domenica 21 maggio 2006

Scampoli di memoria 2

Erano gli anni Settanta. Era appena terminato un congresso nazionale del PCI e l’ambasciatore sovietico a Roma, Nikita Semënovič Ryžov, aveva voluto a tutti i costi invitare a cena, nella splendida villa Abamelek sul Gianicolo, la nuova Direzione del PCI al completo. Che io ricordi, una cosa del genere non era mai avvenuta. Naturalmente, incontri e cene di dirigenti del PCI con l’ambasciatore dell’URSS non erano una novità, ma che l’intera Direzione appena eletta da un congresso, una trentina di persone, si recasse nella residenza dell’ambasciatore sovietico, sia pure per un incontro conviviale, questo no, non era mai successo. Erano presenti anche i membri della delegazione sovietica venuta ad assistere al congresso, e naturalmente il capo della delegazione, che era membro dell’onnipotente Politbjuro del PCUS. Probabilmente, l’ambasciatore voleva fare bella figura con il suo superiore, ma forse era anche sinceramente interessato a che si ristabilissero buoni rapporti tra i due partiti comunisti, deteriorati dopo l’invasione di Praga. Penso che nei suoi desideri quella cena dovesse contribuire a convincere Mosca che il PCI era recuperabile, grazie al buon lavoro svolto dall’ambasciata a Roma.

I convitati si sedettero attorno a un grande tavolo e cominciò il solito scambio di domande e battute tra commensali alla ricerca di una lingua in comune per poter comunicare. L’atmosfera era amichevole, ma anche un po’ tesa. Tutti aspettavano i discorsi ufficiali di Berlinguer e del capo della delegazione sovietica. Sennonché, in contrasto con la serietà dell’incontro, proprio durante il discorso di Berlinguer, più precisamente durante la sua traduzione da parte di Genrich Smirnov, si verificò qualcosa di comico che forse vale la pena di raccontare.

Berlinguer, in piedi, parlava e via via Smirnov traduceva dopo ogni pausa. Intanto i camerieri avevano cominciato a servire. Ma gli sguardi di tutti erano rivolti al dirigente sovietico seduto a capotavola accanto a Berlinguer. L’espressione perplessa del suo viso tradiva con evidenza un crescendo di irritazione sempre più imbarazzante. Si poteva pensare che volesse esprimere così il suo disaccordo con quanto Berlinguer andava dicendo. L’ambasciatore colse quello sguardo e capì. Il fatto è che le portate della cena erano numerose, e altrettante erano le posate alla destra e alla sinistra di ogni commensale. L’ambasciatore capì che il suo superiore, e anche alcuni altri delegati sovietici, non sapevano quali posate adoperare per i vari piatti. Così mise bocca durante la traduzione di Smirnov, dando l’impressione – agli italiani che non conoscevano il russo – che stesse suggerendo una correzione, un termine russo migliore per esprimere un certo concetto. Invece disse testualmente: “Per ogni portata si usano via via le posate che stanno rispettivamente all’estrema destra e all’estrema sinistra”. Subito dopo, senza soluzione di continuità e senza tradire il minimo imbarazzo, Smirnov riprese a tradurre in russo il discorso di Berlinguer.

Dopo l’invasione di Praga, che aveva messo fine all’esperimento del “socialismo dal volto umano”, dentro di me si era rotto qualcosa. Vedere in televisione i carri armati sovietici in Piazza San Venceslao, in quella Praga dove avevo vissuto per quasi due anni e dove era nato mio figlio Mark, mi faceva star male. Le timide dichiarazioni della direzione del PCI, che “riprovava” – per carità, non si usi il termine “condanna”! – l’arresto dei dirigenti di un partito comunista “fratello” (era questa la terminologia usata dai sovietici), un partito che stava saldamente al potere con il sostegno entusiasta del suo popolo, mi avevano indignato. Avevo cominciato a sentirmi estraneo a tutto quel mondo di cui avevo fatto parte da sempre, da quando a undici anni avevo visto mio padre ridotto in fin di vita in ospedale dopo le torture dei fascisti della banda Koch.

Quelli successivi alla fine della «primavera di Praga» furono anni travagliati, non soltanto per me, ma anche per moltissimi militanti del PCI. Fu allora che alla direzione del partito arrivò Berlinguer. Voglio raccontare un episodio che forse pochi notarono, ma che mi riconciliò con il PCI. Forse era il 1972, dopo che Berlinguer era stato eletto segretario generale, o forse il 1971, quando era ancora vicesegretario. Alla vigilia della Festa dell’Unità, che quell’anno si teneva a Livorno, dove il PCI era nato mezzo secolo prima, era giunta a Roma per assistere alla Festa la solita delegazione del PCUS capeggiata, come era tradizione, dal direttore della Pravda, Michail Vasil’evič Zimjanin. Era un uomo intelligente e sicuramente non uno stalinista, come potei riscontrare negli anni successivi, ma allora doveva aver ricevuto un mandato tassativo. In una riunione preliminare a Botteghe Oscure, cui Berlinguer non assistette, arrivò a battere il pugno sul tavolo minacciando una campagna mediatica contro il PCI se non avesse smesso di criticare apertamente il PCUS.

