Il documento rivelava l'identità del "contatto" che informa gli statunitensi. Si tratta di un funzionario dell'ambasciata italiana a Mosca, che nel cablogramma viene identificato per funzione, nome e cognome, seguiti da una parentesi che dice: "proteggere".
Rintronato come Brežnev? Autoritario come Brežnev? Pensieri in libertà, appunti sui polsini, ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare eccetera.
venerdì 3 dicembre 2010
I misteri del Denežnyj pereulok
domenica 7 novembre 2010
La casta mediatica
Leggo sull’Unità, a firma di Marina Mastroluca, che i giornalisti ammazzati dal 2000 in Russia sarebbero 35.
Sia ben chiaro, anche uno solo già sarebbe troppo.
Però, vivendoci, non mi risultava.
Allora sono andato sul sito del Committee to Protect Journalists, che non è esattamente un’organizzazione russofila, ed è anzi apertamente finanziata degli USA.
Ne risultano 34.
Senza voler togliere nulla al loro nobilissimo lavoro, depennerei i fotografi e i cameraman.
Ne restano 29.
Andiamo avanti: il Caucaso è da considerarsi quasi un territorio di guerra, non si renderebbe un buon servizio alla verità nel mettere assieme i giornalisti ammazzati durante operazioni belliche e quelli invece assassinati su commissione politica propriamente detta (o presumibile tale).
Ne restano 13.
Poco più di un terzo.
L’impressione è che ci sia una gara a chi la spari più grossa.
Un altro era un deputato della Duma, difficile considerarlo giornalista a tutti gli effetti.
Un paio di cittadini USA (Paul Chlebnikov e Anna Politkovskaja).
Insomma, è su una decina in una decina di anni che si deve ragionare.
Una cifra mostruosamente alta.
Perché parlo di casta mediatica?
Uno può essere stato ammazzato per rapina, per questioni di eredità, o per aver messo le corna alla moglie, per essere andato a letto con la moglie altrui, per un diverbio autostradale, o anche per ragioni politiche, e decine di altre casistiche.
Se però di mestiere faceva il giornalista, finisce su tutti i mass-media come combattente per la libertà d’informazione.
Un corporativismo, in questo caso, estremamente macabro.
sabato 2 ottobre 2010
Belpaese, ennesima tristezza
In Francia, manifestazione contro il razzismo governativo nei confronti degli zingari. Un milione secondo la polizia, tre milioni secondo gli organizzatori. Prevedibile.
In Italia, manifestazione contro Berlusconi. 50 mila secondo la polizia, 100 mila secondo gli organizzatori. Anche qui, prevedibile.
Insomma, è normale che i detrattori detraggano e gli organizzatori enfatizzino.
Supponiamo pure, per media matematica, anche se potrebbe non essere così, che fossero 75 mila in Italia e due milioni in Francia.
Io ricordo le manifestazioni di milioni in Italia. Ne parlavo con mia moglie. Intanto, è giovane, è nata nell'anno in qui io mi sono iscritto alla FGCI, ed il PCI balzava al 34,4%, guadagnando un 7%. E poi è russa, è nata in URSS, le manifestazioni sono iniziate durante la perestrojka, io avevo già più di un quarto di secolo, mentre lei andava alle elementari. Lei, di manifestazioni di milioni non ne ha mai viste.
Mi diceva che, secondo lei, è perché la gente comunque vive meglio di mezzo secolo fa. Beh, anche in Francia si vive meglio ora rispetto al dopoguerra. Eppure, non sono gli zingari ad essere scesi in piazza, ma i francesi.
In Italia, tutti si lamentano, persino quelli che votano Berlusconi. Ma, detta papale papale, si fanno tutti i cazzi loro (se Berlusconi bestemmia, non vedo perché io non possa essere sboccato). Poi in piazza su scala nazionale ci vanno in una quantità paragonabile alla popolazione di due Voghera.
Io lo dico da decenni che ciascuno ha il governo che merita, e che da decenni non sono più disponibile a sacrificarmi a babbo morto.
Oggi ho avuto l'ennesima conferma di essere nel giusto. Berlusconi non è a capo di un manipolo di marziani che hanno invaso la terra con le armi in pugno.
mercoledì 15 settembre 2010
Software piratato legittimo?
Vorrei che prima leggeste il seguente articolo sul Corriere della Sera di Fabrizio Dragosei da Mosca: Repressione, Gates toglie l'alibi a Putin «Licenze Windows agli anti-regime». Poi tornate qui.
