Rintronato come Brežnev? Autoritario come Brežnev? Pensieri in libertà, appunti sui polsini, ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare eccetera.
sabato 5 novembre 2005
Scampoli di memoria 1
A Mosca l’ultima volta
Massimo D’Alema, A Mosca l’ultima volta (Enrico Berlinguer e il 1984). Donzelli Editore, Roma 2004, pp. 144, 12,50.
“Non è un saggio su Berlinguer, ma un racconto di sei mesi della sinistra italiana”: così D’Alema ha definito questo suo libro, presentandolo a una manifestazione al Palasport di Genova. In effetti, le pagine del libro sono equamente divise tra il racconto del viaggio a Mosca con Berlinguer e Bufalini per i funerali di Andropov – e devo dire che si tratta di pagine gustosissime, di valore letterario – e le vicende della sinistra italiana.
Parlerò poi del viaggio a Mosca, che resta la parte migliore dell’opera, ma intanto riconosco che l’autore rievoca con grande onestà il contrasto tra Craxi e Berlinguer senza omettere nulla, né le cose che ancora oggi condivide, ovviamente, né quelle che avrebbe preferito non fossero avvenute, che sono di ostacolo alla riconciliazione in atto tra una parte di ex socialisti e una parte di ex comunisti. Per esempio, l’infelice frase pronunciata da Bettino Craxi dopo i fischi della platea socialista all’ospite Berlinguer: “se sapessi fischiare l’avrei fatto anch’io”. Non c’è dubbio che questo non aiuta la riabilitazione e la quasi beatificazione del latitante Craxi da parte dei DS. Intendiamoci, nella parabola di Craxi ci sono stati atti, decisioni, scatti di dignità che nessun capo di governo italiano avrebbe avuto il coraggio di compiere, come la difesa della nostra sovranità nazionale a Sigonella contro la prepotenza dei comandi militari americani. Di questo gli va dato atto, ma senza dimenticare i tanti, illeciti episodi di corruzione addirittura rivendicati da Craxi senza vergogna.
E veniamo a Berlinguer. In tutto il libro si avverte un sentimento sincero di affetto per lo scomparso leader del PCI, del quale D’Alema sintetizza il pensiero, le idee sulla “diversità” dei comunisti italiani, sull’austerità, proclamata in anticipo sui tempi, in contrasto con l’imperante “edonismo reaganiano”. Sullo scontro tra Craxi e Berlinguer l’autore riporta una lunga citazione da Ugo Intini che almeno in parte sembra condividere: “Berlinguer cercava una terza via, non socialdemocratica e non capitalista, che non esisteva. Inseguiva un eurocomunismo che non c’era. Voleva trasformare il PCI in una forza di governo, mantenendone l’unità, la continuità e la tradizione, ma questo era impossibile. Craxi voleva trasformare il PSI (un apparato di potere senza più la spinta ideale di un tempo e senza radici sociali sufficientemente profonde) in un grande partito socialdemocratico di massa, nella guida di una grande sinistra vincente. Ma anche questo era impossibile. Berlinguer e Craxi coltivavano due sogni irrealizzabili”. Berlinguer, dice D’Alema, percepì in modo drammatico la crisi del comunismo. Si deve però sapere che “aveva maturato sull’Unione Sovietica e sul socialismo reale una posizione più netta di quella che si è delineata nella politica ufficiale”. Se non è venuta alla luce, è perché “in lui ha agito la preoccupazione che una rottura definitiva con quel mondo potesse portare una scissione nel PCI”.
Era riformabile il sistema sovietico? L’impressione che emerge dal libro è che per D’Alema non lo fosse. Tuttavia, dice, “non era scritto nel libro del destino che il mondo comunista crollasse”. “Non sono tra quelli – dice ancora D’Alema – che dicono che il comunismo per sua natura non fosse riformabile. Il problema è che quella ipotesi di rinnovamento democratico non era più concretamente in campo già nel momento in cui Berlinguer assunse la direzione del PCI”. Infatti, la speranza del rinnovamento era stata distrutta dai carri armati sovietici mandati a Praga ad abbattere un governo comunista che godeva del favore dell’intero popolo cecoslovacco.