Dopo qualche giorno, sul palco della Festa a Livorno, mentre Berlinguer parlava davanti a più di centomila persone, la delegazione sovietica era seduta dietro di lui in prima fila, alla sua destra. Nel suo discorso Berlinguer ribadì con forza i lineamenti della nuova politica del PCI e concluse il suo pensiero pressappoco così (cito a memoria): “Questa è la linea che abbiamo scelto e che seguiremo, e nulla… – fece una pausa, voltò leggermente il capo all’indietro, in direzione di Zimjanin, poi pronunciò quasi sillabando – e nes-su-no ci farà deflettere!”. Era cominciato lo “strappo”.

Dino Bernardini, "Slavia" N°2 2006

mercoledì 17 maggio 2006

calcio mancino

Debbo essere sincero? Ma sì, va, anche senza che me lo chiediate. Godo come un maiale. Godono i maiali? Il calcio? E' quello delle ossa. Il tifo? E' una malattia. Non è vero che l'Italia sia sempre stato un Paese di fiji de 'na mignotta e di commissari tecnici. Se non altro perché le associazioni calcistiche più affermate sono sorte poco più di un secolo fa, ed in condizioni da ragazzi che giocavano al campetto sotto casa, come peraltro ho fatto io (Romulea, via Sannio, inizio anni '70). Prima? Prima eravamo... Italiani. Ha ragione Rita: il problema degli spagnoli, voltata pagina della destra, era lo slogan leniniano "basta con la guerra, tutti a casa". E Zapatero è stato di parola. Il problema degli italiani è "basta con lo strapotere delle vecchie signore" (Juve, Milan, ecc.). A ciascuno il suo. Io non sono pronto, mi rifiuto fieramente di lottare per la liberazione sessuale delle donne nell'Angola, ma certo è che sarebbe più degno che spaccar vetrine per legittimare le mazzette di Moggi.

domenica 30 aprile 2006

Fischi alla Moratti

Un mio amico, Claudio Fedi, diceva in questi giorni che secondo lui "sono stati non sbagliati in se, ma sbagliati perchè strumentalizzabili dalla destra". La Moratti non è mica scema: non sarà mica andata lì per accompagnare suo padre? Sveglia, è candidata a sindaco di Milano, e si vota tra un mese!
Sarà che è domenica, sarà che domani è il 1° maggio rosso e proletario, ma mi vien da sviluppare sinteticamente il concetto. Parimenti al 25 aprile, secondo voi, perché adesso il Merda e i suoi berluscones fanno di tutto per procrastinare ad libitum dapprima l'elezione dei presidenti parlamentari, ora di quello repubblicano ed infine del consiglio dei ministri? Davvero giusto ripicca puerile? Ve l'ho già detto, non ci sono coglioni: faccio mio un verso di Paolo Conte, "era un mondo di adulti, si sbagliava da professionisti". Quello che voglio dire è che sono un po' preoccupato che nessuno dei "nostri" (si fa - molto - per dire) abbia alluso a che questa mandria di farabutti stia cercando di spremere al massimo il limone, con nomine intra- ed interministeriali, statali, parastatali "ed affini" (Gaber). Nomine ed assunzioni spavalde, e non solo per rendere gli ultimi favori promessi (delle promesse non gliene importa un accidente): come è noto, questi prezzolati neoassunti non si potranno licenziare, pena l'accusa della vendetta e dell'essere contro i lavoratori. Per inciso: io li licenzierei seduta stante, chissenefrega delle accuse, tanto me le farebbero lo stesso e le ascolterebbe solo chi è già comunque col Merda e contro le persone per bene come me. Lo scopo è paralizzare l'attività ad ogni livello pubblico, dai ministeri alle scuole, dagli ospedali ai trasporti. A quel punto, vita facile all'obsoleto "sono tutti uguali", "si stava meglio quando si stava peggio" e finzillacchere ignobilmente simili. Torniamo all'inciso di cui pocanzi: chi dà retta alle loro accuse di essere nipotini di Stalin è già dei "loro", tanto vale infischiarsene e fare quel che davvero potrebbe cambiare intrinsecamente, intellettualmente, eticamente quest'Italia sprofondata nella cialtroneria del grande fratello col toupet e i rinforzini nei tacchi.

