di Mark Bernardini
L'orizzonte è l'"approdo finale" al Partito europeo, "siamo centrali nella coalizione", l'ambizione è quella di "essere trainanti nella coalizione". Il segretario interviene in apertura dell'assemblea nazionale e traccia le linee guida per il suo Partito. E avverte: è ora di mettersi in discussione per fare uscire il Partito da un porto, anche confortevole, e farlo navigare in mare aperto". Né risparmia considerazioni sull'attuale governo: "Quando cadrà, e cadrà, anche se non si sa quando, lo farà non perché la parte radicale toglierà il suo appoggio. La crisi è al centro, il punto di frattura è proprio quello. Il tallone d'Achille è al centro".
Un intervento lungo e articolato che raccoglie il "netto dissenso" di un collega di partito - che tuttavia rimanda all'indomani altre considerazioni - e che affronta anche un tema imprevisto, il destino del quotidiano di Partito, che spiazza più di un osservatore: "Lo voglio dire con chiarezza: il giornale, così com'è, non ha più ragione di esistere. Se voi sapeste quanti soldi costa al Partito, pensereste come me che questi soldi sarebbe meglio spenderli in modo diverso".
In quanto alle sorti del partito, il segretario ribadisce che l'obiettivo "non è presidiare un'area né perimetrare il nostro consenso", invita l'assemblea a non pensarsi come "in un recinto obbligato", e spiega come l'identità del Partito possa confluire all'interno della coalizione europea, che "non è un'internazionale" e quindi "un movimento politico come il nostro, capace di parlare a larghi strati di società" ha "tutte le carte in regola per farvi parte".
Tutto questo, precisa il segretario, compreso il superamento "della contrapposizione con il centro" non significa "perdita dell'identità", al contrario ne rappresenta "un rafforzamento", significa che l'identità non è un fatto museale" e che si confronta con l'evoluzione della società.
Il segretario si interroga sulla "forma del partito", oggi che "le correnti sono un fatto superato, una stagione trascorsa", e chiede maggiore consapevolezza dell'impegno "in un progetto più ambizioso di quello che abbiamo onorevolmente rappresentato fin qui". L'identità, dunque - tema "centrale" ma che non può essere "liquidato con i soliti dogmi" - va collocata "non solo in un contesto nazionale, ma europeo; per questo l'approdo al Partito Europeo è inevitabilmente il punto terminale del progetto".
Il leader del Partito sa bene "che abbiamo il culto della buona memoria, ma questo dev'essere una linfa per aumentare il consenso fuori da noi. Dipende dal nostro comportamento evitare il rischio di perdere la nostra identità, perché l'approdo europeo non è il primo passo ma l'ultimo di un percorso che deve essere partecipato. Oggi non ci possiamo più fermare - conclude - abbiamo indicato una via".
E se qualcuno esprime il prorpio dissenso netto sui contenuti complessivi della relazione, si schiera al fianco del suo segretario per la parte che riguarda il giornale. "E' l'unico passaggio della relazione che ho applaudito" dichiara, e ne approfitta per fare riferimento a alcuni malumori che ruotano intorno del partito, secondo cui "se il quotidiano serve solo per censurarci, tanto vale chiuderlo".
"Guai a rinunciare a una presenza", intima un altro, che ricorda di essere entrato al quotidiano "come abusivo" e di esserne uscito "da direttore". Qualcosa "bisogna fare - aggiunge - per migliorare la nostra comunicazione, comunque è giusto discutere su tutto, anche sul giornale". Nessun dubbio sulla necessità "di rendere più efficace l'azione di uno strumento che è stato e sarà utile, ma che ha bisogno di una profonda revisione" per un altro dirigente, mentre un ex ministro precisa: "Quello del segretario è stato un invito alla trasformazione, non certo alla chiusura, che nessuno vuole".
"Parole nette sulla necessità di ammodernare" il giornale: così il direttore del quotidiano giudica le affermazioni del segretario. "Nessuno vuole chiudere il giornale - sostiene - il problema è la modernizzazione". E' una situazione di difficoltà "nota da tempo e su cui si è aperto il dibattito - aggiunge - già in luglio abbiamo lanciato un appello a governo e Parlamento contro i tagli di fondi. La manovra economica colpisce tutte le aziende, tra cui noi. C'è preoccupazione in tutti i giornali di partito, ed il segretario non ha fatto che esplicitarla".
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1990? 1993? 1998? Occhetto? D'Alema? Veltroni? Fassino? Bertinotti? No: 2006, Gianfranco Fini...
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