Come ho detto, le pagine migliori del libro sono quelle dedicate al viaggio a Mosca in occasione dei funerali del segretario generale del PCUS Jurij Andropov, “l’ultima tenue speranza di riforma del comunismo sovietico”. Era il febbraio 1984. Ricordiamo che Andropov, uomo intelligente e colto, era diventato leader del PCUS nel novembre 1982. Dopo la lunga stagnazione brežneviana, il nuovo leader aveva suscitato molte speranze pubblicando un lungo saggio sul marxismo nel quale lasciava intuire la sua volontà di cambiamento. Purtroppo, formalmente rimase in carica meno di un anno e mezzo, ma in realtà quasi subito dopo la nomina fu colpito da una grave malattia che lo tenne inchiodato alla macchina della dialisi fino alla morte.
D’Alema racconta con arguzia il suo viaggio a bordo dell’aereo presidenziale italiano, dove Pertini aveva ospitato, oltre al ministro degli esteri Andreotti, anche la delegazione del Vaticano e quella del PCI. Durante il volo, ci fu una partita a scopone tra Pertini e Berlinguer, da un lato, e Andreotti e Maccanico, dall’altro. “Andreotti mi volle dietro a sé. Come disse in modo cortese e sornione, “per farsi consigliare”. In realtà giocava benissimo. Il presidente perdeva e la cosa lo seccava molto. Berlinguer era imbarazzato. Si vedeva che non aveva gran voglia. Si distraeva, ma era dispiaciuto per Pertini. Insomma una mezza tortura”. “Quando, intorno alle 18,00, l’aereo arrivò su Mosca, cominciò a girare senza poter atterrare […]. Per i sovietici non era normale che sullo stesso aereo arrivassero lo Stato, il Governo, il Vaticano e il Partito comunista. Si trattava per loro di delegazioni distinte a cui dovevano corrispondere cerimoniali, comitati d’accoglienza e destinazioni separate. Cominciò così un complesso negoziato con la torre di controllo che alla fine produsse un preciso protocollo di precedenze e tempi da rispettare. Prima doveva scendere il presidente con il suo seguito. Dopo cinque minuti il ministro degli Esteri. Poi il segretario del Partito comunista. Infine i cardinali [...]. Chiarita la procedura, finalmente giunse il permesso di atterraggio [...]. Quando l’aereo fu fermo sul piazzale, Pertini, infischiandosene di accordi, raccomandazioni e preghiere degli addetti al cerimoniale, prese sotto braccio Andreotti e Berlinguer e scese la scaletta. Fu il caos”.
Un altro episodio raccontato nei minimi dettagli, a conferma di quello che personalmente considero un difetto di D’Alema, ma che per altri può darsi venga considerato un pregio, è la cena all’ambasciata italiana di Mosca. L’autore dopo aver descritto l’ordine in cui erano seduti tutti i commensali, passa al menu: “La cena fu notevole. Salmone affumicato, caviale Molossol. Verdicchio e vodka. Prosciutto, melanzane in caponata. Tortellini in brodo. Spigola e gamberi portati freschi dall’Italia (sullo stesso aereo?). Dolce di fragole e panna. Spumante Ferrari. Confesso la mia debolezza – scrive D’Alema – per il mangiare bene e non sono stupito di ritrovare, dopo molti anni, annotati in modo così dettagliato i menu”. A mia volta, confesso il mio totale disinteresse per ciò che si è mangiato in quella e in altre cene.
mercoledì 7 settembre 2005
ciao, compagno Sergio
No, non è un gossip. Endrigo era iscritto al PCI. E veniva aggratis ai festival dell'Unità di quartiere. Io, in concreto, l'ultima volta l'ho visto a quello dell'Alberone, a Roma, a villa Lazzaroni, nell'82. Aveva già problemi di otite, io all'epoca ero segretario della zona IX della FGCI di Roma. Due-tre anni dopo ha smesso di cantare. Fino all'anno scorso, a 71 anni suonati. Addio, compagno Sergio. A costo di suonare banale, come sempre sono i migliori che se ne vanno, ed io sono sempre più solo.