venerdì 28 aprile 2006

Mai più

Un mio caro amico, Mario Ferrandi, mi scrive:
Annullata l'elezione del presidente del senato su richiesta della CDL perchè? Perchè su 2 schede invece che Franco Marini c'era scritto Francesco Marini Ma cazzo Ma BASTA Abbiamo i cimiteri pieni di partigiani comunisti morti per QUALCOSA, CAZZO Scusate lo sfogo :-o
Pienamente d'accordo. E la voglia è di spaccargli le ossa all'uscita, nel senso letterale del termine. Tuttavia, in politica, quella vera, non ci sono coglioni, ve lo dico da anni. Stronzi, infami, ma non coglioni. Né Berlusconi, né Scajola, né Fini, né Gasparri e quant'altri. L'obiettivo è la deligittimazione malgrado i voti. Dirò di più: le opposizioni, compreso quando lo eravamo noi (e mi riferisco ai tempi del PCI, ma anche ad ora), sono molto più coese della maggioranza. La maggioranza, nel sistema borghese, ha molti più belli soldi da spartirsi. Morale: eleggeremo l'ex democristiano Franco Marini al posto dell'ex democristiano Giulio Andreotti. Ma abbiamo perso lo stesso: come già detto, basta che uno del centrosinistra abbia la diarrea e la legge non passa, figuriamoci quando parliamo di qualcosa di più serio. Sono più uniti loro, poche palle, è nella logica delle cose. Se ne può dedurre una sola cosa: il nostro compito non è affatto esaurito, la battaglia sarà lunga e sanguinosa, ben al di là della presente legislatura, c'è da ricostruire un modus pensandi et vivendi nato dalla Resistenza, dove lo scontrino te lo danno senza che tu lo chieda perché è giusto pagare le tasse sic et simpliciter, perché altrimenti è inutile inveire contro il proprio Comune, perché non funzionano autobus, scuole, ospedali e quant'altro. E nel frattempo, con tutta la comprensione per le vedove dei morti di Nassiriya, è ora di piantarla, anche lì: come diceva Lenin, basta con la guerra tutti a casa. Andarci prendendo quanto un consigliere d'Ambasciata (so di cosa sto parlando, circa diecimila euro al mese) è come giocare alla roulette. O si vincon soldi o si muore. Per favore: se si perde, non se ne faccia un eroe, restano mercenari che son stati sfigati, e questo vale anche e soprattutto per il centrosinistra. Basta con la guerra, fuori dalle palle, nessuno ci ha chiamati, nessuno ci ringrazierà quando andremo via, e quando accadrà sarà sempre troppo tardi.
Nel 1975 Claudio Lolli già cantava:
Lo so, lo so che vieni dalle capre, fin qui a fare questo bel mestiere. Lo so che forse neanche a te poi piace, di vivere facendo il carceriere. Perchè si sa i coglioni che ti fanno, per darti un po' di libera uscita. Perchè si sa che razza è di vita, e vino e pane è quello che ti danno. Lo so, lo so ti han dato la divisa, cioè un vestito buono e senza odori. Lo so ti han detto guarda di far bene, perchè portare questa è un onore. Lo so, lo so ti han dato per la testa, l'idea che c'è qualcosa da salvare. E che chi sbaglia poi deve pagare, evviva l'Italia e la giustizia è questa. Lo vedo che la faccia ti diventa, giorno per giorno sempre più carogna. Man mano che la vita si consuma, tutto il tuo tempo dentro a questa fogna. Lo vedo che la faccia ti diventa, giorno per giorno sempre più smarrita. Man mano che ti accorgi che ti manca, proprio la chiave della tua vita. Per quelli come te la strada è una, puoi prenderla di giorno o di sera. O ladro o carceriere che finisci, comunque vai a finire in galera. Finisci a far la guardia a un tuo compare, per quattro soldi un po' di vino e pane. Finisci che se prima eri pastore, ti trovi dopo a fare solo il cane. E poi ... se a casa noi non ci torniamo più, dentro tutta la vita ci sei anche tu, dentro tutta la vita ci sei anche tu.
Sono passati oltre trent'anni, ed in Italia non s'è ancora imparato un cazzo.

