venerdì 1 dicembre 2006

Litvinenko 2

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietàda MoviSol

27 novembre 2006 – La storia secondo cui il presidente russo Vladimir Putin avrebbe “ordinato” l'assassinio di Aleksandr Litvinenko a Londra è talmente screditata che persino qualche giornale britannico, come il Daily Telegraph, si è cominciato a chiedere se il giornalista non sia stato “sacrificato” proprio per scatenare una campagna contro Putin.

I fatti salienti del caso:

1. I tempi: il caso Litvinenko è esploso subito dopo che Russia e Inghilterra hanno sottoscritto un trattato straordinario che renderà possibile l'estradizione dell'oligarca russo Boris Berezovskij e del leader dei ribelli ceceni Achmed Zakaev. La notizia della morte di Litvinenko è giunta il 23 novembre, nel momento in cui ad Helsinki si teneva il vertice Russia-UE con la partecipazione di Putin. Il caso non poteva ottenere maggiore risonanza.

2. Tutti gli amici di Litvinenko sono sulla busta paga di Berezovskij. Il suo vicino ed amico Zakaev lo ha portato all'ospedale all'apparire dei sintomi dell'avvelenamento. Ambedue vivono in abitazioni che avrebbero ottenuto da Berezovskij. All'ospedale Litvinenko ha ricevuto la visita di Andrej Nekrasov, il produttore cinematografico impegnato in un documentario sulla Russia insieme a David Satter dell'Hudson Institute. Le public relations di Litvinenko sono state svolte da lord Timothy Bell, anch'egli sulla busta paga di Berezovskij. In passato Bell si è occupato delle PR di Margaret Thatcher, quando questa era domiciliata a Downing Street, e di quelle di lord MacAlpine, quando questi ospitò diversi anni fa il capo dei ribelli ceceni.

3. Tutte le dichiarazioni e interviste rilasciate sul letto di morte da Litvinenko, in cui questi ha accusato Putin di averlo fatto avvelenare, sono state rilasciate ad Aleksandr Gol'dfarb, un russo che a New York dirige l'International Foundation for Civil Liberties di Berezovskij. Prima di ciò Gol'dfarb aveva lavorato in una delle tante fondazioni di George Soros.

4. Il ruolo più equivoco in tutta la vicenda è quello di Mario Scaramella, il quale avrebbe incontrato Litvinenko in un ristorante londinese ed avrebbe riferito a Scotland Yard di averlo informato di essere sulla stessa lista della giornalista russa Politkovskaja, recentemente assassinata, assieme naturalmente allo stesso Scaramella e Berezovskij. Una squadra dei servizi russi FSB sarebbe stata messa alle loro calcagna da Putin, ha riferito Scaramella a Scotland Yard. La RepubblicaScaramella ha riferito che le notizie provengono da Evgenij Limarëv, ex funzionario del FSB, che vive tra Parigi e Venezia. Ovviamente Limarëv ha prontamente negato le asserzioni di Scaramella in una intervista a La Repubblica.

5. Scaramella è parte di una struttura privata d'intelligence che vanta collegamenti con il vice presidente USA Dick Cheney. Egli lavora infatti per la Environmental Crime Prevention Program (ECPP) di Washington. Questa, secondo Limarëv, “nasce nel 1997 su accordi personali tra soggetti che, nei rispettivi paesi, hanno appoggi istituzionali in materia di intelligence militare, civile, ambientale”. Limarëv riferisce che Scamarella gli aveva detto che “possono contare sul team di Cheney alla Casa Bianca”. Attraverso l'ECPP Scaramella ha cercato di coinvolgere sia Limarëv che Litvinenko nel fabbricare dei dossier contro i politici contrari alla guerra in Italia, fatti arrivare alla Commissione d'indagine “Mitrochin” del Parlamento. Scaramella è consigliere di Paolo Guzzanti, presidente della Commissione.

6. Fonti del governo e mezzi d'informazione in Russia hanno indicato in Berezovskij il probabile mandante contro Litvinenko. “Se vi chiedete chi ha beneficiato maggiormente da tutto ciò la risposta può essere soltanto Berezovskij”, ha detto una fonte del Cremlino al Sunday Times il 26 novembre. Komsomolskaja Pravda ha scritto: “Questa morte è nell'interesse di coloro che vogliono rovinare i rapporti tra la Russia e l'occidente”.

7. Alla conferenza stampa che ha dato al termine dell'incontro di Helsinki, il presidente Putin ha fatto riferimento per la terza volta all'assassinio di Paul Khlebnikov (il genero del banchiere John Train molto vicino a Berezovskij). Ricordando l'assassinio della Politkovskaja, Putin ha detto: “Dobbiamo anche pensare ad altri assassinii di questo tipo. E' stato assassinato anche un altro giornalista, l'americano Paul Khlebnikov. L'indagine è stata aperta e il caso è stato portato di fronte alla giustizia. Purtroppo gli accusati sono stati liberati dalla giuria. La procura ha riaperto il caso. Ma non dobbiamo dimenticare i crimini politici in altri paesi europei”.