martedì 6 settembre 2005
Volate a stelle e strisce
Io volo da quando avevo pochi mesi di età. Da allora, in poco più di quarant'anni, ho accumulato svariate centinaia di ore di volo, prevalentemente per lavoro, quasi come un pilota, ed ho anche volato in assenza di gravità (il cosiddetto "G zero").
Ricordo, qualche anno fa, quel susseguirsi esasperante di notizie di "aerei russi" che cadevano qua e là in giro per il pianeta. Poi andavi a leggere, e scoprivi che magari era caduto un Antonov venduto all'inizio degli anni Settanta dall'Unione Sovietica a qualche monarca africano. Da allora, in trent'anni, mai una manutenzione.
La prima domanda, quindi, è: quando casca un Boeing indonesiano, è indonesiano, cioè della compagnia aerea, o statunitense, cioè del produttore? A metà agosto 2005 la comunità internazionale ha vietato unilateralmente alla Federazione Russa il transito di aerei IL-96-300 (i famosi Iljušin). Così, sono stati annullati i voli dell'Aeroflot per Hanoi, Toronto e Washington, e quelli per Shanghai, Pechino, Bangkok e Seoul sono stati sostituiti proprio con dei Boeing. Per inciso, l'aereo presidenziale di Putin è proprio un IL-96-300, ed ovviamente continua a volare.
Il 5 settembre 2005 un Boeing 737 della compagnia indonesiana low cost Mandala Airlines è precipitato poco dopo il decollo sulle abitazioni di un'area abitata di Medan, a nord dell'isola di Sumatra. Nello schianto hanno perso la vita 104 delle 117 persone a bordo - 112 passeggeri e cinque dell'equipaggio - più 39 persone a terra.
Quello di Sumatra è il quinto disastro aereo in meno di un mese. Il 6 agosto scorso un Atr 72 della Tuninter con a bordo turisti italiani era finito in mare al largo di Palermo durante un tentativo di ammaraggio: 13 morti, tre dispersi. Il 14 agosto un Boeing della cipriota Helios si era schiantato contro una montagna vicino Atene: 121 morti. Il 16 agosto un Md-80 in volo da Panama alla Martinica era precipitato in Venezuela e tutti i 160 che erano a bordo avevano perso la vita. Il 24 agosto 41 persone avevano perso la vita nello schianto di un Boeing 737 presso la città peruviana di Pucallpa.
Ed ecco la seconda domanda, anch'essa puramente retorica: quand'è che vieteranno il volo agli aerei nordamericani Boeing?
domenica 28 agosto 2005
Diffidate del BancoPosta italiano!
Il 21 agosto ho ricevuto un msg dal titolo "Misure di sicurezza di cliente di BancoPosta ID2244" e col seguente contenuto:
Caro mark@bernardini.com,
Recentemente abbiamo notato uno o piЫ tentativi di entrare al vostro conto di BancoPostaonline da un IP indirizzo differente.Se recentemente accedeste al vostro conto mentre viaggiavate, i tentativi insoliti di accedere a vostro Conto BancoPosta possono essere iniziati da voi. Tuttavia, visiti prego appena possibile BancoPostaonline per controllare le vostre informazioni di conto: "https://bancopostaonline.poste.it/bpol/bancoposta/formslogin.asp"
Ringraziamenti per vostra pazienza.BancoPostaon.
----------------------------------------------------------
Non risponda prego a questo E-mail. Il E-mail trasmesso a questo indirizzo non puР essere risposto a.