domenica 26 marzo 2006

Russia Bianca

Vorrei azzardare qualche previsione "fantapolitica" sul post-elezioni del 9 aprile.
Immaginate per un momento uno scenario del genere al momento dello scrutinio e nei giorni seguenti.
Pur essendo presenti migliaia di osservatori ostili al governo in carica, non si può che constatare che le elezioni si sono svolte tranquillamente e che non sono stati segnalati episodi particolari che possano far pensare a un voto truccato.
Al termine dello scrutinio, lo schieramento governativo riceve il consenso della maggioranza degli elettori. Contemporaneamente i leader dell'opposizione convogliano 2.500 persone ( in parte stranieri provenienti da Russia e Cina) a Piazza Monte Citorio, chiedendo a gran voce l'annullamento di un voto che, ancora prima dell'apertura dei seggi elettorali, era stato considerato truccato da governi di grandi potenze come Russia e Cina, da organismi internazionali come l'Organizzazione di Shanghai e dal Movimento dei Non Allineati.
Per provare le violazioni, si indica la presunta non spontaneità dell'espressione della volontà popolare in alcune regioni, e in particolare in Sicilia che ha eletto solo rappresentanti della maggioranza di governo.
I manifestanti, ridotti dopo qualche ora a poche centinaia, decidono di rimanere nella piazza del Parlamento, innalzando non più di una dozzina di tende. Sono equipaggiati per resistere giorni, con vettovaglie, vestiti, cucine da campo (tutto gentilmente fornito da organizzazioni umanitarie russe e cinesi). Abbiamo già fatto notare che alcuni di loro sono stranieri. Ad esempio alcuni bielorussi (legati al regime di Lukashenko che appartengono ad un'organizzazione chiamata "Stella Rossa") vestono tute mimetiche e indossano guanti con rafforzamenti metallici adatti allo scontro di piazza. Sono decisi a non mollare, almeno fino a quando il governo illegittimo dell'Italia non cederà alla richiesta di annullare la consultazione.
Nel frattempo organismi internazionali non stanno con le mani in mano.
In particolare alcune istituzioni asiatiche e latinoamericane minacciano pesanti ritorsioni economiche, politiche (e, nel caso, militari) nei confronti del nostro paese.
Per alcune notti dai 100 ai 200 manifestanti bivaccano nella piazza, controllati dalla polizia e dai carabinieri che non intervengono, nonstante la manifestazione non abbia avuto naturalmente alcuna autorizzazione. Ogni sera, le manifestazioni vengono visitate, in segno di solidarietà, da diplomatici, parlamentari, giornalisti di alcuni "paesi canaglia". Il Cremlino, che aveva dichiarato lo stanziamento di decine di milioni di rubli per la campagna elettorale dell'opposizione, afferma perentoriamente che "la tirannia in Italia ha i giorni contati". Subito la dichiarazione russa è seguita da una cinese dello stesso tono. I cinesi approvano sanzioni economiche gravissime...
...Lo prevedete uno scenario simile a Roma o in qualsiasi altra capitale del mondo occidentale, quello "rispettabile", che detta le regole? Solo a immaginarlo si passa per folli.
Eppure tutto questo è successo davvero. A Minsk. Con le identiche modalità che ho descritto sopra. Cambiavano solo i protagonisti. E, quando alla fine, la polizia ha sgomberato la piazza, in un modo talmente blando che persino le agenzie occidentali hanno dovuto riconoscerlo... apriti cielo!
Tutto questo, tra l'altro, nel momento in cui la polizia di un paese che nessuno definirebbe "totalitario" (la Francia) spaccava la testa a più di un manifestante.
Nessuno però ha gridato alle sanzioni.
Mauro Gemma
Leggo dal corrispondente del Corsera, con un ovvio autocompiacimento campanilistico, che tra i manifestanti di Minsk molti parlavano italiano, in quanto ex bambini che hanno fatto le vacanza estive in Italia, in base al programma Černobyl. Assieme alla lingua, sempre secondo Andrea Nicastro, quella generazione "ci ha guadagnato anche modelli diversi da quelli che Lukašenko vorrebbe continuare a imporre". Eccolo, il solito vizio del voler imporre i propri schemi, e modelli agli altri.
C'è una regola del giornalismo moderno, purtroppo, per la quale se il tuo nemico va al cesso e tira la catena, come minimo è responsabile dell'uragano che ha distrutto New Orleans, mentre se invece ci va il tuo amico, risulta essere un cittadino ligio ed amante della pulizia. Ecco dunque che l'aver incontrato un ragazzo italoparlante diventa l'averne incontrati una moltitudine.
Atteniamoci alla sintesi. Le questioni sollevate sono due: le elezioni ed il post-elezioni.
Supponiamo pure che le elezioni siano state truccate. D'accordo, Lukašenko in realtà non ha preso l'80%, bensì il 70%. Cambia qualcosa? No, è ovvio. E allora perché mai Lukašenko avrebbe dovutio truccare l'esito, attirandosi gli improperi occidentali e statunitensi? Repetita juvant: per avere l'80% anziché il 70%? Non sta in piedi.
Leggo sempre sul Corsera che "In un comunicato l’Austria, che detiene la presidenza di turno dell’Ue, si è detta testualmente «inorridita dalla violenza usata contro i dimostranti delle autorità bielorusse». Nella nota l’Ue chiede l’immediato rilascio di Kozulin e di altri membri dell’opposizione, invocando la solidarietà della comunità internazionale. L’Austria «sollecita i partner internazionali dell’Ue ed in particolare altri Stati vicini della Bielorussia, a tenere la stessa posizione verso la Bielorussia»". Da nessuna parte invece leggo quanto comunicato dall'agenzia RIA Novosti: "Aleksandr Milinkevič, uno dei leader dell'opposizione, ha incolpato dei fatti di Minsk su Aleksandr Kozulin, un altro ex candidato presidenziale fautore dell'opposizione che ha incitato i manifestanti ad assaltare il commissariato di carcerazione preventiva e ad eliminare fisicamente il Presidente-usurpatore. «Gli avevo detto, quando eravamo assieme sul palco, di non farlo», — ha sottolineato Milinkevič parlando alla radio russa alternativa «Eco di Mosca». «Condanno i provocatori che hanno portato la gente verso il carcere, non c'è più bisogno di una „presa della Bastiglia“. Sono provocazioni inammissibili ed è un crimine perpetrato da persone che si dicono oppositori». Egli ha anche dichiarato che non ha più intenzione di proporre a Kozulin di entrare a far parte della sua coalizione, ipotesi che prima era stata presa in considerazione. «Quel che Kozulin ha fatto oggi non è un semplice e banale errore», — ha aggiunto.

