di Mark Bernardini
Sull'assassinio statalizzato di Hussein, riporto un articolo dal sito Luogo comune, poiché stiamo parlando di uno dei principi filosofici, teologici, etici, morali che stanno alla base, per esempio, dell'Unione Europea. Di che democrazia vanno cianciando gli americani? Sì, lo so, il tribunale ed il boia erano iracheni. Ma gli italiani, gli inglesi e gli americani non hanno detto di avere ricostruito la democrazia in Iraq, dalle canne dei loro fucili? E allora, questa democrazia prevede la pena di morte? Una contraddizione in termini? E questo discorso ci porta ancora più lontano: può chiamarsi democratico uno Stato che preveda ed applichi la pena di morte? No, non mi riferisco all'Iraq: mi riferisco agli Stati Uniti d'America.
di Massimo Mazzucco
C'è qualcosa di sconcertante, di contraddittorio e di macabro insieme, nella recente "tradizione" - inaugurata se non sbaglio dall'attuale sindaco di Roma - di accendere le luci del Colosseo ogni volta che viene sospesa una esecuzione capitale nel mondo, e che si celebra quindi, almeno in teoria, una "vittoria" della lotta a questa feroce forma di falsa giustizia.
L'aspetto macabro sta nella natura stessa dell'edificio, fra le cui mura sono morti in maniera indicibile centinaia di esseri umani, fatti a pezzi da belve affamate o mutilatisi a vicenda finchè non avessero perso l'ultima goccia di sangue, per il puro divertimento di altri esseri umani. Sarebbe come illuminare a giorno Auschwitz per applaudire ogni importante atto di tolleranza razziale verso qualunque minoranza etnico-religiosa nel mondo.
L'aspetto contraddittorio sta nel non essersi accorti che proprio oggi è stata confermata la sentenza di morte a un cittadino iracheno, tale Hussein Saddam, emessa da un tribunale che ha ricevuto la legalità (leggi: è stato messo su) proprio dalle forze alleate che hanno invaso l'Iraq, di cui abbiamo fatto parte fin dal primo giorno.
Dov'era Veltroni, quando la democrazia che noi avremmo importato in Iraq si manifestava con un processo, da noi stessi legalizzato, in cui si chiedeva apertamente la pena di morte per l'imputato?
Ma il vero aspetto sconcertante - e quello che conta davvero - è battersi per la abolizione della pena di morte, quando si è taciuto per - e quindi si è avallato - la messa a morte di oltre mezzo milione di concittadini di quello stesso imputato.
C'è davvero una grossa differenza, infatti, fra "condannare a morte" tramite un tribunale, e farlo tramite una invasione armata che sappiamo bene seminerà morte e distruzione fra i civili in maniera tutt'altro che insignificante?
Dopo Dresda, dopo il bombardamento incendiario di Tokio, dopo My-Lai, o dopo il vile tiro al piccione sulle stesse colonne irachene in ritirata, nel '92 - tanto per non parlare di Nagasaki e Hiroshima - c'è davvero qualcuno che vuole fingere di non sapere quale sia la mentalità di guerra dei militari americani? C'è qualcuno che vuole fingere per caso di non conoscere la Dottrina Powell, che indica a chiare lettere la necessità di colpire anche la popolazione civile, senza andare troppo per il sottile, in modo di demoralizzare al più presto l'intera nazione invasa?
E allora? Dove sta la coerenza di Veltroni, e di tutti i suoi colleghi della "sinistra", che hanno palesemente avallato, con il loro silenzio, la nostra alleanza con le truppe americane sulla via del genocidio? Che fine ha fatto - se mai ha avuto un significato - il termine "opposizione"? Basta davvero non essere al governo, per potersi lavare le mani per tutto quello che decide la maggioranza?
Di recente ho addirittura sentito Michele Santoro, nella puntata che ha dedicato ai "guerrieri della libertà" di Berlusconi, cercare di addossare alla destra - nella persona di Bondi, presente in sala - una presunta "colpa" per una alleanza "fallimentare" con gli americani, che ha portato il disastro che ha portato in Iraq e Afghanistan.
Dov'era Santoro quando il nostro governo, guidato da Berlusconi, deliberava la nostra partecipazione a quelle guerre? Incatenato ai cancelli di Montecitorio, a fare lo sciopero della fame, contro la chiara "condanna a morte" di qualche centinaio di migliaia di civili innocenti, o dal suo sarto personale a rifarsi la giacca finto-ruvido di preziosissimo cachemire?
Oppure ci si vuole ancora raccontare che siamo andati in Iraq in missione di pace? C'è ancora qualcuno che vuole cercare di nascondersi dietro a quel sottilissimo dito? Benissimo, fingiamo allora di crederci per un istante, e domandiamoci: pace o guerra che fosse, noi eravamo dal lato di Bush, giusto? Lui stesso ha detto, dopotutto, che "o si è con noi, o si contro di noi". E siccome per venire via abbiamo dovuto chiedergli il permesso, e quando lo abbiamo fatto si è comunque arrabbiato, vuole dire che a qualcosa gli servivamo, giusto? Quindi, al di là delle parole, resta il fatto che noi eravamo in missione INSIEME a coloro che hanno portato la morte ad almeno seicentocinquantamila civili nel solo Iraq - più di quanti italiani siano morti in tutta la seconda guerra mondiale - e quindi in qualche misura, anche se indirettamente, abbiamo contribuito a quella carneficina. Si chiama complicità, e anche chi guida "soltanto" l'automobile, quando c'è una rapina, finisce in galera insieme a tutti gli altri.
O abbiamo per caso cercato di fermarli, gli americani? Era forse quello il nostro scopo umanitario in Iraq?
No? E allora vada per favore a spiegarlo ai figli di quei cadaveri, signor Veltroni, che quella non era una "condanna a morte", invece di girare un interruttore ogni tanto, per farsi bello davanti ai suoi amici di salotto, quando comunque la bolletta la paga qualcun altro.
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