai compagni Poutou e Arthaud, con i voti dei quali, se non fossero malati di protagonismo (in Italia è un fenomeno storico, quello della gemmazione dei Partiti comunisti), Mélenchon sarebbe arrivato al 21,31%, mettendo i francesi davanti alla scelta non già Macron-Le Pen, centro o destra, bensì Macron-Mélenchon, centro o sinistra.
Fatto sta, per il ballottaggio Poutou e la Arthaud hanno invitato all’astensione, mentre Mélenchon non ha dato indicazioni, ma “basta che non votiate la Le Pen”.
Insomma, parte dell’elettorato di sinistra si sarà astenuto, parte avrà votato Macron “turandosi il naso”, ben pochi avrebbero potuto votare la Le Pen.
Abbiamo sentito ripetere, come un mantra, che Putin, tramite i suoi onnipresenti hacker, avrebbe tentato di influenzare e snaturare le elezioni statunitensi, austriache, olandesi, ora francesi, poi inglesi, tedesche, italiane…
Prove?
Zero: non importa che una cosa sia vera, basta ripeterla spesso perché lo diventi.
E non vi faccio il torto di ricordarvi la paternità di questo principio.
In compenso, abbiamo visto e sentito Obama, la Merkel, Renzi, Gentiloni, il Fondo Monetario Internazionale, le grandi banche statunitensi, i media nordamericani, britannici ed europei chiedere apertamente, pubblicamente ed ufficialmente di votare Macron.
Adesso tutti contenti.
Cosa avranno da festeggiare?
La Le Pen ha preso molti più voti rispetto al primo turno, mentre tutti gli altri hanno votato contro di lei e non hanno raggiunto la loro sommatoria del primo turno.
Candidati
Voti I
Voti II
Diff. voti
% I
% II
Diff. %
Emmanuel Macron
8.656.326
20.703.694
+12.047.348
24,01%
66,06%
+42,05%
Marine Le Pen
7.678.491
10.637.120
+2.957.690
21,30%
33,94%
+12,64%
Validi
36.054.394
31.340.814
-4.713.580
75,78%
66,05%
-9,73%
Elettori
47.582.183
47.448.929
–
–
–
–
Astenuti
10.578.455
12.041.313
+1.462.858
22,23%
24,89%
+2,66%
Votanti
37.003.546
35.407.616
-1.595.930
77,77%
75,11%
-2,66%
Bianche
659.997
3.006.106
+2.346.109
1,78%
8,49%
+6,71%
Nulle
289.337
1.060.696
+771.359
0,77%
3,00%
+2,23%
Riassumiamo.
La Le Pen, con Dupont-Aignan, avrebbe dovuto avere 9.374.679 voti, invece ne ha avuti 10.637.120, cioè 1.262.441 in più (+13,47%).
Macron, con Fillon e Hamon, avrebbe dovuto avere 18.161.688 voti, invece ne ha avuti 20.703.694, cioè 2.542.006 in più (+14%).
Coloro che hanno dato esplicitamente indicazione di astenersi o votare scheda bianca o nulla al secondo turno sono 1.460.531, invece, sottraendo le astensioni, le bianche e le nulle del primo turno da quelle del secondo, sono 4.580.326, cioè 3.119.795 in più.
Come già detto, i voti di Mélenchon, ben 7.060.885, sono andati parte in astensione, parte in bianche, parte in nulle, e, intuitivamente, in larga misura a Macron, sicuramente a coprire i due milioni e mezzo di incremento di quest’ultimo.
Insomma, in ogni caso, il dato di fatto è che la Francia ha ora come Presidente un centrista espresso dal 43,63% degli elettori (meno della metà) ed un’opposizione solo di destra espressa dal 22,42% degli elettori (poco più di un quinto).
Sono questi i benefici democratici delle primarie, del maggioritario, del ballottaggio e di ogni altra diavoleria euroccidentale e occidentale in genere che si inventano da un quarto di secolo a questa parte.
Fra un mese in Francia ci sono le elezioni parlamentari.
Azzardo una previsione, a bocce ferme, se si votasse domani (nel frattempo, può succedere tutto e il contrario di tutto): la costituenda neoformazione di fusione tra Front National e Debout la France arriverà al 30% (contro il 26% attuale), En Marche di Macron al 25% (contro il 24% attuale, quindi con un effetto presidenziale trascurabile), La France Insoumise di Mélenchon al 25% anch’essa (contro il 19% e mezzo attuale, avendo dimostrato alle presidenziali che funziona), il rimanente 20% tra tutti gli altri.
D’accordo, la Francia è una repubblica semipresidenziale, ma se io avessi ragione, vedremo come sarà governabile e governata.
Pubblico questo mio appello laddove mi è consentito, ossia Youtube, Blogspot di Google, V Kontakte, Odnoklassniki. A tutti coloro che ritenessero ingiusta la mia sospensione in Facebook e soprattutto intollerabili i contenuti razzisti di cui ho sin qui riferito, chiedo di segnalare in massa il profilo della signorina in questione, e di condividere viralmente il presente filmato, ovunque, ma soprattutto in Faccialibro.
