Siccome i media occidentali ne dicono di tutti i colori, salvo non dirne una vera, vi presento due articoli (il primo tradotto da me) dalla Pravda. Potete anche non credergli, ma almeno potete ascoltare una voce fuori dal coro...
Delitto rituale N°2
24.11.2006 Fonte: Pravda.Ru URL: http://www.pravda.ru/politics/authority/205115-0
Mentre in Occidente sputano bava sul tema famigerato della "mano del Cremlino" nella morte di Litvinenko, tenente colonello dell'FSB (servizio federale di sicurezza, ex KGB, il corrispettivo del SISMI italiano, prima, in ordine decrescente di tempo, SID 1965-1977, SIFAR 1949-1965, SIM 1927-1943, Ufficio I 1900-1927), sfuggito alle indagini, dandone la colpa personalmente al presidente Putin, le edizioni della stampa britannica degna di tale nome delineano un quadro completamente diverso: la questione non è così univoca, come tentano di descriverla gli abitanti evasi della "Mosca sul Tamigi".
Intanto, il decesso di Aleksandr Litvinenko sul letto d'ospedale non fa onore alla medicina britannica, che, da quando questo malato il 1° novembre si è rivolto ad essa, non è riuscita ad individuare né le cause dell'avvelenamento, né l'avvelenamento stesso. La malattia è stata circondata via via da nuovi attributi di cospirazione, a partire dalla protezione armata presso la corsia d'ospedale e fino alle affermazioni di avvelenamento ora semplicemente con tallio, altamente tossico, ora col suo isotopo radioattivo, e finalmente con un composto di vari veleni... Alla fine i medici britannici hanno fatto una dichiarazione che i massmedia russi cosiddetti liberali hanno preferito ignorare, non rientrando nel tema prediletto dell'intelligence di sangue.
Frattanto, lo stato di salute misterioso del grave malato assomigliava sempre più alla sintomatologia di un cancro al quarto, ultimo, stadio. E' diventata chiara anche la causa della repentina caduta dei capelli del paziente. E' risultato che sia stato sottoposto ad un'intensa chemioterapia, per la quale Litvinenko si è sentito ancora peggio. Non occorreva essere dei luminari della medicina per capire un'ovvietà: negli avvelenamenti non si usa la chemioterapia.
Ma ecco una citazione letterale odierna da un autorevole giornale londinese, non scandalistico: "Secondo quanto appreso dai corrispondenti del Guardian, ieri mattina la polizia ha preso in considerazione l'ipotesi dell'autoavvelenamento. Immediatamente prima della morte di Litvinenko Scotland Yard ha dichiarato che non c'è alcuna "indagine su un eventuale attentato alla vita. In ultima analisi, gli altolocati pubblici ufficiali di polizia dubitano che quest'ultimo sia stato veramente vittima di un complotto del Cremlino".
Immediatamente prima vuol dire la sera del 23 novembre. La mattina seguente riscalda l'opinione pubblica con una notizia sensazionale buttata a brutto muso: di lì a poco, ecco che il morto ha dettato lui stesso come stanno le cose, aspettate un attimo che lo rendiamo di dominio pubblico. Pareva che nel frattempo la missiva dal letto di morte venisse "limata". "Lei è riuscito a tapparmi la bocca, ma a caro prezzo. Si è mostrato da barbaro impietoso quale è e quale la ritengono i suoi oppositori. Si può far tacere una persona. Ma l'ondata di protesta si spanderà per tutto il mondo...". Non hanno avuto il coraggio nemmeno di muovere le loro accuse o esprimere i propri sospetti in prima persona: si sono coperti con un morto, da cui nessuno pretenderà più alcunché.
Il Guardian londinese si è preso la briga di verificare da dove sia partita l'ampia campagna, durante la quale più volte si è supposto che Litvinenko sia stato vittima di un attentato del Cremlino. I giornalisti hanno individuato un'unica fonte, semplicemente perché non ce n'erano altre. Il "piazzamento" è stato effettuato da una delle agenzie di pubbliche relazioni di Londra, a capo della quale c'è lord Tim Bell, già consulente per i rapporti col pubblico di lady Thatcher. La medesima agenzia ha diffuso la fotografia di Litvinenko calvo in letto d'ospedale ai più grandi massmedia mondiali. Come è facile intuire, il proprietario unico dell'ufficio pi-erre di lord Bell è, manco a farlo apposta, Boris Berezovskij.