Ovviamente la prima cosa che balza agli occhi è l'italiano zoppicante. Va bene che ormai la lingua è un optional, ma l'impressione è che l'abbia scritto uno straniero. Infatti, se andiamo a vedere in formato ipertestuale il link soprariportato, scopriamo che è collegato con http://www.withwith.or.kr/zboard/data/bbs5/formslogin.php. Non mi risulta che le Poste italiane si siano stabilite nella Corea del Sud. Allora sono andato a vedere l'header del msg:
Return-Path: <httpd@web5.opentransfer.com>
Received: from mail.opentransfer.com (mail3.opentransfer.com [69.49.238.4])
(envelope-from httpd@web5.opentransfer.com)
Received: from unknown (HELO web5.opentransfer.com) (69.49.234.9)
by mail.opentransfer.com with SMTP; 21 Aug 2005 11:09:20 -0000
Received: (from httpd@localhost)
by web5.opentransfer.com (8.11.6/8.11.6) id j7LB98g27097;
Message-Id: <200508211109.j7LB98g27097@web5.opentransfer.com
From: <Bancoposta@poste.it>
Reply-To: Bancoposta@poste.it
L'IP 69.49.238.4 ci porta alle seguenti coordinate:
OrgName: Hosting-Network GmbH
OrgID: HOSTI-3
Address: 247 Mitch Lane
City: Hopkinsville
StateProv: KY
PostalCode: 42240
Country: US
NetRange: 69.49.224.0 - 69.49.255.255
CIDR: 69.49.224.0/19
NetName: HOSTI-3-1
NetHandle: NET-69-49-224-0-1
Parent: NET-69-0-0-0-0
NetType: Direct Allocation
NameServer: NS1.OPENTRANSFER.COM
NameServer: NS2.OPENTRANSFER.COM
Comment:
RegDate: 2003-05-27
Updated: 2003-08-18
TechHandle: IPADM99-ARIN
TechName: IP Admin
TechPhone: +43 699 13266 007
TechEmail: admin@ecommerce.com
OrgAbuseHandle: ABUSE875-ARIN
OrgAbuseName: Abuse Contact
OrgAbusePhone: +(270) 707-2040
OrgAbuseEmail: abuse@ecommerce.com
OrgTechHandle: FSA10-ARIN
OrgTechName: SAID, FATHI
OrgTechPhone: +43 699 13266 000
OrgTechEmail: fathi@ecommerce.com
Come vedete, c'è di tutto: Stati Uniti, Austria ed anche un signore arabo Fathi Said. Il lavoro è ben fatto, se cliccate su quel link iniziale. Solo che (a parte che ai meno distratti non sfuggirà appunto l'url con dominio "kr" nel proprio navigatore), se andate a vedere quella pagina (fatelo, non è pericoloso), se siete clienti di BancoPosta, non inserite assolutamente lo UserID e la password richiesti! Finirebbero appunto a Said Fathi o chi per lui.
Ho segnalato il tutto alle Poste Italiane, sapete cosa mi hanno risposto?
Con riferimento alla Sua e-mail del «26/08/05», Le assicuriamo di aver evidenziato tutti i suoi rilievi ai settori interessati per le eventuali azioni correttive.
Capito? Tizio l'ha passato a Caio, che l'ha passato a Sempronio che, al limite, fra qualche settimana, metterà una toppa nel sito. Niente denuncia, niente giornali. Nel frattempo, vai a sapere quanti italiani saranno stati derubati...
martedì 23 agosto 2005
Scalfarotto? Non scherziamo
Il buonismo non fa parte dei miei difetti. Mi sono sorbito un quarto d'ora di filmato di Scalfarotto per ricavarne le seguenti deduzioni:
1)Scalfarotto-Mascia, ovvero dio li fa e poi li accoppia. Perché non li accoppa? Sul carrierista Mascia, candidato trombato del 2001, ne ho da dire a iosa, ne riparlerò prossimamente.
2)Un italiano 100%, per non scontentare nessuno, terrone ma innamorato di Milano, la Milano da bere. E poi c'ha una nonna bergamasca, quindi lo possono votare anche i leghisti. Milano città aperta? Vorrei conoscere il suo pusher.