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l'UnitàAdesso «si è superato il limite». A differenza del quotidiano inglese The Sun che definiva «bizzarra» la notizia di un capo del governo italiano «spia della Russia», Prodi non le ha prese come uno scherzo le notizie delle indagini Mitrochin nei suoi confronti. Il Presidente del Consiglio, ieri, ha valutato per ore l´ipotesi di rivolgersi alla magistratura. Alla fine ha rotto gli indugi e ha dato incarico ai suoi legali perché procedano «contro gli autori di dichiarazioni e di atti lesivi» della sua «dignità di cittadino e di rappresentante delle istituzioni in relazione al cosiddetto caso Mitrokhin».

Il premier vuole «chiarezza». E chiede «che si vada fino in fondo» per capire le reali finalità del lavoro svolto dal presidente della Commissione bicamerale d´inchiesta, Paolo Guzzanti. Dal quale, tra l´altro, Prodi si considera diffamato anche per una lettera indirizzata a Bertinotti e Marini con la quale l´ex presidente della Commissione Mitrochin tornava sul sequestro Moro e sul covo Br di via Gradoli. Una querela a firma Prodi, quindi, dopo la pubblicazione sui quotidiani delle telefonate tra Guzzanti e Scaramella che tradivano l´intenzione di trascinare l´allora candidato premier dell´Unione dentro trame targate KGB. A Palazzo Chigi, ieri, quelle notizie non sono state prese sotto gamba. Prima Telekom Serbia, poi l´affare Telecom, quindi lo spionaggio preelettorale di finanzieri incuriositi dalla situazione patrimoniale della famiglia Prodi, Infine il caso Mitrochin - e il tentativo di coinvolgere anche il verde Pecoraro Scanio - che pone domande inquietanti perfino sui fondi di una commissione parlamentare stornati per indagare sul leader dell´opposizione.

«Sono molte le domande che ci poniamo in queste ore - spiega il portavoce di Prodi, Silvio Sircana - Per questo vogliamo costruire una risposta politica, e non solo, molto forte». Poi una frase che rimanda indirettamente alle conversazioni tra Guzzanti e Scaramella che facevano riferimento a un «capo» - che in quel momento (febbraio 2006) si trovava «in Sardegna» e al quale riportare «la notizia» di un Prodi coltivato dal KGB. «Siamo interessati a capire il contesto politico dentro il quale si è verificata una vicenda di questo genere», sottolinea Sircana. Insomma, Prodi «non vuole lasciar correre».

E la maggioranza scende in campo per chiedere che su Mitrochin si faccia chiarezza. «È insieme gravissimo e triste che nella passata legislatura ci sia stato il tentativo di costituire e utilizzare delle commissioni parlamentari di inchiesta con l'obiettivo di infangare i leader dell'opposizione - attacca Dario Franceschini, capogruppo dell´Ulivo a Montecitorio - Crediamo che da un lato la magistratura e dall'altro il Parlamento, devono fare chiarezza fino in fondo perché non resti nessun velo di dubbio su ciò che è accaduto nei passati cinque anni». Per il socialista Roberto Villetti, «l'esperienza delle commissioni Mitrochin e Telekom Serbia appare essere stata molto più improntata alla propaganda politica piuttosto che alla ricerca della verità».

«La vicenda Mitrochin conferma quel che il caso Telekom Serbia aveva fatto emergere - spiega Piero Fassino - è stata perseguita un'azione di denigrazione personale e di destabilizzazione istituzionale con cui si puntava a colpire e delegittimare il centrosinistra e i suoi principali esponenti politici». Per il segretario DS «non sono più tollerabili reticenze e ambiguità» ed «è tempo che si faccia chiarezza e si individuino le responsabilità politiche e personali di chi ha tentato di stravolgere la vita democratica del Paese».

Il verde Bonelli chiede «l'apertura immediata di un'indagine per fare chiarezza». Quello «che ci indigna», aggiunge,«è l'uso politico indecente fatto della commissione Mitrochin teso a screditare l'opposizione e a costruire un disegno destabilizzante del Paese. Paolo Guzzanti, intanto, rinvia «a data da concordare» la prevista audizione presso il Copaco, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Il pretesto? La dichiarazione di un componente l'organismo parlamentare, Gianclaudio Bressa, che sarebbe «di tenore sprezzante e irrispettoso nei miei confronti - spiega Guzzanti - nel vano tentativo di farmi apparire come un "convocato" che obbedisce a un ordine».

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