Enrico Rossi ha 21 anni e si sarebbe iscritto al PCI solo sei anni dopo.
Michele Emiliano ha vent'anni e si sarebbe iscritto al PD solo 28 anni dopo.
Roberto Speranza è nato proprio in quell'anno, e ai DS si sarebbe iscritto solo 26 anni dopo.
Massimo D'Alema aveva trent'anni ed era il segretario nazionale della FGCI.
Pierluigi Bersani aveva 28 anni, era iscritto al PCI e proveniva da Avanguardia Operaia.
Sempre nel 1979, le numerose schegge a sinistra del PCI tentarono di unirsi presentandosi alle elezioni con il nome di Nuova Sinistra Unita.
Il risultato fu devastante: 0,80% (addirittura lo 0,14% al Senato).
Se all'epoca quialcuno avesse detto a D'Alema, Bersani, Emiliano, Rossi (Speranza no, per ovvie ragioni anagrafiche) che nel 2017 avrebbero cercato di fondare un gruppo denominato Nuova Sinistra, quel qualcuno sarebbe stato considerato uno squilibrato mentale.
Ovviamente, auguro loro migliore sorte di quella della NSU.
Ergere muri al confine tra due Paesi non è mai cosa buona. Tuttavia, come suggerisce il titolo, non tutti i muri sono uguali, qualche muro è più uguale degli altri. Per esempio, il muro di Berlino fu costruito per impedire di uscire, non di entrare. Da allora, ogni muro ha dichiarato di essere diverso e perciò più giustificato moralmente. Pensiamo, per esempio, a quello israeliano in Cisgiordania nel 2002. Ce n’è poi un’altra ventina, in giro per il mondo (Pakistan, Corea, Arabia Saudita, Kuwait, Emirati, Uzbekistan, Tailandia, Turchia, India, Egitto, Spagna, Botswana, Grecia, Irlanda del Nord, Bulgaria…), compreso quello iniziato nel 2014 e non terminato per mancanza di finanziamenti europei in Ucraina.
In queste settimane, il muro è tornato d’attualità: come preannunciato, il neopresidente statunitense Trump ha firmato il decreto di costruzione al confine col Messico. Suona piuttosto ingenuo pretendere da quest’ultimo il finanziamento, ma non lo è: in caso contrario, impedirà ai migranti di mandare soldi a casa. Pochi però ricordano – perché i media mainstream occidentali evitano accuratamente di menzionarlo – che in realtà tale muro già esiste fin dalla prima metà degli anni ’90, lungo tutta la California, l’Arizona e il Texas, con Bill Clinton presidente (democratico, giova ricordarlo).
Anche il muro lituano al confine con l’enclave russa di Kaliningrad (a spese dei contribuenti dell’Unione Europea, tre milioni e mezzo di euro) è diverso. E’ diverso intanto perché non ci sono migranti russi desiderosi di emigrare illegalmente in Lituania. E’ anche diverso perché il governatore di Kaliningrad, pur non condividendo l’isteria lituana, per tutta risposta ha offerto i mattoni della locale fabbrica russa di laterizi. Finalmente, è diverso perché i principali media europei e i vari radical chic salottieri sparsi per il vecchio continente preferiscono parlare del muro di Trump e tacere dei due muri (Ucraina, come già detto, e Lituania) in casa propria. Come dire: il mio muro è più bello e democratico del tuo.
Fin dal millennio scorso affermo che il sistema statunitense dei grandi elettori è affine alla democrazia quanto una monarchia a una repubblica. Generalmente, per questo vengo definito “estremista”: il sistema americano è il più perfetto e il più bello che ci sia. A nulla vale la mia argomentazione che il meccanismo dei grandi elettori fu ideato nel Medioevo e perfezionato all’epoca di Federico Barbarossa per i vari duchi, conti ed arcivescovi e riproposto negli USA più di duecento anni fa, quando persino recarsi a votare a cavallo era un lusso.
Non è questo il punto. Se questo sistema ora e solo ora è così vilipeso dai tifosi della Clinton – a casa sua e in Europa, segnatamente in Italia – vorrei capire come mai non si sono minimamente preoccupati di modificarlo nel corso degli otto anni di presidenza di Obama. Sembra una roba di possesso di pallone tra ragazzini nel cortile di casa: finché vinco io bene, se perdo le regole del gioco vanno cambiate.
Da studente, ho fatto fior di cortei contro quel che in Italia faceva la Democrazia Cristiana. A memoria, non ricordo nessuna protesta di piazza per il fatto che la DC avesse vinto le elezioni. Ebbene, a ciurlare nel manico ora sono proprio buona parte dei miei compagni di allora.
Io non sono un economista, però sono uno abbastanza colto e attento.
E non riesco a spiegarmi due fatti:
1)Il giorno prima Marchionne accoglie l'invito di Trump ad investire negli USA e decide di costruire una nuova fabbrica creando 2.000 posti di lavoro (a scapito dell'occupazione in Italia, ma questo è un altro discorso);
2)Il giorno dopo Marchionne viene accusato di ciurlare nel manico con le emissioni nocive.
Infine, non capisco (capisco benissimo) come mai in Italia subito hanno smesso di parlare del punto 1).