3)Candidato povero, dietro cui non ci sono i ricchi Partiti. Un candidato talmente povero che faceva il bancario prima in Comit, poi Ambroveneto, Citibank. Di più: da capo del personale a capo delle risorse umane. Insomma, un servo dei padroni.
4)Candidato povero ma moderno, che usa internet. Tenta di intercettarlo, 'sto popolo di internet. E 10.000 firme raccattate in internet sono le uniche genuine. Fosse sufficiente saper scrivere un'email ed aprire un sito, saremmo milioni, in Parlamento. Candidato che condivide, che divide con gli altri, una sorta di messia. Un candidato diverso dai politici. Perché i politici, per definizione, sono il male. Quindi, facciamo fare politica a chi non fa politica. E facciamo fare I bancari a chi non è bancario, ed il cuoco a chi non capisce un cazzo di cucina.
5)Io non volevo candidarmi, ma me l'hanno chiesto ed io ho sentito il senso ed il dovere della responsabilità. Chi la dice, Berlusconi? No: Scalfarotto.
6)La scelta più difficile della mia vita, l'istinto di conservazione mi diceva di non farlo. Capito? Candidarsi alle primarie dell'Unione è stata la... scelta più difficile della sua vita. Non oso pensare alle difficoltà con cui si scontra, che so io, Rita.
7)Sono diverso da Prodi perché vengo dalla società civile. Infatti la società civile è quella delle banche.
8)La dittatura della maggioranza è una cosa spaventosa. Un po' come la dittatura del proletariato. Insomma, se si fa come dice la maggioranza, è dittatura. Se si fa come dice la minoranza, è una democrazia matura.
9)Sono diverso da Mastella perché non sono mai stato democristiano. Più della metà degli italiani non è mai stata democristiana, ma Scalfarotto non è mai stato democristiano più dei non-democristiani e persino dei democristiani stessi.
10)Sono diverso da Di Pietro perché sono uguale a Di Pietro. Solo che non basta l'etica, bisogna riempirla di contenuti. Dunque, Di Pietro è un etico vuoto. Scalfarotto è detentore di contenuti etici?
11)Sono diverso da Bertinotti perché non sono marxista e perciò sono moderno. Incommentabile.
12)Sono diverso da Pecoraro Scanio perché quello è monotematico ed è un politico professionista. Che poi Scalfarotto sia stato consigliere di circoscrizione a Foggia, con i verdi del Sole che ride, a fine anni '80, è del tutto trascurabile, nel teatrino attuale della politica italiota. Di più: Pecoraro Scanio non è giovane, cosa che, si sa, è una grave colpa. Pecoraro Scanio è del 1959, ha 46 anni. Scalfarotto è del 1965, ha 40 anni.
13)Sono diverso perché sono diverso. Sì, nel senso sessuale del termine. Dobbiamo intercettare i voti di internet, quelli dei bancari e quelli degli omosessuali. E le casalinghe di Voghera? Con chi ciascuno di noi vada a letto, purché adulto e consenziente, sono affaracci suoi. Esattamente come è irrilevante che uno sia negro, con gli occhi a mandorla o albino viso pallido. Augh. E la gente è avanti perché in realtà se ne frega, mentre la politica (i politici) sono indietro perché non se ne frega. Ecco perché l'Italia ha bisogno di Scalfarotto.
14)Non sono un malandrino perché non ho rubato la scena ai politici. Da una parte loro che ancora non mi si filano, dall'altra io. Davide e Golia.