Già dal titolo, troviamo due opinioni, del tutto legittime – che però, come tali, sono opinabili – spacciate per dati di fatto, realtà assodate: che in Russia ci sia repressione e che in Russia ci sia un regime. Ed io, come a poker, vedo: le dichiarazioni – le tesi – sono una cosa, poi, però, ci vogliono le dimostrazioni.
Fabrizio Dragosei, che in questi anni ha ampiamente dimostrato di essere una fonte di informazione del tutto inaffidabile e pilotata, fa riferimento ad un articolo del New York Times. Nulla di male, per carità, nel fatto che il NYT faccia gli interessi del proprio Paese. A parte che quella di Dragosei è una vera e propria istigazione a delinquere, a commettere reato, ci si attenderebbe, tuttavia, che il Corsera faccia gli interessi dell’Italia. Dragosei è pagato dai lettori – italiani – per fare gli interessi degli USA?
Parliamo di sostanza. La Russia non fa parte dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio, così si chiama in italiano, non WTO). Non ne fa parte non per propria scelta, ma per decisione degli USA. Non facendone parte, non si capisce per quale perversa logica ne debba seguire i dettami.
Questo lo sa anche Bill Gates: in Russia, attualmente, Microsoft Office costa dai 150 ai 250 €, a seconda delle versioni. No, non piratato: ufficiale, con licenza. Nell’estate di due anni fa, alla Mondadori all’inizio di via Appia a Roma, era venduto a 700 €. Adesso ditemi voi chi sono i ladri. E quanto costa in realtà.
Ora vi rinfresco la memoria su come funzionava in Italia negli anni ’90. Non esisteva internet, ma esistevano le prime BBS in ambiente DOS. Da queste, scaricavo apposta – e in modo del tutto legale – immagini porno. La ragione? Conosco i miei polli. Trovavo regolarmente impiegati italiani di aziende (anche molto note, potrei fare nomi e cognomi) che in cambio mi fornivano copie di Windows 3.1, di Word 2, di Excel 4, di Access 2 su floppy da cinque pollici e un quarto (solo per Word ce ne volevano una decina). Ho smesso ormai da circa dieci anni, semplicemente perché, trasferitomi in Russia, qui costa meno comprare un computer con già installato Windows e Office.
Secondo Dragosei, Gates “offrirà ai gruppi sotto tiro una licenza speciale, inoltre Microsoft provvederà anche a pagare l’assistenza legale alle organizzazioni che si dovessero trovare comunque impelagate in una causa relativa all’uso del software”.
Qui la faccenda va oltre persino le limitate (intellettualmente) prospettive paventate da Dragosei. Pensateci bene. Berlusconi, dall’edilizia abusiva e dalle televisioni salvate da Craxi, è passato a governare il Paese. E’ la prima volta che Gates mette becco in questioni politiche, e non importa nemmeno se la sua iniziativa vi trovi concordi o meno. Tutto il mondo, tutte le società civili, aziende, il mondo produttivo, i Partiti, i governi, i Parlamenti, adopera i computer e usa Windows.
Siete pronti ad accettare supinamente, compiaciuti, che so io, un William Gates Presidente dell’unica superpotenza del mondo?
venerdì 20 agosto 2010
Diario torbiero, the final cut
Tra le tante nefandezze immeritate che molti provano un piacere quasi orgiastico a dire della Russia, ce n’è una in particolare che oggi sembrerebbe quasi avere conferma: il Paese delle esagerazioni e dei contrasti stridenti.
Per la prima volta da quando esistono le rilevazioni meteorologiche (per intenderci, quando qui veniva abolita la servitù della gleba e in Italia veniva unito il Paese), quest’anno abbiamo battuto tutti i record di temperatura: la più alta temperatura dell’estate, di luglio, di agosto, di ogni singola giornata e soprattutto assoluta. Più volte, nonostante la latitudine decisamente diversa da quella italiana, abbiamo superato i 40 gradi, surclassando senza sforzo alcuno qualunque temperatura italiana dell’estate 2010. Per una settimana (ma in Italia ancora ne parlano come se si trattasse di anni), a questo si è aggiunto un acre fumo di torba, che rendeva l’aria irrespirabile e la visione spettrale simile ad un panorama della bassa padana.
