di Mark Bernardini
Ho passato una settimana in Italia, per lavoro. Proprio in questi giorni, sembrava che in Russia fosse successo chissà cosa, quasi una mattanza fascista, nei confronti di un’opposizione di massa, avanguardia di un popolo oppresso sempre più insofferente.
Non avevo la possibilità di andare “alla fonte”, in albergo non avevo la parabola, dovevo basarmi su quanto affermato dai mass media italiani. Ne è risultato che una manifestazione di folle oceaniche è stata ingiustificatamente massacrata dalla polizia a San Pietroburgo. In effetti, le immagini erano molto sgradevoli, per chi, come me, ricorda le cariche armate della polizia democristiana degli anni ’70. Il fatto, poi, che Berlusconi abbia difeso Putin, suonava da conferma incontrovertibile e condanna inappellabile, per la solita logica per la quale “l’amico del mio nemico è mio nemico”.
Invece, avendo già avuto esperienze analoghe, in questi anni, mi è venuto subito qualche dubbio. Intanto, perché uno statista (Putin, mica Berlusconi) deve comunque intrattenere rapporti con gli altri governanti, indipendentemente dalle proprie simpatie o antipatie. Altrimenti, quando Andreotti scrisse la prefazione alla traduzione italiana dell’autobiografia di Ceauscescu, chissà cosa avremmo dovuto pensare. E poi perché troppo spesso ho verificato la distorsione delle informazioni più o meno cosciente e voluta dei pennivendoli italiani, quando si tratta di Russia (cfr. al termine del presente articolo). Allora ho provato a cercare tra i canali in chiaro di Sky, ed ho trovato EuroNews, che non è esattamente il megafono ufficiale del Cremlino. Qui viene il bello.
La manifestazione era autorizzata, ma vi hanno partecipato circa duemila persone, anziché le folle oceaniche paventate da Repubblica, RAI 3, RAI News 24, Corriere, Unità, Manifesto. In una città di quattro milioni e mezzo di abitanti. Ricordo quando a Roma, nel ’77, partivamo in corteo noi studenti da quel crocicchio di scuole superiori che erano i due licei scientifici “Newton” (1.100 studenti) e “Sarpi” (500), l’ITC femminile “Pietro Della Valle” (900) e l’ITIS “Galilei” (3.500). Non siamo mai stati meno di quattromila. Su seimila che erano gli studenti, mica i tre milioni d’abitanti di Roma.
Ma non è questo, o non solo. Al termine della manifestazione autorizzata, dai duemila si sono staccati cinquecento militanti del disciolto Partito Nazional-Bolscevico di Eduard Limonov ed hanno provato a dare l’assalto alla Procura cittadina. Secondo voi, la celere in Italia che farebbe? Esatto. Ed aggiungo che farebbe bene, ossia farebbe il proprio dovere, quello per il quale è pagata dai contribuenti, cioè da voi.
Quando partivamo in corteo a Roma, regolarmente si accodavano i vari “Autonomia Operaia” e consimili. Al termine, lancio di un paio di sampietrini verso i cordoni dei poliziotti, così quelli caricavano loro e noi, il gioco era fatto.
Analisi, innanzitutto. Nazional-Bolscevico? Abbiamo studiato marxismo su libri di testo diversi, evidentemente: io, da marxista, sono scontatamente internazionalista, è quasi una tautologia.
Qual’è la bandiera di questo Partito? Una falcemmartello nera in un cerchio bianco su sfondo rosso. Ricorda nulla?
Chi è Eduard Limonov? Negli anni ’70 faceva il dissidente negli Stati Uniti. Un bell’esempio di bolscevico, accidenti.
Il prefattore di Ceauscescu è rimasto noto, tra le molte nefandezze, per una massima assolutamente geniale: a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Ora, una buona parte dei giornalisti italiani sono ormai su per giù miei coetanei. La domanda la faccio senza girarci troppo intorno: loro, nel ’77, quando eravamo tutti studenti, da che parte stavano, “con chi”?
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