giovedì 23 marzo 2006

Tributo a Milošević

Il diritto all'integrità territoriale è riconosciuto dalle Nazioni Unite. Non per niente, adesso che quasi certamente renderanno il Kosovo autonomo, vedremo come se la cavano con I baschi e gli irlandesi. Poi sarà la volta dei bossiani, e poi gli atesini, e, perché no, i sardi, i siciliani, i catalani, e giù fino alle diatribe tra Bergem ahuta e Berghem ahota, via castelfranco di sotto e via castelfranco di sopra. Fantapolitica, esagerazioni? Ne riparleremo.

lunedì 20 marzo 2006

Ministero degli Esteri della Federazione Russa

e-mail: dip@mid.ru, web-address: www.mid.ru
Traduzione di Mark Bernardini - http://www.bernardini.com/ Comunicato ufficiale N°418 del 20 marzo 2006 del Dipartimento Stampa e Informazione in relazione al contenuto della "Strategia della sicurezza nazionale degli USA" in riferimento alla Russia
Il 16 marzo a Washington è stata pubblicata la versione rivista - rispetto a quella del 2002 - della "Strategia della sicurezza nazionale degli USA". Il suo tratto caratteristico è quello di un'ulteriore ideologizzazione della politica estera dell'America. D'ora in avanti il criterio principe dello sviluppo delle relazioni degli Stati Uniti con i Paesi stranieri sarà quello della corrispondenza comportamentale o meno di quel determinato Stato rispetto alla concezione statunitense di democrazia ed all'impellenza della lotta ai regimi invisi, per come la vede Washington. Naturalmente, ogni Paese ha diritto di stabilire la propria strategia politica estera sulla base degli interessi nazionali. Ma cosa significa la nuova strategia americana nei confronti della Russia, alla quale nel documento è dedicato un capitolo di due capoversi? Gli USA sono pronti a collaborare strettamente con la Russia per le questioni di reciproco interesse, ma il rafforzamento delle nostre relazioni da quanto sarà giusta, secondo il parere degli Stati Uniti, la politica interna ed estera della Russia. Contestualmente, si afferma che le ultime tendenze in Russia indicherebbero che la sua fedeltà alle libertà ed istituzioni democratiche sarebbe in diminuzione. Bisogna forse intenderlo come un'indicazione diretta, per cui, in una prospettiva a breve termine, i rapporti russo-americani sopporteranno uno dei loro periodi non proprio migliori? Nella nuova "Strategia" americana è formulata una dichiarazione di ruolo democratizzatore attivo degli USA nei Paesi vicini alla Russia.Cercheranno di convincerci che il progresso democratico forzato dall'esterno nei Paesi confinanti è utile per i popoli che vi abitano. E' una bella pretesa, quella dell'"avvertimento", che se la Russia dovesse "disturbare"lo sviluppo democratico, questo guasterà i suoi rapporti non solo con gli USA, ma anche con l'Europa. Non vi si dice invece nemmeno una parola sull'interazione dei nostri Paesi, alla costruzione della quale entrambi i nostri Paesi hanno dedicato tempo e sforzi conformemente alle decisioni dei Presidenti della Russia e degli USA, sul reciproco rispetto e sul tenero conto nella concretezza politica degli interessi gli uni degli altri, sulla parità di diritti, sulla prevedibilità comportamentale, sulla trasparenza delle reciproche azioni.Dal nostro punto di vista, questo riguarda anche la politica nello spazio postsovietico. Non è possibile non capire che senza applicare questi principi le relazioni russo-americane possono diventare ostaggio di opinioni soggettive. Con tutta la nobiltà dell'impostazione ideologica dichiarata nella "Strategia" (stimolazione della democrazia ovunque), non si deve dimenticare che nessuno ha né può avere il monopolio sull'interpretazione della democrazia. Si può concorrere all'instaurazione della democrazia, ma ogni Paese deve percorrere il proprio cammino verso la democrazia, come hanno fatto e fanno gli Stati Uniti, tenendo conto delle condizioni storiche e politiche concrete. I tentativi di imporre artificialmente o peggio ancora violentemente la democrazia in altri Stati non solo non possono essere coronati da successo, ma rischiano di screditarne l'idea stessa. Per questo, non può non sorgere l'impressione che taluni slogan popolari vengano adoperati semplicemente per il proprio comodo. Tale tendenza si manifesta sempre più spesso nelle questioni pratiche della politica mondiale e delle relazioni interstatali, quando i metodi proposti di soluzione si basano non già sull'analisi obiettiva della situazione, non sui comuni principi del diritto internazionale, ma sulla "opportunità politica" rispetto alle proprie concezioni personali. La Russia ha un approccio diverso. Il punto fondamentale della nostra analisi della situazione internazionale è la constatazione del fatto che negli ultimi anni gli avvenimenti nel mondo confermano l'universalità di principi fondamentali della politica estera, quali il pragmatismo, la multivettorialità, lo stimolo puntuale degli interessi nazionali senza scadere nello scontro, la ricerca di soluzioni dei problemi più acuti dei tempi moderni nel quadro della diplomazia multilaterale e degli sforzi collettivi. Tali principi godono di una sempre più ampia diffusione nella pratica di politica estera in altri Stati. Purtroppo, nella nuova "Strategia" americana essi sono rimasti fuori.

