Fin dal millennio scorso affermo che il sistema statunitense dei grandi elettori è affine alla democrazia quanto una monarchia a una repubblica. Generalmente, per questo vengo definito “estremista”: il sistema americano è il più perfetto e il più bello che ci sia. A nulla vale la mia argomentazione che il meccanismo dei grandi elettori fu ideato nel Medioevo e perfezionato all’epoca di Federico Barbarossa per i vari duchi, conti ed arcivescovi e riproposto negli USA più di duecento anni fa, quando persino recarsi a votare a cavallo era un lusso.
Non è questo il punto. Se questo sistema ora e solo ora è così vilipeso dai tifosi della Clinton – a casa sua e in Europa, segnatamente in Italia – vorrei capire come mai non si sono minimamente preoccupati di modificarlo nel corso degli otto anni di presidenza di Obama. Sembra una roba di possesso di pallone tra ragazzini nel cortile di casa: finché vinco io bene, se perdo le regole del gioco vanno cambiate.
Da studente, ho fatto fior di cortei contro quel che in Italia faceva la Democrazia Cristiana. A memoria, non ricordo nessuna protesta di piazza per il fatto che la DC avesse vinto le elezioni. Ebbene, a ciurlare nel manico ora sono proprio buona parte dei miei compagni di allora.
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