In seguito si è chiarito che era unica anche la versione dell'avvelenamento di Litvinenko con i sali di metalli pesanti. Un certo dipendente del lord ha contattato il professor John Henry, il maggior tossicologo britannico. Proprio quest'ultimo ha espresso giusto una supposizione, ossia che la causa del malanno di Litvinenko potrebbe essere da ricercare nel tallio o nei suoi isotopi. Ma gli organizzatori di questa provocazione sono stati traditi dalla solita fretta e scarsa attenzione per i particolari di Berezovskij. Il fatto è che mister Henry non si è occupato delle cure di Litvinenko, e quando le sue dichiarazioni sono finite nei massmedia non poteva conoscere i risultati delle analisi di laboratorio: non erano ancora pronte. Questo è quanto è stato raccontato sempre al "Guardian" dai medici dell'ospedale. E' lecito supporre che tra gli esculapi ci sia stato un gentlemen's face-to-face meeting. Il professor Henry non è più disponibile per un qualche commento: ieri il luminare ha dichiarato che se ne lava le mani, poiché si è "già scottato una volta".
Insomma, non ci sono ragioni oggettive per parlare di un omicidio implicitamente politico con risonanza indotta, il secondo dopo la tragica fine di Anna Politkovskaja, osservatrice della "Novaja Gazeta". Allora diciamo che è stata la seconda morte di quest'autunno di un ex cittadino russo particolarmente contrario all'ordine costituito della Russia. Eppure, ci sono alcune considerazioni comuni a questi tristi avvenimenti.
Primo: entrambi i tragici personaggi erano vicini a Boris Berezovskij, forse anche troppo.
Secondo: entrambe le vittime accusavano l'entourage del presidente russo in modo aspro, senza compromessi, ma senza alcuna prova, e Berezovskij non poteva non notare che la loro efficacia andava riducendosi. Se Anna, trovandosi in Russia, almeno risultava ancora essere una punta di diamante, il funzionario dei servizi segreti aveva ormai ben poco dell'esperto, dopo sei anni di emigrazione. Non risultando più utili, questi emissari dell'influenza che fu si stavano gradualmente trasformando in fonte di pericolo, sapendo molto delle bravate del loro patron.
Intervenendo a Londra durante uno dei dibattiti sull'assassinio di Anna Politkovskaja, Litvinenko ha raccontato che il presidente russo trasmetteva le sue minacce allla giornalista tramite Irina Chakamada (ex dirigente dell'Unione delle Forze di Destra).
Quando l'ha saputo, la Chakamada si è indignata ed ha dichiarato che un delirio dalla prima all'ultima parola, poiché l'ex candidata alla Presidenza della Federazione Russa non mette piede al Cremlino da tre anni. Ha supposto che la vogliano volutamente far litigare con i "democratici": tipo, è corrotta dal Cremlino. Non ha voluto commentare la morte dell'ex ufficiale dell'FSB:
- Non so cosa combinano a Londra. E' una storia talmente torbida che non ci si può capire nulla.
Terzo: bisogna ricordare le confessioni di Berezovskij rese pubbliche dal conduttore televisivo Vladimir Solov'ëv, nelle quali dichiarava l'utilità di un assassinio "rituale" di un qualche personaggio noto, per dare uno scossone a Mosca, di modo che una folla di centomila persone spazzi via l'odioso regime di Putin... Con la Politkovskaja non è successo. Cilecca?
Ed ora, in simultanea con la prima londinese di James Bond, la prima dello "scandalo dei veleni" nel cuore della democrazia occidentale. Con consegna a domicilio, di modo che questi pigri borghesi possano percepire il tutto a livello epidermico.
Spiace ricordare Confucio con le sue stanze ed i suoi gatti neri, ma i fatti sono fatti. Non esiste un referto medico del defunto Litvinenko che parli di avvelenamento. In vita, non ha proferito parola, oralmente, tutto è interpretato da altri, comprese le dichiarazioni in punto di morte. I suoi interpreti non meritano fiducia, per definizione: basta ricordare l'omicidio di Vlad List'ev, socio di Berezovskij quando ancora era in auge a Mosca, o l'avvelenamento a Kiev di Ivan Rybkin. Viktor Juščenko ha avuto più fortuna, ma i segni del veleno sono rimasti per tutta la vita, come se dei demoni avessero tritato dei piselli sulla sua faccia... Insomma, trovarsi Berezovskij come protettore è una prospettiva piuttosto pericolosa per la propria incolumità.