mercoledì 8 marzo 2006

Mala tempora currunt

Personalmente, voterò per l'Unione senza esprimere alcuna preferenza, non essendoci alcun candidato che mi soddisfi: il mio, infatti, non sarà già un voto "per", bensì un voto "contro". Contro Berlusconi: meglio Mastella, meglio la Südtiroler Volkspartei, basta che ci leviamo di torno questa mandria di Unni. Tuttavia, voglio invitarvi ad una riflessione.

All'estero, nella circoscrizione Europa esprimiamo (abbiamo diritto di esprimere fino a) due preferenze. Supponiamo che io, da comunista e da comunista che vorrebbe l'unità dei comunisti, voglia lanciare un segnale. Voterei Corazzol e Sipione, ovvero PdCI e PRC. Oppure, supponiamo che io sia fautore del paventato Partito Democratico, e voglia anche qui lanciare un segnale di unità. Voterei un candidato dei DS ed uno della Margherita. E così via: che so io, Verdi e SDI, ed una moltitudine di altre combinazioni, con altrettante motivazioni.

Insomma, il nostro voto all'estero vale doppio: con un solo voto possiamo votare due Partiti. Personalmente, lo ritengo un meccanismo perverso e profondamente ingiusto, frutto del papocchio del tutto non professionale che ha visto negli ultimi quindici anni (dal referendum Segni-Occhetto in poi) cambiare la legge elettorale ed i confini geografici dei collegi elettorali intraitaliani più o meno ad ogni competizione elettorale, d'ogni livello. Mala tempora currunt...

martedì 7 febbraio 2006

La rivoluzione delle piccozze

Ricordate quando, in relazione a quello che non esito a definire colpo di Stato in Kirgizia, vi dissi che in Asia Centrale sarebbe stata una rivoluzione delle piccozze? Di lì a poco ci provarono anche in Uzbekistan, ma quella volta gli opinion makers occidentali hanno preso una legnata sui denti.
Tra poco più di un mese si vota in Ucraina. Non so cosa accadrà, anche se questi arancioni venduti agli yankees rischiano di andare ramengo; so invece che quest'anno si vota anche in Georgia, e l'opposizione è guidata dall'ex ministro degli interni in esilio. Ha già coniato il nome per la futura rivoluzione da contrapporre a quella delle rose dello yankee Saakašvili: la rivoluzione delle ortiche.
Io son sempre seduto sulla riva del fiume ad attendere i cadaveri. A chi un tempo mi diceva che troppi ne dovrei aspettare, rispondevo che la riva è tanto lunga. Ora mi pare di scorgerne qualcuno, all'orizzonte... :-P

sabato 21 gennaio 2006

Diario di un moscovita congelato

Prima giornata

Sono state le prime previsioni del tempo alle quali abbiano creduto tutti. E' che ci hanno mostrato con troppa eclatanza quanto stava accadendo in Siberia. Le riprese dei siberiani che si congelavano al volo erano ben più che convincenti. Mosca si è fermata in attesa del freddo.

