lunedì 20 novembre 2006

Anna Politkovskaja 3

di Mark Bernardini

La Pravda, per sfatare tanti ennesimi luoghi comuni occidentali, italiani e sinistrorsi, non è (non è più da quindici anni) l'organo ufficiale del PCUS. L'organo ufficiale del PCFRAnzi: di Pravde (nel senso di Verità) ce ne sono almeno due. Una è l'organo ufficiale del Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR, quello di Zjuganov, per intenderci). L'altro, è un giornale di sinistra non legato ad alcun Partito. In entrambi lavorano molti (ma non solo) redattori della Pravda sovietica. Per dirla con parole loro: [...] più del novanta per cento dei giornalisti che sino al momento del tentato golpe dell'agosto 1991 lavoravano per la "Pravda", ha lasciato la redazione. Hanno fondato la loro "Pravda" la quale, sotto pressione delle istituzioni, è stata costretta piuttosto in fretta a chiudere i battenti. I collaboratori della "Pravda" sono stati così costretti a passare al mondo virtuale: nel gennaio 1999 ha iniziato la propria attività il primo giornale-Internet in Russia, la "PRAVDA On-line". Pravda on-lineRiteniamo che oggigiorno abbiano lo stesso diritto morale di proseguire la storia della testata chiusa su ordine del presidente della Russia nell'agosto del 1991, sia il giornale nuovamente registrato, che la "PRAVDA On-line". Tanto più che lo staff di ambe le edizioni è composto da un eguale numero di giornalisti che lavoravano per la "Pravda" prima che essa venne chiusa. Nonostante il fatto che i giornalisti di ambe le testate continuino a mantenere contatti reciproci, la concezione relativa al modo di informare in merito agli avvenimenti sia livello nazionale che mondiale è totalmente diversa. Il giornale "Pravda" li analizza da un punto di vista di interessi di partito, mentre "PRAVDA On-line" parte da un approccio “pro-russo” nella formazione della propria politica. Diciamoci la verità, in questo modo il mondo diventa meno monotono.

Con questa lunga ma doverosa premessa, vi riporto quanto pubblicato dalla versione italiana della Pravda il 15 novembre:

Sono passati esattamente 41 giorni dall'assassinio della giornalista Anna Politkovskaja e i suoi assassini sono ancora in libertà. Ma per quanto increscioso possa sembrare di primo acchitto, va detto che il ritratto postumo della giornalista uccisa disegnato a tinte dorate pare sia assai lontano dalla verità dei fatti, cosa confermata dalla misteriose circostanze che hanno permesso alla giornalista uccisa di ottenere a suo tempo la cittadinanza americana.

Come è comunemente noto, secondo la legislazione americana attualmente in vigore, qualsiasi bambino venuto alla luce sul territorio degli Stati Uniti, anche se in una famiglia di immigrati illegali, ottiene automaticamente la cittadinanza americana. Ma Anna Mazela (vero cognome di nascita della Politkovskaja) nacque in una famiglia di diplomatici sovietici che all'epoca lavorava a New York, e tali diritti non sono previsti nei confronti di questa categoria di bambini nati sul territorio americano.

Per questo motivo, il fatto di essere venuta al mondo sul territorio degli Stati Uniti non dava alla Politkovskaja nessun diritto di ottenere la cittadinanza americana, cosa che però in qualche modo ottenne ugualmente nel 1990, quando non era altro che una sconosciuta giornalista di una rivista settoriale a bassa tiratura chiamata "Trasporto aereo".

In che modo e in quali circostanze sia riuscita ad ottenere la cittadinanza, quali servizi possa aver reso al governo degli Stati Uniti e quali obblighi abbia preso nei confronti della propria persona, tutto questo resta ancora un mistero, sebbene, però, alcuni di essi possono essere stabiliti basandosi su informazioni ottenute da fonti prettamente americane.

Prendiamo ad esempio il giuramento di fedeltà nei confronti degli Stati Uniti che ogni persona che acquista la cittadinanza americana è tenuto a prestare. Ecco lo storico testo scritto ancor dai Padri fondatori degli Stati Uniti d'America, l'originale del quale viene tuttora conservato nella biblioteca del Congresso: "Giuro solennemente, di mia spontanea volontà e senza alcuna esitazione di rifiutare la fedeltà nei confronti di qualsiasi altro stato. Da questo giorno la mia dedizione e la mia fedeltà sono indirizzate nei confronti degli Stati Uniti d'America. Mi impegno a sostenere, rispettare ed essere fedele agli Stati Uniti e alla loro Costituzione e legislazione. Mi impegno altresì a forma di legge a difendere la Costituzione e la legislazione degli Stati Uniti contro tutti i nemici, interni ed esterni, sia in servizio civile che militare. Lo giuro solennemente nel nome di Dio".

