Se cliccate su questa immagine, ci trovate la storia di mio nonno. La storia della mia famiglia, la trovate qui; la mia, qui. In quegli anni, mi cucivo da solo sull'occhiello di una giacca sempre troppo grande (dismessa da qualche parente, non da mio padre, che, maniacalmente, si infilava a forza quelle dismesse da me) una coccarda rossa, sempre la stessa. Ero orgoglioso di scendere di casa e sentirmi addosso gli occhi stupiti della portiera, dei vicini, del barista. Ero orgoglioso di arrivare in Piazza San Giovanni e vedere gli sguardi stizziti dei "coccardari", quelli che vendevano le coccarde con uno spillo ("usa e getta", si direbbe oggi) a 100 lire. Soprattutto, ero orgoglioso di passare dal mio quartiere fascista di Piazza Tuscolo, attraversando le mura Aureliane, costeggiando largo Brindisi, dove prima che nascessi c'era l'osteria comunista di mio nonno, alla Piazza rossa di bandiere di San Giovanni, che vedevo già dalle finestre di casa, mentre riecheggiavano a tutto volume l'Inno dei lavoratori, l'Internazionale, Bandiera rossa e Bella ciao, e di ritornare a conclusione della manifestazione. Per un giorno, quel giorno, nessuno poteva osare di dirmi qualcosa. La sera tardi, ormai 2 maggio, tagliavo accuratamente i fili e riponevo con affetto la mia coccarda in un cassetto.
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