La notte è passata in attesa della catastrofe. Il sonno era inquieto, ho sognato cumuli di neve, stalagmiti ed il direttore dell'ENEL russa Čubajs.

Decisamente non avevo voglia di svegliarmi ed andare da qualsivoglia parte. Mi ha spronato esclusivamente il desiderio di aiutare il Paese a raddoppiare il PIL.

Mi sono avvolto addosso tutto quel che potevo. Sono sceso in strada. Sono tornato. Mi sono avvolto addosso tutto quel che non potevo.

Ho trafficato a lungo col citofono. Il portone non ne voleva sapere di far entrare il freddo al suo interno. Finalmente, la porta metallica ha ceduto, facendo entrare un branco intero di cani randagi del vicinato.

In strada faceva impressione l'assenza di esseri umani.

Cerco di capire come sia meglio arrivare alla metropolitana. A correre ci si prende il vento in faccia. C'è da crepare. A camminar lento crepo uguale.

Dalle finestre i moscoviti mi osservavano con curiosità. Nei loro sguardi si leggeva: "ci arriverà o non ci arriverà?".

Lungo la strada si vedevano i contorni di moscoviti col braccio sporto nella speranza di fermare qualche macchina. Alcuni, non avendo resistito, cadevano in strada col braccio rigido.

Che strano. La strada fino alla metropolitana che prima percorrevo in venti minuti, si è ridotta della metà. Aveva ragione Einstein.

In metropolitana c'è un silenzio inusuale, non chiacchiera e non legge nessuno, sono tutti assorti a calcolare quanto debbano correre fino al posto di lavoro. Alcuni, fatti i calcoli, scendono e risalgono in direzione opposta, verso casa. Dalla metropolitana a casa c'è da correr meno.

In ufficio mancava la metà dei colleghi. Peccato che non abbia pensato anch'io di bigiare.

Il freddo si sente anche in internet. I siti dei moscoviti si sono coperti di brina. La posta va lentissima. Strano: alle basse temperature dovrebbe funzionare più rapidamente.

I fattorini in ufficio vengono salutati con le lacrime agli occhi. Come se fosse l'ultimo viaggio. Alcuni fattorini non tornano.

La via di casa è l'unica gioia della giornata. L'ultima volta che avevo così voglia di arrivarci era quando ho finito il servizio militare.

Di moscoviti per strada ce n'è meno che la mattina.

I cani a lungo non mi hanno fatto entrare nel portone. Ho dovuto fare finta di essere un cane anch'io.

Possibile che domani ci attenda un'altra giornata così?

Seconda giornata

Ieri ho passato la serata a prepararmi per la notte. Ho sigillato tutti gli infissi delle finestre con carta di giornale bagnata. Ci ho pensato un po', poi ho sigillato anche i vetri.

Dopo un'ora son sceso in strada, mi sono arrampicato al settimo piano e ho sigillato le finestre dall'esterno.

La trasmissione della serata erano le previsioni del tempo. Le ho guardate su tutti i canali.

Il bricco del thè si comporta in modo strano: si raffredda più rapidamente di quanto tempo non gli occorra per scaldarsi. Alla fine ho rinunciato a bollire l'acqua.

Prima di dormire mi sono affacciato in internet. Ho scorso con invidia le note di diario degli abitanti transuralici orientali: "fuori ci sono 40 gradi sottozero, vi sconsigliamo di uscire in canotta, è meglio indossare camicie a maniche lunghe", "deve venirmi a trovare un moscovita, sapete mica come si vestono con questo clima?". Gente allenata!

La notte non riuscivo a prender sonno. Perché non è venerdì?!

Ho sognato di nuovo Čubajs, ma stavolta veniva torturato da Šojgù (ministro della protezione civile) e Lužkov (sindaco di Mosca), ordinandogli di dare luce e riscaldamento, ma quello resisteva.

La mattina, dopo un'ora di lotta col citofono faccio un passo fuori. I cani, che da ieri non uscivano dal portone, mi hanno ululato dietro. Mi stavano dando l'estremo addio.

Le studentesse, memori del giorno prima, camminano esclusivamente a gruppi di tre, alternandosi a chi sta in mezzo. Talvolta lungo la strada vi si uniscono altri studenti. Agli istituti arrivano delle palle di neve enormi. D'altra parte, coloro che restano fuori da queste palle talvolta a scuola non ci arrivano proprio.

Agli incroci è comparso un ulteriore colore che regola il traffico. Oltre al giallo, rosso e verde ora c'è anche il blu. Sono gli agenti blu per il freddo della Polstrada.