Ebbene, ancora mercoledì 18 agosto, in campagna, ero seminudo in veranda all’ombra, sorseggiando birra ghiacciata ed imprecando contro i cambiamenti climatici, grondando con 34 gradi all’ombra, ed oggi, venerdì 20 agosto, sono col maglione fatto da mia nonna buonanima più di un quarto di secolo fa, a 13 gradi, degustando vodka, nella vana speranza di smettere di tremare. Insomma, un’escursione di venti gradi in meno di 48 ore.
Dopodomani rientriamo urgentemente a Mosca, pur essendo ad appena 40 km ad oriente: i contrasti non fanno niente bene a mia moglie, che tra meno di un mese metterà al mondo il secondo pargolo bernardinifero. L’estate (qui) è finita: climaticamente e professionalmente si torna alla normalità. Almeno si spera.
Ogni anno, mi sorbisco decine di italiani che si lamentano del freddo in Russia. Quest’anno, da buon fetente quale mi vanto di essere, ricorderò loro quanto si siano lamentati del caldo estivo…
giovedì 12 agosto 2010
Diario torbiero ter
Non è la Russia, il Paese da cui in tutto il mondo hanno imparato cosa sia la corruzione. E non è la Russia, il Paese in cui è stata inventata la mafia. Sembrano delle ovvietà. Eppure, a leggere i giornali italiani, tali non sembrano.
In Italia, l’informazione televisiva è iperblindata, prona ed asservita agli ambienti governativi. Tuttavia, ci sono molti altri modi per accedere alla libera informazione: la carta stampata e, soprattutto, la rete. E’ comunque umiliante, per gli italiani, dover sentire le manifestazioni di superiorità e supponenza anglo-franco-tedesche, pensando alla democrazia nata dalla Resistenza e, ancor prima, alla democratia dell’antica Roma.
Ecco allora che si va a cercare oltreconfine qualcuno che sia meno democratico, meno informato, più corrotto e più mafioso. Certo, questo riguarda molti Paesi africani e, più in generale, in via di sviluppo, che però, in quanto tali, vengono presentati razzisticamente come una sorta di terra di nessuno popolata da dei selvaggi. Dunque, gli italiani sarebbero superiori per definizione, prova ne siano i barconi di disperati sforacchiati regolarmente lungo le coste italiche.
La sedicente pseudo sinistra salottiera radical chic dice che sforacchiarli non sta bene, ed in questo ne condivido l’idea; ma restano comunque – secondo loro, anche se lo pensano ma non lo dicono – dei selvaggi, degli esseri inferiori tout court.
Meglio allora rivolgere i propri strali contro qualcuno più grosso, più potente, più ricco di risorse naturali. L’Inghilterra, la Francia o la Germania non fanno al caso nostro… Ecco: la Russia.
Ho letto, sui giornali italiani, che, in questi giorni di canicola africana e di fumo di torba, a Mosca i morti quotidiani sono raddoppiati. Questo viene presentato come uno scoop, nonostante che tale dato sia stato fornito ufficialmente dalle autorità russe in una conferenza stampa trasmessa da tutti i canali televisivi russi più importanti. Una non-notizia, dunque. La notizia, invece, sarebbe che nei giorni di fumo le vittime a Mosca a causa di quest’ultimo sarebbero state 5.000.
Ragioniamo. In una città di 11 milioni, quale è Mosca, è fisiologico che muoiano quotidianamente 360-380 persone, per le cause più disparate, da quelle naturali agli incidenti stradali, dagli infarti ai tumori. Nei giorni di fumo, dal 6 al 10 agosto, i morti quotidiani sono saliti a 700. Supponiamo pure (ma è difficile da credere) che i morti in eccesso siano tutti infartuati ed asmatici. In cinque giorni, dovrebbero essere 1.650. Viceversa, per arrivare a 5.000, il fumo avrebbe dovuto iniziare il 25 luglio, quasi due settimane prima del reale. Ecco dunque una tipica balla giornalistica, anche piuttosto pelosa, nel senso di voler spacciare i propri desiderata per realtà oggettiva ed inoppugnabile.
