giovedì 17 luglio 2008

Lasciare un’impronta nella storia

Come è piuttosto intuibile, ero contrario e contrariato per le impronte coatte dei bambini zingari, ordinate dal batterista padano che, con un male interpretato sense of humour, il cantante da piano bar delle crociere di lusso ha voluto mettere a capo degli affari interni. Vista la sconfessione da parte del Parlamento Europeo, più che fare dietro-front, la notiziona è che dal 1 gennaio 2010 le impronte verranno prese a tutti, e riprodotte sulle carte d'identità.

Nel 1976, in Spagna muore l'ultimo dittatore fascista d'Europa, Francisco Franco (poco tempo prima, la rivoluzione dei garofani in Portogallo), lasciando ai colonnelli fascisti greci, golpisti del 1974, il primato dell'anacronismo nel vecchio continente: gli stadi di sterminio del cileno Pinochet erano lontani un oceano.

Subito, rientra dall'esilio a Madrid Santiago Carrillo, segretario generale del Partito Comunista Spagnolo (che alle prime elezioni democratiche del 1977 avrebbe preso quasi il 10%). Viene arrestato sotto bordo dell'aeromobile, per essere poi rilasciato di lì a qualche giorno.

Fatto sta che, come Federazione Giovanile Comunista Romana, subito organizziamo una veglia notturna sotto l'ambasciata spagnola, in piazza di Spagna. Eravamo tutti un po' massimalisti ed un po' uguali, barba (quelli a cui già cresceva), capelli lunghi, false Clark ai piedi, eskimo. Si distingueva un ragazzino dall'aria "secchiona", con gli occhiali Rayban da vista, con cravatta e giacca di raso rosa scuro, che al megafono spiegava tutta la nostra esecrazione, con pacatezza, moderatamente, ma anche serenamente. Chiesi chi fosse, e mi dissero che era il nostro segretario della FGCR, tale Valter Veltroni. Sì, l'attuale segretario del Partito Democratico, quello che dice di non essere mai stato comunista.

Eppure, il fascismo interiore spagnolo non era stato ancora estirpato. Nel 1981, il colonnello Tejero entra in Parlamento armi in pugno, prendendo in ostaggio i deputati, con tanto di diretta televisiva. Ricorda molto la macchietta di Ugo Tognazzi nel film "Vogliamo i colonnelli". Fu in quell'occasione che il re Juan Carlos, pur essendo un monarca, dimostra di essere un sincero democratico, negandogli ogni appoggio e giustificazione, facendogli terra bruciata attorno. Il golpe si sgonfia nel giro di poche ore.

Ricordo quando, nel 1980, al mio primo campo internazionale di volontariato antincendio, conobbi per la prima volta dei ragazzi spagnoli. Le loro carte di identità erano già plastificate, cosa che in Italia sarebbe accaduto ben quindici anni dopo, ed erano già della dimensione di una carta di credito, cosa che in Italia è arrivata solo in questo millennio, e nemmeno dappertutto. Ma c'era una cosa che metteva i brividi: l'impronta digitale. La mente correva alle leggi razziali fasciste italiane del 1938, alle schedature a seguito delle quali mezzo milione di zingari vennero gasati nei campi di sterminio: Germania, Italia e Repubblica di Vichy.

Il modulo della carta d'identità italiana, tuttora, è quello del Ventennio mussoliniano. Il rettangolino bianco in basso a sinistra sotto alla foto, laddove finora viene scritto il prezzo, era destinato, appunto, all'impronta digitale del detentore del documento. Se ho bene interpretato le disposizioni di legge, tra un anno e mezzo torneremo indietro di settant'anni.

Coi tempi che corrono, mi si potrebbe obiettare, bisogna pur identificare ogni essere umano, se si vogliono evitare ulteriori stragi che continuano ad insanguinare il pianeta. Oggi esistono molti altri mezzi tecnologici, dalla lettura dell'iride a quella del DNA. Decisamente, farebbe meno impressione. Una questione psicologica? Probabile: il fascismo è ancora troppo vicino, troppe sono ancora le sue sue vittime viventi (compreso il sottoscritto, che non è esattamente un vecchio, con i suoi 46 anni).

Del resto, è piuttosto evidente ed oggettiva la progressiva, ancorché repentina, militarizzazione della penisola italiana, dall'invio dell'esercito a Roma per il mantenimento dell'ordine pubblico, al divieto di mangiar panini nelle piazze (chi di noi non l'ha fatto, da studente senza un soldo bucato?), passando per il sequestro dei borsoni contenenti merci, cosa che, ovviamente, danneggia solo i soliti poveracci morti di fame, mica i negozianti di via Montenapoleone o di via del Corso.

E' un fascismo (per ora) latente, che percepisco persino nel vedere passare elicotteri ogni mezzora sopra le spiagge, a differenza di appena un anno fa. Il Parlamento Europeo, che certo non è un covo di comunisti sovversivi, per ora è un argine che 35 anni fa non avevamo. Ma quanto resisterà, ancora, a fronte degli interventi di razzisti di Mario Borghezio (quello che spruzzava il DDT sulle prostitute negre sul treno Torino-Milano) e Roberto Fiore (uno dei fondatori di "Terza Posizione", quella dei Fioravanti, della Mambro, di Alibrandi)?

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