Stalin col Partito fu ben più che severo. Negli anni '20 ha tolto di mezzo tutti - fisicamente - i compagni di Lenin, la classe dirigente della Rivoluzione: Dzeržinskij, Frunze, Kamenev, Zinov'ev, giusto per fare qualche nome. Poi arriviamo agli anni '30. Togliere Kirov di mezzo non fu facile: era il beniamino del Comitato Regionale di Leningrado. Fu una battaglia memorabile, degna dei migliori western, con Kirov e i suoi che si difendevano armi in pugno dai killer staliniani lungo i corridoi dello Smol'nyj, che meno di vent'anni prima aveva visto i bol'scevichi espropriare, in modo decisamente meno cruento, il potere al governo provvisorio del "socialista rivoluzionario" (eser) Kerenskij, con la sua rivoluzione di febbraio. Beffa: Stalin accusa la "cricca trozkista-buchariniana" dell'omicidio di Kirov. Bucharin, ottimo economista e beniamino del Partito a Mosca, morirà fucilato nel 1938; Trockij, fondatore dell'Armata Rossa, con una picconata in testa di un sicario in Messico nel 1939. Un po' come il socialista Rossetti in Francia negli anni '30 ad opera dei sicari mussoliniani.
In questo contesto, bisogna ripensare anche all'operazione delle purghe, nel quale l'omicidio dei dirigenti amici di Lenin è solo la punta dell'iceberg. Una riflessione che, negli anni, ho riportato qui più volte. Repetita juvant. Le rivoluzioni, da che mondo è mondo, le fanno i giovani. Lenin, il più anziano, nel 1917 aveva 47 anni, Bucharin aveva 29 anni, Trockij 38, Dzeržinskij 40, Frunze 32, Zinov'ev 34, Stalin 38, Čapaev 30, Antonov-Ovseenko 34... Cosa era rimasto del Partito di Lenin dopo le purghe staliniane di metà degli anni '30? All'inizio del 1939 il Partito aveva 1.589.000 membri e 889.000 candidati. Tra i membri, coloro che avevano un'anzianità di tessera antecedente al 1917 erano lo 0,3% (circa 500 compagni); quelli iscritti nel 1917, l'1% (1.600 compagni); iscritti nel 1918-1920, il 7% (12.500 compagni). Nel 1941 nel Partito rimaneva solo un 6% di comunisti entrati nel Partito durante la vita di Lenin.
Un altro dato significativo riguarda i delegati del XVII e XVIII congresso (rispettivamente, 1934 e 1939). L'80% dei delegati del XVII congresso con diritto di voto si era iscritto al Partito negli anni della clandestinità e della guerra civile, cioè prima del 1921. Al XVIII congresso questi delegati erano appena il 19,4%. Quelli della clandestinità erano nel 1934 il 22,6% ed i membri del Partito dal 1917 il 17,7% dei delegati. Nel 1939 la loro percentuale tra i delegati al congresso era rispettivamente del 2,4% e del 2,6%.
Cambiò repentinamente anche la componente anagrafica dei delegati. Metà di questi ultimi al XVIII congresso con diritto di voto era sotto i 35 anni. I delegati dai 36 ai 40 anni rappresentavano il 32%, tra i 40 e i 50 il 15,5%, sopra i 50 il 3%. Altrettanto sostanziali furono i cambiamenti nella composizione sociale del Partito, provocati non solo dalle repressioni di massa, ma anche dalle nuove condizioni di ammissione al Partito (soppressione dei privilegi riservati agli operai), stabilite dallo Statuto del PCP(b) (Partito Comunista Pansovietico bolšceviko), ratificato dal XVIII congresso. Il 28 maggio 1941 la sezione organizzazione ed istruzione del Comitato Centrale ha inviato ai segretari del CC una nota, in cui si comunicava che nel 1939-1940 sono stati ammessi al Partito 1.321.500 persone, tra le quali gli operai erano il 20%, i contadini il 20%, gli "impiegati e gli altri" il 60%. Tra i 3.222.600 membri e candidati del Partito al 1 gennaio 1941 gli operai erano il 18,2%, i contadini il 13%, gli impiegati il 62,4%, gli studenti e gli altri il 6,4%. Tra gli operai, i membri e i candidati del Partito tra il 1933 e il 1940 sono scesi dall'8 al 2,9%, mentre tra gli impiegati sono saliti dal 16,7% al 19,2%. Nonostante la quantità di operai nel Paese fosse cresciuta nello stesso periodo del 25,8%, la quantità di operai comunisti si era ridotta da 1.312.000 a 584.800 persone (questo indirettamente sta a testimoniare che gli operai furono uno degli obiettivi principali delle purghe di Partito del 1933-1936 e delle repressioni di massa del 1937-1938). Nel 1941 c'era un comunista per ogni 35 operai ed ogni 5 impiegati. Tra gli impiegati comunisti era particolarmente alto il peso specifico dei funzionari, dei militari e degli addetti degli organi di repressione.
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