Ieri, in un’intervista radiofonica, mi è stato chiesto se riesco ad avere le informazioni nonostante il blocco mediatico imposto da Putin. Immagino che la mia risposta non sia piaciuta affatto. A parte i canali italiani che vedo via satellite (d’accordo, non tutti hanno la parabola, ma ce ne sono più che di condizionatori in Italia), via etere vedo gratuitamente 35 canali russi, compresa, sempre gratuitamente, la versione russofona di Euronews, che stenterei a spacciare per noto canale putiniano. Appartengono allo Stato: Russia 1 (ex RTR, tipo RAI 2), Russia 2 (tipo RAI Sport), Russia 24 (ex Vesti 24, tipo RAI News 24), Russia Kul’tura (non esiste un analogo italiano) e Bibigon (tipo RAI Gulp). Esiste anche un canale del governo di Mosca, TV Centr. Tutti gli altri sono privati. Alcuni sono finanziati da Paesi occidentali, segnatamente scandinavi. Altro che censura.
Il fatto è che io so come funzionano certe cose. I corrispondenti italiani, per giustificare i loro alti stipendi da “sede disagiata” (sic), tipo cinque-sei operai di Pomigliano D’Arco, pescano le notizie dai media russi, le traducono e le inviano in Italia come farina del loro sacco. I loro colleghi in Patria ritengono che dunque si tratti di informazione carpita dai loro corrispondenti, e perciò che si tratti di rivelazioni compromettenti. Il cerchio si chiude quando a quel punto chiedono a me o a qualche altro russo un commento circa queste notizione, che ci comunicano perfettamente convinti che noi ne siamo all’oscuro a causa della presunta longa manu di Putin.
L’altro giorno Putin è stato mostrato alla guida di un aereo antincendio. Non discuto dell’opportunità mediatica, certo è che, con la sua nota preparazione militare, se l’è cavata bene, e non riuscirei ad immaginare altrettanto pensando ad Andreotti, Berlusconi, Prodi, Veltroni, Bersani, Vendola. Ma non importa. Quel che è stato specificato nei media russi è che Putin ha svolto il ruolo di secondo pilota, quello, per intenderci, addetto a pescare l’acqua dai bacini nelle poche decine di metri in cui l’aereo rasenta il pelo dell’acqua, e a scaricarla sull’epicentro dell’incendio. E’ quel che ha fatto. La guida vera e propria dell’aereo era affidata al primo pilota, un professionista della Protezione Civile (il cui capo, il ministro Šojgù, era anch’esso presente sul velivolo). Nulla di tutto ciò è trapelato nei media italiani, che anzi affermano che siano piovute fior di critiche da tutti i media russi, del tipo “Putin la smetta di spegnere gli incendi, pensi piuttosto a come spegnerli”. Mi pare una logica bestiale, ma, anche qui, non discuto.
Chi sono, questi “tutti” media russi? Si scopre che sono due giornali in tutto. Il primo, “Moskovskij Komsomolec”, viene presentato come un autorevole giornale tradizionalmente asservito all’entourage di Putin. Chiedetelo a qualunque russo. Si tratta in realtà di un foglio scandalistico, del tipo che l’attrice tal delle tali ha messo le corna all’attore Pinco Pallino. Un po’ come prestar fede a “Novella 3000” o “Chi” per attingere all’informazione veritiera. Il secondo, presentato come autorevole quotidiano economico, si chiama “Vedomosti”. Autorevole, per carità. Viene però sottaciuto che si tratta di un giornale fondato, sponsorizzato, finanziato e pubblicato dal Financial Times e dal Wall Street Journal.
Se sono questi, i riferimenti dell’opposizione italiana, i berlusconiani possono dormire sonni tranquilli almeno fino al 2020.
martedì 3 agosto 2010
La nausea di Sartre applicata all'Italia d'inizio millennio
Repubblica: Putin ordina all'oligarca "Disegna l'auto del popolo"
Ne approfitto per una serie di riflessioni. Oligarca→Putin→Hitler. Un sillogismo che dovrebbe far pensare qualunque mente non ottenebrata. La Volkswagen, come peraltro decine di altre aziende (Opel, Fiat, Hyundai, Lada, Peugeot, Škoda, Nissan, Honda, Kia, Mazda, Mitsubishi, Renault, Suzuki, Daewoo, Ford, Subaru, Toyota, le prime che mi vengono in mente in Russia), fanno automobili accessibili ai più. Se ne sei fautore, dici che è per tutti; se ne sei detrattore, dici che è per il popolo. Come dire: per il popolo = comunisti = dittatura = fascismo = nazismo. Se l’avesse proposto Obama, Repubblica avrebbe titolato (e allegato la foto) ben diversamente, tipo: Obama sfida l'industria a produrre una vettura rivoluzionaria.
