lunedì 21 ottobre 2019

Basta con le repressioni yankee!

Iniziamo con una breve cronistoria. Sono presente nel social network Facebook dal 2007, sono dodici anni. Ogni anno, quattro volte all’anno, trimestralmente, vengo bloccato per un mese, in pratica sono presente al 75%. Le ragioni sono le più disparate e le più risibili, recentemente (2019) per aver ricordato (2017) che Puškin era negro (mi rifiuto di definirlo, in italiano o in russo, colorato o abbronzato) e per aver condiviso (2015) un articolo di una rispettabilissima e storica testata sovietica e russa (Izvestija) in cui si stigmatizzava il blocco di numerose testate, funzionari dello Stato, giornalisti, esponenti politici di primo piano, ministri che parlassero di Ucraina.

La redazione "russofona" (???)
di Facebook a Dublino

Di tutto questo ho scritto innumerevoli volte nel mio blog principale, http://markbernardini.blogspot.com, e ho poi trovato molte persone che hanno condiviso i miei articoli di denuncia in Facebook. Difficile imbavagliarmi. Evidentemente, lo hanno capito anche i fascistelli delle redazioni italiana e russa di Fasciolibro (giova specificare che entrambe si trovano a Dublino per pagare meno tasse). Hanno quindi ora inventato un nuovo escamotage: non è più possibile condividere alcunché dal mio blog, perché… sarebbe una fonte di spam. Con effetto retroattivo: sono anche sparite tutte le condivisioni di questi anni, come se non fosse mai esistito. Naturalmente, è facile dimostrare che non c’è mai stato alcuno spam, può verificarlo chiunque vada anche adesso nel blog in questione. Ma non è questo il punto.

Il fatto è che anche questa vessazione è poco efficace. Ho altri 5-6 blog, continuerò a pubblicare e condividere in Facebook. Il giorno che dovessero bloccarli tutti, ne aprirei ulteriormente altri, all’infinito. Cosa possono farmi ancora? Glielo suggerisco io, anche se non potranno procurarmi che il fastidio di una puntura di zanzara.

Possono cancellare definitivamente il mio account. Beh, ne aprirei altri sempre all’infinito, ed anche bloccare il mio indirizzo principale di posta elettronica ed il mio cellulare non raggiungerebbe il risultato sperato, giacché ho svariati indirizzi e SIM card. Questo comporterebbe comunque la scomparsa di varie mie pagine e gruppi (uno per tutti, “Italiani di Russia”, esistente dal 2008, con oltre 7.000 iscritti). Solo che sono presente in molti altri social network, per esempio “V Kontakte” (http://vk.com) e “Odnoklassniki” (http://ok.ru), ma non sono gli unici, ed in essi ho già creato le “repliche” dei miei gruppi più importanti in Facebook.

Allora potrebbero bloccare il mio IP. Neanche questo risolverebbe il problema della mia fastidiosa presenza: oltre al Wi-Fi in casa, ho quello del cellulare, e dopo quello basta uscire di casa, Mosca ha il Wi-Fi gratuito in tutto il territorio urbano e sui mezzi pubblici sotterranei e di superficie, poi ci sono tutti i locali, non ce n’è uno che non lo abbia. Finalmente, per mestiere viaggio molto, non sempre mi collego da Mosca e non sempre dalla Russia.

Chiedo quindi a questi smanettoni peticellosi (potrebbero essere miei figli, il dio in cui non credo me ne scampi!) di riservare le loro attenzioni ad obiettivi più nobili, più degni di tale invidiabile costanza, per giustificare i loro stipendi.

domenica 1 settembre 2019

Ban ucraino

Nel 2015, tra Fasciolibro ed il suo settore russofono è sorto uno scandalo: hanno iniziato a bannare chiunque utilizzasse la parola “chochol”, non solo gli utenti comuni, ma noti blogger, giornalisti, politici, funzionari dello Stato. Al punto che se ne interessò addirittura il Roskomnadzor (il Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa), per tutta risposta hanno bannato pure loro. Che vuol dire “chochol”? Etimologicamente, dovrebbe derivare da una cresta, un ciuffo di capelli, che ricorda quello in voga tra gli oriundi della regione di Zaporož’e e tra i cosacchi ucraini, cioè una lunga ciocca di capelli sul cranio rasato. Ecco cosa ci dice il dizionario russo-italiano del 1917.

Tutto questo risale a quattro anni fa. Il 1 luglio 2015, nel gruppo “Italiani di Russia” (che ho fondato nel 2008 e che conta ormai 7.000 iscritti), ho condiviso anch’io un articolo da un media rispettabilissimo: “Izvestija”. Il 28 agosto 2019, cioè 1.519 giorni dopo, sono stato bannato proprio per quella mia condivisione, per “incitamento all’odio”.

Bisogna specificare che in 12 anni di mia partecipazione a questo social network vengo bannato trimestralmente con una costanza invidiabile, degna di ben più nobili scopi, ogni volta per un mese. La penultima volta perché ho menzionato il fatto che Puškin era negro. Cosa dovevo dire, che era colorato? O abbronzato? Queste ipocrisie lasciamole alla lingua inglese, o meglio al Regno Unito e agli Stati Uniti, non pontificate su altre lingue, non sta certo a voi dalla California modificarle.

Ma rivolgiamoci proprio a Puškin. Ecco cosa scriveva nel 1830 nella poesia “La mia genealogia”:

Mio nonno non vendeva crêpes,
Non lucidava gli stivali dello zar,
Non cantava con gli scrivani di corte,
Non saltava nei principi dai chochol…

Il riferimento è a tale Bezborodko, figlio di uno scrivano generale ucraino (della piccola Russia), elevato da Caterina II, che prima gli ha conferito il titolo di conte, e poi addirittura di “chiarissimo principe”.

Che facciamo, vogliamo bannare Puškin?

Perché proprio ora? Non lo so. Forse perché dall’ultima sospensione sono già passati ben due mesi e mezzo. O forse per tenermi sotto pressione. Non è questo il punto.

La volta scorsa non ho potuto commentare le elezioni al Parlamento Europeo, ora non posso rendere partecipi i miei lettori delle mie riflessioni circa il nuovo governo italiano, o forse le elezioni anticipate, la Brexit, le manifestazioni di protesta a Mosca.

Invece, mi tocca occuparmi di un manipolo di ragazzotti seguaci di Stepan Bandera, investiti di un potere smisurato, e loro ne godono. Sospetto che provino addirittura un piacere sessuale. Perché dico che sono fascistelli seguaci di Bandera? Beh, date un’occhiata voi stessi quale sia l’aspetto della squadra russofona di Fasciolibro, di stanza a Dublino.

Per oggi è tutto, ci sentiamo a fine settembre, forse.