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Omicidio Litvinenko: la stampa russa assolve Putin
26.11.2006 Source: Pravda.ru URL: http://italia.pravda.ru/russia/3870-0
"Non intendo commentare ora la morte di Aleksander Litvinenko, parlerò la settimana prossima": al telefono con il quotidiano russo 'Komsomolskaja Pravda' il magnate in esilio Boris Berezovskij, amico dell'ex colonnello del Kgb morto avvelenato a Londra, è categorico.
Molti quotidiani moscoviti però suggeriscono che sarebbe lui il più avvantaggiato dalla morte di un collaboratore divenuto peraltro inutile e forse scomodo, mentre il presidente Vladimir Putin, che la stessa vittima ha accusato come mandante dell'omicidio, viene assolto dalla maggioranza dei commentatori.
Fa presa sulle pagine dei giornali russi la dichiarazione fatta ieri dal consigliere presidenziale per gli affari europei Sergej Jastržembskij, secondo il quale "ci sono coincidenze inquietanti fra le morti di persone che criticavano il potere in Russia e gli avvenimenti internazionali ai quali Putin è invitato a partecipare.
L'impressione è che ci si trovi davanti a una campagna bene orchestrata, o a un piano per screditare Mosca e la sua leadership". Jastržembskij ha ricordato l'uccisione il 7 ottobre della giornalista Anna Politkovskaja, proprio il giorno del compleanno del leader del Cremlino e alla vigilia di un suo importante viaggio in Germania; la morte dell'immigrato illegale Tengiz Togonidze, che era fra i deportati della 'guerra fredda' con Tbilisi, mentre il presidente era in partenza per il vertice informale dell'Ue a Lahti, in Findlandia; il drammatico decesso di Litvinenko in coincidenza con un cruciale incontro sull'energia fra Putin e l'Unione europea.
La tesi è sposata in pieno da 'Komsomolskaja Pravda', e ulteriormente elaborata dal giornale del governo 'Rossijskaja Gazeta', che analizza l'eterna domanda del 'cui prodest'. Arrivando alla conclusione che quella morte ruota comunque attorno a Berezovskij, o perché ne è il maggiore beneficiario - avalla le sue critiche alla deriva autoritaria e passatista del Cremlino - o perché alcuni gruppi criminali hanno voluto vendicarsi del tycoon. Per Nikolaj Kovalëv, ex capo dell'FSB (i servizi segreti russi) interpellato da Kommersant, "c'è la calligrafia di Berezovskij" nel delitto: "Sono certo che nessun servizio di intelligence abbia a che vedere con questa vicenda. E' opera di nemici personali del presidente russo, per metterlo sotto scacco".
Il giornale interpella anche altri personaggi di opinione ben diversa: da Andrej Kozyrev, ministro degli esteri all'epoca di Boris El'cin, che chiede a Jastržembskij di "rivelare cosa sa del presunto complotto"; all'attivista Aleksandr Osovcov, del Fronte civile unito, per il quale il mandante è "Putin e nessun altro"; alla deputata liberale Irina Chakamada, che vede "due possibili regie: una che vuole sostenere Putin, una che vuole abbatterlo".
Quest'ultima tesi è fatta propria da un esperto straniero consultato dal quotidiano, l'ex capo del consiglio per lo spionaggio della CIA americana Fritz Hermart: "potrebbe trattarsi di una lotta interna fra vari gruppi del Cremlino, gli uni pronti allo scontro con l'Occidente, gli altri propensi alla mediazione".
L'analista statunitense identifica i 'falchi' nell'entourage di Igor' Sečin, vicecapo dell'amministrazione presidenziale. Vladimir Ryžkov, deputato liberale indipendente, lega l'uccisione di Litvinenko a quella della Politkovskaja, affermando che dietro "c'è la stessa mano".
Evgenij Jašin, ex ministro dell'economia del periodo el'ciniano, liquida la tesi del complotto contro il Cremlino con una secca battuta: "Non c'è alcun bisogno di screditare la leadership russa, lo fa già per conto suo". Infine, c'è una minoranza che parla di servizi deviati: radio "Eco di Mosca" non esclude la possibilità che dietro alla morte dell'ex colonnello del KGB vi siano semplicemente gli antichi colleghi adirati contro il 'traditore', che avrebbero deciso di agire di propria iniziativa.
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