La novità è nell’indicazione di Stato (dire che è un’indicazione di Putin è una semplificazione rasente la banalizzazione generalizzata) per le automobili a corrente contro i petrolieri.
Da quando sono emigrato (tra un po’ sono dieci anni), leggo i giornali italiani attraverso gli RSS. E ne leggo tanti: Corsera, Repubblica, Sole 24 Ore, Stampa, Unità. Ebbene, sarà che fa caldo (per venerdì promettono +41°C), sarà che sono in dacia, sarà che sono in tutt’altre faccende affaccendato, lo confesso: ultimamente, mi scopro a scaricarli e a non leggerli. Si è rotto qualcosa in me, mi sono rotto io, e non solo le balle. Giorni fa leggevo una bellissima intervista con un compagno (non uso mai questa parola a caso) operaio della Zastava di Kragujevac. Che guadagnava duemila euro prima della guerra della NATO e di D’Alema, e, dopo dieci anni di disoccupazione, per sfamare la famiglia accetta di guadagnare 400 euro, sapendo perfettamente che questo va contro i suoi compagni di Torino e che presto resterà nuovamente disoccupato perché la produzione verrà spostata altrove, magari in Africa, magari a 100 euro al mese. Crumiro? Mah. Intanto i figli crescono.
Mi sono rotto di leggere delle troie di Berlusconi, mi sono rotto persino di sapere di Fini che fonda un altro Partito, di Bossi che inumidisce il microfono di saliva, di Formigoni ascoltato dai giudici, di Casini che, fiero, annuncia che non lo avranno, di Bersani che s’indigna, di Napolitano che ammonisce e firma, di Di Pietro che propone una casa comune della sinistra, di Vendola che si autopropone capopopolo nzaccarternativo in nome di un non meglio identificato amore per il popolo stesso.
Troppa acqua è passata sotto i miei ponti, in dieci anni, è ora che me ne renda conto persino io.
Anche in Facebook
giovedì 22 luglio 2010
E' morto il compagno Luis Corvalán
Non ricordo nemmeno a quante manifestazioni ho partecipato, per la sua liberazione.
Senza voler detrarre nulla, dopo la mattanza alla Moneda ed il massacro del compagno Allende, per noi, giovani degli anni '70, era il simbolo della rettitudine, dell'inconciliabilità, della dirittura morale.
Lo è rimasto tuttora: nessuno scandalo, come è tanto di moda attualmente, nessuna storia strana ed equivocabile.
Un comunista tutto d'un pezzo, dall'inizio alla fine della sua vita, decisamente non semplice.
Non vorrei mai essere stato sottoposto alle angherie a cui fu sottoposto lui.
Eppure, sono orgoglioso di aver fatto parte della storia della sua liberazione.
A parte le infamie che non ha mancato di dire Vladimir Bukovskij (il "dissidente" sovietico che venne scambiato per liberarlo), che la terra ti sia lieve, lo dico da ateo convinto.
venerdì 25 giugno 2010
giovedì 24 giugno 2010
Cercasi nome per figlio
Non abbiamo ancora deciso, in questo è un casino: cerco un nome corto. Avete presente la scena finale di "Ricomincio da tre"? Con in più il cognome lungo, e in Russia c'è anche il patronimico (io, sui documenti sono Mark Bernardinovič Bernardini, come dire figlio di - o fu, nel mio caso di - Bernardino, impronunciabile). Oltretutto, che non abbia problemi di traslitterazione, che già ho abbastanza problemi io: in Italia, regolarmente mi scrivono come Marco, nonostante io sia Mark anche per l'anagrafe italiana. Non vi dico, quando vivevo in Italia, per gli assegni, quando si usavano: non potevo incassarli, ero costretto a depositarli sul mio conto come Mark Bernardini girandoli come Marco Bernardini. Due persone diverse. Con Vera, nostra figlia, nata sei anni fa (nome di origine greca, che vuol dire fede, ma anche l'anello nuziale, ed oltretutto nessuno che si chiamasse così in nessuna delle due famiglie d'origine) Markovna Bernardini ce la siamo cavata, mo' il problema è il nascituro, a settembre. A me piace Kim, che non è solo il Kommunističeskij Internacional Molodëži (Internazionale Comunista dei Giovani, negli anni '50), ma anche un nome coreano. Il problema è che non piace a Katja, mia moglie, e deve piacere ad entrambi, altrimenti non ci sto io. Si accettano suggerimenti, poi creo un sondaggio...