A proposito: anche le automobili si comportano in modo strano. Si ha l'impressione che anche loro si muovano a gruppi.

Gli automobilisti sono incredibilmente gentili e cedono il passo ai pedoni sui passaggi pedonali. Del resto è comprensibile: di pedoni non ce n'è quasi più. E' chiaramente una razza in via di estinzione.

Tutti che cercano dei taxi. Ho visto con i miei occhi dieci persone che si sono riuscite. Il taxi non ha quasi opposto resistenza.

I rivenditori automobilistici propongono un nuovo optional: due scaldini da collocare nell'abitacolo.

Stranamente, il freddo praticamente non ha influito sulla fauna moscovita. Sugli alberi ci sono un sacco di uccelli. Sembrerebbe che il gelo non li abbia danneggiati. Restano appesi tranquilli e immobili sui rami a testa in giù.

A una fermata ho visto piangere una ragazza. Aveva compassione per stessa che congelava.

Oggi mi sono disiscritto dall'associazione protezione animali. Viva i colbacchi e le pellicce! Calde e pelose! Dov'è che ho scritto il telefono di quell'amica che alleva le volpi polari?

In metropolitana c'è di nuovo folla, ma non perché siano aumentati i passeggeri. E' che quelli che ci sono si ammassano tutti assieme.

Il thè è diventata la bevanda rinfrescante del giorno. La ricetta è semplice. Versi il thè bollente nel thermos. Lo porti in ufficio. Quando sei pronto per berlo suona il telefono. Rispondi velocemente. Riprendi in mano la tazza. La bevanda rinfrescante è pronta!

Tutti si portano il lavoro a casa. Non so come, ci riescono anche i lavoratori della metropolitana.

Socializzare è molto più semplice. La mattina si parla di quanto facesse freddo per strada da casa al lavoro. Dopo pranzo si parlerà di quanto farà freddo a tornare a casa.

Qualcuno ha mai visto il passo dell'oca della guardia d'onore alla tomba del milite ignoto al Cremlino? La gamba si alza lentamente, sempre più su... fino all'altezza del mento... in modo ancor più incredibile non si ferma e se ne va ancor più su... poi scende senza fretta, sul selciato. Adesso immaginate il loro passo dell'oca ripreso da un video, ma visto accelerato. Ci siete. Adesso raddoppiate ancora la velocità. Il cambio della guardia al Cremlino oggi appariva esattamente così.

La brina ha coperto tutta Mosca. I marciapiedi bianchi, gli alberi bianchi, i bianchi studenti africani dell'Università Russa per l'Amicizia dei Popoli.

La seconda metà della giornata è passata a prepararsi mentalmente all'uscita dal lavoro. Per la prima volta in vita mia ho provato il desiderio di passare la notte in ufficio.

Foto del giorno: da un'automobile coperta di brina esce un conducente coperto di stalagmiti.

I moscoviti sono impazziti, corrono per strada senza badare ai semafori ed alle macchine, scegliendo il percorso più breve per la metropolitana. E tutti con la stessa camminata: braccia tese, gambe tese, niente testa. La testa è nascosta da qualche parte sotto il colbacco, in mezzo alle spalle.

Oggi nessuno andava in giro senza cappello. Ne ho visto giusto uno. Ma poi ho scoperto che era una statua. Anzi, no: verso sera abbiamo capito che era il nostro fattorino.

Tutti che disdicono incontri, viaggi, ordini e consegne. Da mane a sera i lavoratori sono impegnati ad annullare lavori.

Nei dintorni delle fermate della metropolitana si vedono cumuli di vapore. Proviene da tutto quel che emana un minimo di calore. Il vapore è il segnale comprensibile a tutti che si può e si deve correre lì per scaldarsi. Ho visto come, dietro a un uomo che emanava vapore, correva una donna che il vapore non lo emanava più. A giudicare dalle urla strazianti provenienti da un vicolo buio, l'ha raggiunto.

In alcuni uffici è andato in tilt il riscaldamento. Ci lavoravano con i cappotti. E' così che li hanno trovati la mattina.

Evviva! Si dice che presto farà più caldo! Tra un paio di giorni di notte avremmo -32 anziché -37!

Ho l'impressione che il freddo mi abbia fatto impazzire. Come si spiega, altrimenti, il desiderio di scaldarsi le mani avvicinandole al quadrante elettronico dell'orologio?

Se avrò fortuna e sopravvivrò, mi farò una maglietta con su scritto: "sono moscovita e sono sopravvissuto all'inverno del 2006!".

Possibile che domani mi devo alzare e andare da qualche parte? Due lacrime son scese dagli occhi e subito si sono coperte di brina, rimanendo congelate sulle guance.