In questo modo, il giuramento di fedeltà nei confronti degli Stati Uniti comporta il rifiuto di fedeltà nei confronti di un secondo Paese, nel caso specifico della Politkovskaja, nei confronti della Russia, tanto più che negli Stati Uniti la cerimonia di giuramento per ottenere la cittadinanza avviene effettivamente in maniera assai solenne e viene considerata un momento serissimo nella vita di tutti coloro che prendono tale decisione.

Ma a proposito del modo in cui Anna Politkovskaja abbia ripudiato sia la Russia che la cittadinanza russa, la storia al momento tace. Tuttavia è lecito pensare che l'abbia fatto in maniera pienamente convincente, altrimenti la cittadinanza americana non l'avrebbe ottenuta. E a questo proposito è indispensabile sottolineare il fatto che la legislazione americana non si limita solo a non prevedere la doppia cittadinanza ma addirittura la proibisce.

Che poi tali leggi non vengano praticamente applicate e che il secondo passaporto venga considerato semplicemente un ammasso di foglietti inutili è un altro discorso. In ogni caso sarà meglio comportarsi in maniera assai accorta dal momento che si deve essere fedeli all'America e solamente all'America.

Nel caso in cui le autorità americane sospettino o di infedeltà o del fatto che un qualsiasi neocittadino abbia mentito nel momento in cui prestava fedeltà alla sua nuova patria, questo può costare al neocittadino in questione la privazione della cittadinanza americana. Per cui i "nuovi americani" faranno bene a comportarsi in maniera assai accorta, dimostrando dedizione e fedeltà nei confronti del tipo di vita, della Costituzione e della bandiera a stella e strisce americane.

Sulla base di quanto detto finora, l'intensa attività di Anna Politkovskaja sul territorio della Federazione Russa assume una sfumatura un attimo inattesa. Si tratta quindi di una cittadina americana che a suo tempo ha rinnegato di sua spontanea volontà la cittadinanza russa e che lavorava in Russia grazie al sostentamento di stati stranieri in una regione infiammata dal separatismo. E non è da escludere il fatto che lo facesse negli interessi degli Stati Uniti, trovandosi, come recita il giuramento di fedeltà, in "servizio civile".

Di conseguenza sorgono spontanee alcune domande per niente prive di logica da porre rispettivamente al ministero degli Esteri, al ministero della Difesa nonché ai Servizi di sicurezza della Federazione Russa: in che modo questa giornalista straniera si spostava liberamente lungo il territorio della Federazione Russa sino alla zona teatro dei combattimenti incontrandosi per giunta con i rappresentanti delle forze separatiste? Ed in che modo viene regolata per legge la presenza di cittadini stranieri nelle zone definite a stato di emergenza? Perché gli americani in Iraq sin dall'inizio delle ostilita' belliche hanno rigidamente limitato la presenza di giornalisti fra le truppe, mentre in Cecenia si poteva recare chiunque lo desiderasse? Ed infine l'ultima domanda, probabilmente la più importante: qualche funzionario del ministero degli Esteri russo ha mai per caso letto il testo del giuramento che dà diritto ad ottenere la cittadinanza americana? E se per caso l'ha letto non ha forse capito che tutti i cittadini russi in possesso della doppia cittadinanza americana, a loro tempo hanno ufficialmente ripudiato quella russa?

A questo di mio posso aggiungere solo un'esperienza personale. Sono cittadino italiano dalla nascita, ovvero dal 1962. Sono stato cittadino sovietico sempre dal 1962 al 1978: a sedici anni, quando in URSS veniva consegnato ufficialmente il passaporto, io ero a fare cortei con la FGCI a Roma. Ho riacquisito la cittadinanza, ormai russa, solo nel 1996, trentaquattrenne, sicuro di essere ormai militesente (farlo due volte, no grazie).

La legge italiana manco menziona l'eventualità della doppia cittadinanza. In uno Stato di diritto, quale dovrebbe essere l'Italia, ciò che non è espressamente proibito è automaticamente e tacitamente lecito. La Russia, invece, non si è limitata ad una legge qualsiasi, lo ha affermato nell'art. 62 della Costituzione: [...] Il cittadino della Federazione Russa può essere cittadino di altro Stato [...].

Nessuno, a parte la naja, in Italia o in Russia, si è mai sognato di pretendere da me ipocriti giuramenti di fedeltà, né tantomeno di ripudiare Paesi terzi. Perché, giova ricordarlo, la democrazia non è nata in un saloon tra un whisky ed una sfida all'OK Corral, né sui galeoni che trasportavano pezzi di formidabili delinquenti con cui espropriare nel sangue i legittimi abitanti di un continente cosiddetto nuovo.

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