Ho già avuto modo di dire che ultimamente voto contro, non per. Questo non vuol dire non essere c-attivi. Io voglio c-attivamente arrecare dànno alla candidatura di tutti quelli come Scalfarotto, poiché è anche per colpa loro che abbiamo perso e, forse, perderemo. I padroni sanno far bene il loro mestiere, noi invece, nel nostro, continuiamo ad essere degli incompetenti, degli apprendisti stregoni.
http://r-esistenza-settimanale.blogspot.com/2005_08_07_r-esistenza-settimanale_archive.html
http://r-esistenza-settimanale.blogspot.com/2005_08_14_r-esistenza-settimanale_archive.html
sabato 20 agosto 2005
Questione di paletti
martedì 16 agosto 2005
Il pudore alla Berlinguer
martedì 21 giugno 2005
Venimmo dall'est
Un tempo si diceva che ciascuno ha un proprio sud (De Crescenzo in "FFSS ovvero che mi ci hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?"). Parafrasandolo, pare che ora ciascuno abbia un proprio est.
Solo che non si capisce dove sia, 'sto est, e dove termini l'Europa, oltre la quale ci si possa considerare orientali: al confine crucco-catto-polacco, ovvero il vecchio confine UE? Al confine russo-polacco, ovvero il nuovo confine UE? Lungo gli Urali, come dicono gli studiosi di geografia? A Vladivostok, come dice chi vorrebbe una Russia membro dell'UE? Soprattutto, ovunque passi 'sto confine, dove sono gli operai? Alla ricerca dell'operaio perduto. La classe operaia va in purgatorio. In Polonia ce n'è ancora abbastanza, ma fin da Walesa passano più tempo a genuflettersi e baciar pile che a lavorare, 'sti scansafatiche reazionari. In Russia già ce n'è meno, anche se più che in Italia, ma comunque meno in proporzione rispetto alla popolazione. Ancora più a est? Boh, c'è la Mongolia, lì però vanno a cavallo, sono nomadi e pastori. Poi c'è la grande Cina che come sempre è vicina, Paese prettamente agricolo di produzione artigianale di borsette Gucci. Ancora più a est? Ma ragazzi, allora si risale a nord nella mia Russia, si fa una bella nuotata corroborante nello stretto di Bering, si oltrepassa il Klondike, che tanto ormai non c'è rimasta una sega, si saluta la tomba dell'ultimo dei Mohicani, ciao-còmprati-Arrapaho... Devo continuare?
giovedì 2 giugno 2005
No Europa?
Me ne duole, ma il voto francese ed olandese non è stato contro QUESTA Costituzione Europea: è stato contro l'Unione Europea, contro l'internazionalismo, contro l'ingresso affrettato dell'Europa Orientale ex-Comecon, contro la Turchia. A parte l'internazionalismo, su tutte le altre ragioni sono perfettamente d'accordo. Qui però non si votava per questo, bensì per una Costituzione che a me non piaceva, ma che nessuno conosce. Nessuno l'ha letta, poche palle. Un po' come se al referendum italiano sulla procreazione assistita del 12 giugno la gente votasse pensando alla 194 sull'aborto. Le parole hanno un senso. Si badi bene, a me non dispiacerebbe affatto un'umiliazione degli slavi neomembri, magari si renderanno conto che, volenti o nolenti, si debbono creare due Europe, per ragioni oggettive, che piaccia o meno: quella occidentale e quella slava.
Siamo diversi, facciamocene una ragione. Anche perché la Kamčatka, ad 11 (!!!) fusi orari da voi e che voi conoscete giusto perché giocate a Risiko, confina con gli Stati Uniti attraverso lo Stretto di Bering, oltre il quale c'è l'Alaska (russa anche quella, se quel coglione dello zar non l'avesse simbolicamente venduta per 1 - un!!! - dollaro). Se quella è Europa, io sono azteco. E la Russia non è il Lussemburgo.
Questi non sono né gatti né topi: sono dèi. Nel senso che faranno morire centinaia di milioni di innocenti, da Mosca a Falluja, dalle torri gemelle (incazzatevi pure, tanto è così lo stesso) a Kabul, e camperanno alle vostre, alle mie ed alle spalle di tutti noi poveri cristi che il pane dobbiamo guadagnarcelo solo perché ce lo rubano proprio loro. E voi religiosi del cazzo, pensando di adorare chissà quali divinità in cielo, state adorando queste emerite teste di cazzo che stanno perfettamente in terra.