di Mark Bernardini
Molti mi accusano di essere russofilo. Diciamo che per molti, per essere considerati tali, è sufficiente non essere russofobi.
Putin
Tutti ricordano certe battute di Putin sulla circoncisione, sull’affogare i terroristi nel cesso, e via sproloquiando. E devo dire che in buona sostanza sono d’accordo con lui. Solo che io di mestiere non faccio il Presidente, e dunque posso permettermi di fare battute sopra le righe. Lui no.
Ieri Putin ha detto un’altra delle sue bischerate. Leggo nei massmedia italiani, a proposito dell’incriminazione del Presidente israeliano Katsav per abusi sessuali, che Putin si sarebbe complimentato: “Katsav sì che è uomo, ha violentato 10 donne”. Trasformato immediatamente in “Putin loda Katsav: ha stuprato”.
Adesso vediamo come stanno realmente le cose. Katsav è accusato di avere violentato due donne e di averne molestate svariate altre approfittando della propria carica istituzionale. Se fosse vero, sarebbe disdicevole, per non dire grave, gravissimo. Io però faccio parte ancora di quella razza in via di estinzione per i quali ciascuno è innocente finché non ne sia stata dimostrata la colpa. Tra poco ci proteggerà il WWF. Altrimenti, dico che Berlusconi tocca il culo alle vecchiette e ruba i portafogli, e dirlo dovrebbe essere sufficiente per metterlo in galera. Oddio, per quanto, l’ultima accusa…
Ho dovuto documentarmi, per parlare con cognizione di causa, spulciare i vari giornali russi ed italiani disponibili in internet, sacrificare del tempo che avrei potuto dedicare al lavoro e alla famiglia. Ho l’impressione che spesso – troppo spesso – così non facciano chi della penna ha fatto un mestiere. E’ qui la differenza tra un giornalista ed un pennivendolo. Per quanto riguarda Katsav, solo sul Corriere della Sera, con cui di solito non sono certo tenero, ho trovato notizie e riflessioni degne di tale nome. Il pensiero corre istintivamente a Monica Lewinsky: violentata anche lei? Per quanto però riguarda Putin, ho trovato la solita fuffa anche qui.
Proviamo a spiegarla così. Un vostro conoscente viene accusato di avere rubato, che so io, lo stemma in marmo dal portone della Banca d’Italia. Il vostro conoscente ha anche perso l’uso delle gambe in un incidente. Interrogati in merito, rispondete: “Complimenti! Se è per questo, è stato anche l’esecutore materiale della strage di via Fani, nel 1978”. La battuta sarebbe decisamente infelice. Ma il giorno dopo, tutti i pennivendoli farebbero a gara (ovviamente, se voi foste degni di nota) a dire che voi siete tra i pochi brigatisti rossi ancora in libertà.
Tornatore
Saltiamo di palo in frasca. Anche Tornatore, che passa per essere non dico di sinistra, ma almeno progressista, sta preparando un film sui novecento giorni dell’assedio di Leningrado. Ha deciso di farlo, parole sue, perché Stalin ha fatto di tutto, riuscendovi per non parlarne mai. Infatti, dice, tutti confondono l’assedio di Leningrado con la battaglia di Stalingrado. Verissimo. Solo, ha dimenticato di aggiungere: in Occidente ed in particolare in Italia. Stalin, dunque, c’entra poco e niente. Ma è uno stereotipo ormai affermato, e spero (vanamente) nessuno mi accusi con ciò di essere uno stalinista. In Russia, e ancor prima in Unione Sovietica, l’assedio di Leningrado, con la settima sinfonia di Šostakovič, eseguita il 29 marzo 1942 con i pochi orchestranti rimasti in vita e trasmessa su tutto il territorio nazionale, fino allo stretto di Bering, era e resta uno dei momenti più nobili di coesione popolare. Chiunque abbia visitato questo Paese, italiani compresi, ha potuto rendersene conto.
Stereotipi
Perché ho voluto chiamare in questo modo queste mie brevi riflessioni? La “cultura” (le virgolette sono d’obbligo) statunitense, come un cancro, ha pervaso la parte occidentale del vecchio continente. Così, gli italiani sono tutti bassi, di carnagione olivastra, bruni, con la barba che gli cresce fino agli zigomi, mangiano esclusivamente pizza e pastasciutta, suonano il mandolino e cantano “O sole mio”. I russi sono tutti perennemente ubriachi di vodka, d’estate ci sono almeno venti gradi sotto zero, per le strade di Mosca girano indisturbati gli orsi polari, ogni nemico politico finisce in mano al KGB (che, per inciso, non esiste da quindici anni, come in Italia non esiste né l’OVRA, né il SIFAR) e poi nei gulag siberiani, ogni altro nemico personale finisce ammazzato per strada. Stereotipi, appunto: pressappochismo, superficialità.
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